Gli argomenti del giurista
tra «premesse» e «strategie» interpretative
di Federico Casa

4) L’argomento a fortiori, per il quale, data una norma giuridica che predica una determinata qualifica o un obbligo, si deve concludere che valga una diversa norma che predichi lo stesso obbligo o la stessa qualifica normativa per un soggetto o classe di soggetti che si trovino in una situazione tale da meritare, a maggior ragione, la qualifica o l’imposizione dell’obbligo che tale norma accorda al primo oggetto. L’argomento analogico impone una somiglianza tra il “caso regolato” e quello “non regolato”, quello a fortori si fonda sulla ragione della norma o dell’enunciato, che non è necessario che siano somiglianti, bastando invece che la primi meriti, a maggior ragione, la qualifica riservata alla seconda50.
5) L’argomento psicologico, per effetto del quale a ciascun enunciato normativo deve essere attribuito il significato che corrisponde alla volontà del suo autore, cioè del legislatore storico. L’argomento psicologico per la sua stessa natura risulta tanto più efficace quanto più è vicino nel tempo il momento in cui l’enunciato oggetto di interpretazione è stato emesso; esso trova applicazione perlopiù con riferimento alle legislazione speciale51.
6) L’argomento dello scopo del legislatore, denominato anche argomento teleologico (d1 significa n perché n realizza lo scopo del legislatore), è quel ragionamento in forza del quale ad un enunciato normativo viene attribuito quel significato che corrisponde proprio al significato proprio della legge di cui l’enunciato è documento. Si distingue dall’argomento psicologico perché esso ricerca i fini della legge a partire dal testo di legge e non da altri documenti intesi come indizi della volontà del legislatore52.
7) L’argomento apagogico o ad absurdum aiuta ad escludere delle scelte interpretative piuttosto che a proporre una di particolare (d1 non significa n perché n sarebbe una norma assurda); il fondamento del carattere persuasivo di tale argomento risiede nella diffusa credenza che il diritto non contenga norme assurde soprattutto per una ipotizzata ragionevolezza del legislatore. A ben vedere, non è un argomento particolarmente persuasivo perché il concetto di “assurdo” è un concetto relativo, e comunque varia da epoca a epoca, da soggetto a soggetto53.
8) L’argomento economico consente di escludere l’attribuzione ad un enunciato normativo di un significato che già viene attribuito ad altro enunciato preesistente al primo gerarchicamente superiore, o comunque più generale del primo, dal momento che, se quell’interpretazione non venisse esclusa, ci troveremmo di fronte ad un duplicato e quindi ad un enunciato normativamente e superfluo. Il criterio è sicuramente più efficace per le disposizioni le cui fonti sono di pari grado, dal momento che quando gli enunciati provengono da fonti diverse, specialmente se di livello gerarchico diverso, la ripetitività è un fenomeno abbastanza frequente; tale argomento dell’interpretazione si fonda sul convincimento che il legislatore non sia ripetitivo54.
9) L’argomento autoritativo è l’argomento per cui ad un enunciato normativo va attribuito quel significato che gli è già stato attribuito da qualcun altro; tale argomento si fonda sul principio d’inerzia, cioè sulla tendenza a conservare modelli di comportamento, avallato dal principio di certezza e di prevedibilità delle future applicazioni di diritto e dal principio di uguaglianza55.
10) L’argomento storico si basa sulla presunzione di continuità del sistema giuridico e si fonda sulla convinzione che, posto un determinato enunciato normativo, in mancanza di espresse indicazioni contrarie, si deve attribuire ad esso lo stesso significato che tradizionalmente veniva attribuito al precedente enunciato normativo contenuto in un documento precedentemente emanato; la persuasività risiede nella convinzione che le norme regolatrici di una materia siano costanti e che i legislatori non vogliano, fino a prova contraria, mutare le discipline ma tutt’al più perfezionarle56.
11) L’argomento della completezza della disciplina giuridica in forza del quale, non essendo reperibile una norma che per un determinato comportamento o per un determinato soggetto ascriva una qualificazione normativa a quello stesso comportamento, si deve concludere che valga una norma che ascrive al comportamento non regolato una qualche qualificazione normativa, dal momento che serve ad impedire che un determinato comportamento venga considerato come “non disciplinato”. Tale criterio è dotato di una grande forza persuasiva perché si fonda sulla credenza che l’ordinamento giuridico sia completo e privo di lacune. E’ altrettanto vero che si tratta di un argomento incompleto per definizione, perché una volta appurato di non voler considerare un caso come non disciplinato rimane tuttavia ancora aperto il problema di dare un significato concreto agli enunciati normativi a disposizione, ricorrendo a un ulteriore argomento retorico, come ad esempio quello a simili o a contrario. Oppure deve essere integrato dall’assunzione di un principio generale produttivo di norme, come ad esempio considerare tutti i comportamenti non considerati come permessi57.
12) L’argomento della coerenza della disciplina è il ragionamento in virtù del quale, in presenza di due norme che predicano due qualifiche normativamente incompatibili, si deve concludere che almeno una delle due non valga, in via generale o che non sia applicabile a quello specifico caso. In maniera quasi speculare al precedente, questo principio presuppone che l’ordinamento sia completo e coerente. Anche questo argomento è molto persuasivo tuttavia sussidiario come il precedente, dal momento che serve a risolvere un problema di interpretazione quando ci si trova di fronte a un conflitto di norme ma dev’essere integrato quantomeno da un altro argomento retorico oppure con l’assunzione di un principio generale. Infatti, una volta venuto meno il conflitto di norme, bisogna procedere ad una ulteriore interpretazione di almeno uno dei due enunciati o di entrambi, ricorrendo ad altro argomento. In questo modo il criterio della coerenza funziona come un criterio di scelta tra ulteriori argomenti, scartando quelli che porterebbero a un conflitto fra norme58.
13) L’argomento sistematico che si caratterizza per l’argomento della sedes materiae, il quale ha la seguente struttura: d significa n perché questo significato è suggerito dalla collocazione di d nel discorso legislativo. E’ detto anche argomento topografico, ed è quello per cui agli enunciati si deve dare l’interpretazione che è suggerita dalla loro collocazione all’interno del “sistema del codice”, ad esempio in base alla collocazione degli articoli, dei capi, dei titoli etc.La persuasività di tale argomento risiede nella convinzione che la disposizione degli enunciati sia espressione della volontà del legislatore. Tale argomento serve tra l’altro ad accreditare interpretazioni diverse di uno stesso vocabolo a seconda che sia usato in un contesto piuttosto che in un altro, come ad esempio una legge civile o commerciale o penale etc. In tal caso riveste la forma tipica: il termine x ha significato s perché così è suggerito dal contesto c. Per quello della costanza terminologica, il quale ha la seguente forma: il vocabolo x ha il significato s, nel contesto c, perché questo è il suo significato nel contesto c1. Tale argomento si fonda sulla convinzione che il legislatore impieghi un certo vocabolo con significato costante, anche se in diversi documenti normativi. Vi è, tuttavia, da sottolineare la scarsa efficacia persuasiva di tale argomento dal momento che si fonda su una credenza (ottimistica) della natura di “buon legislatore”, dal momento che spesso uno stesso vocabolo assume significati contrastanti, essendo le leggi emanate innumerevoli, e oltretutto prodotte da soggetti diversi e in tempi e contesti diversi. Al più quest’argomento può valere (ed è usato) per attribuire significato a enunciati che ricorrono all’interno dello stesso documento o in una sua parte. Vi è poi quello dogmatico, in base al quale agli enunciati normativi va attribuito quel significato che è suggerito dal sistema dei concetti e dei principi del diritto. Si basa sulla credenza che il sistema giuridico sia un sistema organico in cui ciascuna parte coopera a formare un’entità basata su determinati principi59.
14) L’argomento della dissociazione, il quale consiste nell’introdurre surrettiziamente nel discorso del legislatore una distinzione cui il legislatore non ha pensato affatto, in modo tale da ridurre il campo di applicazione di una disposizione ad alcune soltanto della fattispecie previste60.
15) L’argomento naturalistico si caratterizza sulla base del ragionamento d significa n perché n si adatta meglio di m alle circostanze sociali, al conflitto di interessi a cui si cerca di prospettare una soluzione, alla natura dei rapporti da disciplinare, in ultima analisi alla natura dell’uomo61.
16) L’argomento equitativo è volto a attribuire significati a enunciati in modo da scegliere, tra diverse possibili interpretazioni, quella che contrasta meno contro le idee che il giudice condivide con la società, sul buon esito dell’applicazione del diritto nel caso concreto, facendo in modo di mettere da parte quelle interpretazioni e applicazioni sentite come inique. Si tratta di un argomento molto persuasivo perché l’eventuale applicazione iniqua del diritto è percepita come riprovevole da parte dalle società; tuttavia, è un argomento debole per la mancanza di un sentire comune generalizzato, soprattutto in società pluraliste; è spesso utilizzato come “estrema ratio”, quando si tratta di interpretare significati oscuri presenti in documenti pattizi.
17) L’argomento a partire dai principi generali consiste nell’argomentare a partire dai principi generali dell’ordinamento. E’ l’argomento per cui, in presenza di una lacuna legislativa, occorre ricorrere ai principi generali dell’ordinamento, dal momento che il diritto positivo è considerato “completabile”; a ben vedere, la capacità operativa dell’argomento risulta molto scarsa, dal momento che vaste divergenze si manifestano non solo sulla natura dei principi generali ma anche sul loro contenuto62. Da questo punto di vista, potrebbe risultare condivisibile l’idea che il contenuto dell’art. 12 delle “Disposizioni sulla legge in generale” al codice civile italiano del 1942 possa essere inteso come il risultato della scelta da parte del legislatore di questo o di quel metodo dell’interpretazione. Ogni perplessità, se ancora ci fosse, dovrebbe essere già stata fugata da tempo da Vittorio Frosini63 e da Luigi Lombardi Vallauri, il quale già nei primi anni Ottanta dimostra come l’art. 12 delle Preleggi non possa fornire alcuna utile indicazione in tal senso, non solo perché non sarebbe stato comunque «possibile redigere un articolo univoco», non solo perché l’articolo sull’interpretazione «non vincolerebbe logicamente l’interprete a interpretarlo nel modo da esso univocamente prescritto secondo quel dato metodo d’interpretazione», ma soprattutto in quanto, «ammesso che si riuscisse a redigere un articolo univoco secondo l’insieme di tutti i possibili metodi dell’interpretazione, le prescrizioni dell’articolo sarebbero irrilevanti almeno per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo stesso»64. Ci pare a questo punto della nostra ricerca di poter affermare in una prima approssimazione che tanti sono i risultati interpretativi almeno quanti sono gli argomenti dell’interpretazione senza considerare la possibile combinazione tra gli stessi. Solo una qualche riflessione sui rapporti tra scienza giuridica e teoria dell’interpretazione potranno però consentire di valutare tali affermazioni, tutte sostanzialmente coincidenti nella convinzione che la scelta di questa o di quella «strategia interpretativa» dipenda da valutazioni ora di ordine politico, ora relative al contesto in cui il risultato dell’attività interpretativa deve trovare la sua applicazione, ora da porre in relazione con le convinzioni dei soggetti che partecipano alla discussione medesima.

 

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