Diritto e terrore *
di Gabriele Civello **
[19] Lotta Continua, La posizione di lotta continua, in Lotta Continua, 18 maggio 1972.
[20] Brigate Rosse, Sviluppo della prima posizione del Settembre 1984, in Un’importante battaglia politica nell’avanguardia rivoluzionaria italiana, Madrid, novembre 1984, ora in www.brigaterosse.org.
[21] Citazione da P. Gaxotte, La rivoluzione francese, Milano, Mondadori, 1989, 335.
[22] Benedetto XVI, Spe salvi, Città del Vaticano, Editrice Vaticana, 2007, 43.
[23] La celebre frase è di Hans Kelsen il quale, di fronte a “l’eterno problema di ciò che sta dietro al diritto positivo”, si trova costretto ad affermare che “chi cerca ancora una risposta troverà non la verità assoluta di una metafisica né la giustizia assoluta di un diritto naturale. Chi alza quel velo senza chiudere gli occhi si vede fissare dallo sguardo sbarrato della testa di Gorgone del potere” (H. Kelsen, Die Gleichheit vor dem Gesetz in Sinne des Art. 109 der Reichsverfassung in Veröffentlichung der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer, de Gruyter, Berlin-Leipzig 1927, III, p. 55; tr. it. in A. Carrino, L’ordine delle norme. Politica e diritto in Hans Kelsen, ESI, Napoli 1990, pp. 33-34, cit., da ultimo, in F. Gentile, La laicità nell’esperienza politico-giuridica, in http://www.lircocervo.it).
[24] Benedetto XVI, op. cit., 44.
[25] A. Camus, L’uomo in rivolta, Milano, Bompiani, 2005, 162.
[26] Peraltro, con riferimento al diverso tema dei rapporti tra fascismo, neo-fascismo e “matrice rivoluzionaria”, è interessante riportare il pensiero di Renzo De Felice: uno dei centri degli interessi storiografici di Cantimori ha sempre riguardato i giacobini, un certo tipo di illuminismo, di giacobismo italiano; e siccome io ho cominciato il lavoro storico occupandomi di giacobini, la comunanza di interessi è evidente. […] E direi che fra i miei giacobini, i miei illuminati, e un certo tipo di fascismo – riferendomi in particolare al fascismo delle origini, e a certi personaggi del fascismo – c’è un quid inafferrabile in comune, falso storiograficamente, ma vero psicologicamente”. De Felice, inoltre, continua affermando che, con riferimento al fascismo, “si può parlare di fenomeno rivoluzionario; però nel senso etimologico della parola, […] se non altro perché è un regime, e ancor di più un movimento […] che tende alla mobilitazione, non alla de mobilitazione delle masse, e alla creazione di un nuovo tipo di uomo. […] Il regime fascista […] ha come elemento che lo distingue dai regimi reazionari e conservatori, la mobilitazione e la partecipazione delle masse. Che poi ciò sia realizzato in forme demagogiche è un’altra questione: il principio è quello della partecipazione attiva, non dell’esclusione. […] Un altro elemento rivoluzionario è che il fascismo italiano – anche qui si può dire demagogicamente, ma è un altro discorso – si pone un compito, quello di trasformare la società e l’individuo in una direzione che non era mai stata sperimentata né realizzata, […] una [sorta di] nuova fase della civiltà” (R. De Felice, Intervista sul fascismo, Bari, Laterza, 2008, 2-5).
[27] In proposito, pare al presente recensore utile riportare il seguente passo tratto da Giambattista Vico: “imperocché, a coloro che peccano per errore, è bastevol pena la ricognizione del vero da essi disconosciuto, ed è lor castigo la vergogna dell’aver errato. Coloro che peccano deliberatamente serbando tutta volta un qualche rispetto dell’eterna ragione, i quali sono denominati da Aristotele ‘incontinenti’, e le cui colpe son dette ‘insanabili’ da Platone, sono gastigati con più acute punture della conscienza. Ma in quanto a coloro che, per malvagio costume o per mal genio peccando, non ritengono alcun senso di vergogna rispetto all’eterna ragione (i quali sono chiamati ‘intemperanti’ da Aristotile, e le cui colpe sono dichiarate ‘insanabili’ da Platone), è lor gravissimo gastigo l’intorpidita e stupida conscienza, od il quasi totale spegnimento di ogni senso umano. I filosofi escludono questi perdutissimi uomini dal genere umano e dall’umana società, annoverandogli tra i bruti, e perciò puossi dire con argutezza ch’è lor gastigo il trovarsi fuori dell’umanità relegati” (G. Vico, De universi iuris uno principio et fine uno, in Opere Giuridiche, Firenze, 1974, Caput LXIX, 87).
[28] Terenzio, Heautontimorumenos, I, 1, 25.