Analisi del leading case Maxwell [1978][1]
Dolo di concorso e “concorso anomalo”, tra diritto penale inglese ed italiano.
Profili sintetici di teoria generale del reato e della pena
di Gabriele Civello

2) la distinzione tra concorso nel felony (reato di particolare gravità) o nel misdemeanour (reato di lieve gravità)[2], nel qual secondo caso l’area di punibilità del concorso era più ristretta e, in particolare, non comprendeva l’assistenza post delictum (c.d. “accessories after the fact”);

3) il principio di pari responsabilità dell’autore e dei partecipi per il reato commesso.

Nel 1861 la legge scritta codificò la disciplina concorsuale, così come prevista dalla common law, e la estese interamente anche ai misdemeanours; infatti, l’Accessories and Abettors Act, all’art. 8, stabilì che le condotte di partecipazione criminosa consistevano nell’aiutare (aiding), incoraggiare (abetting), consigliare (counselling) o procurare (procuring)[3], le quali erano punibili anche quando dirette alla commissione di un semplice misdemeanour[4].

Nel 1967, il Criminal Law Act abolì la distinzione tra felonies e misdemeanours, peraltro ignota al diritto penale scozzese, e modificò l’art. 8 dell’Accessories and Abettors Act, il quale, a seguito della novella del Criminal Law Act del 1977, oggi recita:

“Chiunque aiuti, incoraggi, consigli, determini la commissione di un’indictable offence[5], sia prevista dalla common law o da una legge, attuale o futura, è passibile di essere perseguito, accusato e punito come l’autore”.

Inoltre, l’art. 4 Criminal Law Act 1967 introdusse una nuova figura di reato, autonoma rispetto alla fattispecie concorsuale, denominata “assisting offender”, corrispondente al nostro favoreggiamento personale (art. 378 c.p.), che sostituì la categoria dell’accessory after fact (lasciata, però, sopravvivere per i gravi reati di treason)[6].

Se il concorso di persone nel reato è oggi in gran parte disciplinato dalla statute law, l’elemento soggettivo della partecipazione criminosa è tuttora un istituto di common law e, come tale, è assoggettato alla regola per cui la responsabilità penale è sempre subordinata all’esistenza dell’elemento psichico (actus non facit reum, nisi mens sit rea), mentre la responsabilità dell’autore dipende dalla statute law, assai meno permeabile alla tradizione giurisprudenziale. Ne deriva, a titolo esemplificativo, che, in materia di reati di strict liability, mentre l’autore risponde del fatto a titolo di mera responsabilità oggettiva (secondo quanto previsto dalla legge), la punibilità del concorrente sussiste soltanto in presenza della mens rea[7]
(secondo l’insegnamento della common law).

Generalmente, si ritiene che, ai fini della punibilità a titolo di concorso, il partecipe debba sapere quale sia il tipo di reato alla cui realizzazione contribuisce; resta marginale ed irrilevante, invece, la conoscenza e la previa individuazione del soggetto passivo[8], dell’oggetto materiale, del tempo, del luogo e delle altre modalità di commissione del reato.

Nel caso Bainbridge, per esempio, Tizio aveva acquistato da Caio un equipaggiamento di fiamme ossidriche che sei settimane più tardi fu usato per scassinare una banca; Tizio disse di avere sospettato che Caio volesse farne un uso criminoso, ma di non avere immaginato che volesse rubare in una banca. La Corte ritenne che, per affermare la responsabilità concorsuale di Tizio, fosse sufficiente la consapevolezza di un generico proposito criminoso, occorrendo tuttavia la conoscenza almeno del tipo di reato che doveva essere commesso, sebbene non fosse necessario conoscere l’identità del soggetto passivo[9].

Successivamente, il principio enunciato nel caso Bainbridge è stato allargato, giungendo a sostenere che, per essere responsabile del reato commesso dall’autore, è sufficiente che il partecipe se lo sia rappresentato anche solo in alternativa ad altri reati, lasciando all’autore la scelta di quale compiere: tale ipotesi è stata affrontata proprio nel caso Maxwell [1978] in questione.

In quest’ultima fattispecie, infatti, l’imputato (membro dell’Esercito Volontario dell’Ulster, organizzazione proibita in Irlanda del Nord), aveva condotto sulla propria autovettura alcuni terroristi alla Locanda Crosskeys. Fu accertato nel corso del processo che l’imputato sapeva che sarebbe avvenuto «un attacco contro il bar Crosskeys, e non una semplice visita o sopralluogo» e che «l’attacco avrebbe comportato l’uso della forza, in modo che le persone sarebbero state messe in pericolo ed i locali sarebbero stati seriamente danneggiati», ma che non sapeva esattamente quale reato sarebbe stato commesso.

Accusato come autore del reato (principal), che consisteva nel collocare un rudimentale ordigno esplosivo nella locanda Crosskeys, in violazione dell’art. 3 lett. a) Explosive Substances Act 1883, il suo ruolo fu definito quale partecipazione (aider and abettor). Egli appellò contro la condanna perché si sarebbe dovuto dimostrare che egli era a conoscenza del tipo di reato voluto [dagli altri concorrenti] e del genere di mezzi che sarebbero stati trasportati sul luogo del delitto. L’impugnazione fu respinta sia dalla Corte d’Appello che dalla House of Lords con le sentenze sopra riportate.

Nel caso Maxwell, pertanto, sia il giudice d’appello, sia la House of Lords hanno ritenuto che, qualora il concorrente si prefiguri, nell’esecuzione dell’azione criminosa, l’uso della violenza sulle persone e l’impiego di strumenti micidiali (quali armi da fuoco od esplosivi), costui risponderà di tutti i reati contro l’incolumità personale commessi dai concorrenti materiali; in particolare, nella vicenda processuale concreta, “l’accertamento dei fatti dimostra che l’appellante, in quanto membro di un’organizzazione che abitualmente perpetra atti di violenza con armi da fuoco ed esplosivi, appena istruito riguardo al suo ruolo, deve aver previsto che un attentato alla locanda Crosskeys sarebbe stato non l’unica possibilità, ma comunque una delle possibilità più ovvie fra quelle che i suoi compagni avrebbero potuto intraprendere e della cui commissione egli era intenzionalmente complice. Per quanto riguarda la conoscenza colpevole (guilty knowledge), egli era perciò nella stessa situazione dell’uomo al quale sia stata fornita una lista di compiti e al quale sia stato detto che uno di tali compiti sarà portato a termine”.

E’ d’uopo evidenziare come, nel caso de quo, i giudici non si siano limitati ad accertare il solo nesso oggettivo tra la condotta dell’imputato e l’evento lesivo cagionato materialmente dai concorrenti; al contrario, il giudicante ha desunto il nesso psichico tra azione del concorrente ed evento di reato (ossia la previsione, da parte dell’imputato, dei vari reati che sarebbero stati possibilmente commessi dagli altri concorrenti) sulla scorta di precisi indici di natura oggettiva e soggettiva, quali l’appartenenza ad un’organizzazione armata, la consueta partecipazione ad azioni violente, mediante l’uso di armi da fuoco ed esplosivi, le stesse ammissioni dell’imputato relative all’accordo ante delictum, e così via.

In proposito, il Presidente Lowry affermò: “[la responsabilità dell’imputato] è resa evidente dal fatto che egli prevede la commissione di uno o più crimini da parte del reo e presta la sua assistenza affinché uno dei crimini venga commesso. In altre parole, egli sa che il reo commetterà o sta per commettere un atto illecito (illegal), da lui scelto in una ristretta cerchia di reati, e avendo tale conoscenza lo aiuta a commetterlo”; inoltre, ai fini del concorso di persone nel reato, “il reato in questione deve essere previsto dal complice e solo in casi eccezionali sarà possibile trovare una prova sufficiente a sostenere l’accusa secondo la quale il complice avrebbe consegnato al reo un «assegno in bianco» (ossia avrebbe accettato e condiviso, incondizionatamente ed a priori, qualsiasi comportamento il reo avesse ritenuto necessario adottare durante lo svolgimento del reato)”.

Infine, nell’ultimo grado di giudizio innanzi alla House of Lords, Lord Scarman (dopo aver citato la tesi illustrata dal presidente Lowry), affermò che il principio formulato da Lowry “ha un grande merito. Focalizza l’attenzione sullo stato mentale dell’accusato: non su ciò che egli avrebbe dovuto prevedere, ma su ciò che fu da lui effettivamente previsto. Esso evita le definizioni e le classificazioni, assicurando nel contempo che un uomo non possa essere condannato per aver favorito qualsiasi reato sia stato commesso dal reo, ma possa essere condannato solo per aver favorito un reato da lui previsto. Egli può aver previsto un solo reato o più di un reato; e nel caso in cui ne abbia previsto più d’uno egli può considerarli come alternativi. Un complice che lasci tale scelta al vero autore del reato sarà penalmente responsabile, purché la scelta sia compiuta fra i reati che il complice aveva previsto”.

Ma la giurisprudenza inglese non ha solamente affrontato il tema del nesso psichico tra condotta concorsuale ed evento cagionato dai concorrenti materiali, ma ha analizzato anche il più specifico tema del c.d. “concorso anomalo”, caratterizzato da un accordo criminoso, seguito dalla commissione di reati differenti da quelli in origine concordati.

Inizialmente, è giunta alla cognizione dei giudici britannici l’ipotesi di un evento ulteriore, cagionato colposamente da taluno dei compartecipi nell’esecuzione di un disegno criminoso di matrice dolosa; nel caso Baldessare[10], per esempio, due persone si erano impossessate indebitamente, di comune accordo, dell’automobile di un terzo ed una di esse, guidando in modo imprudente, aveva causato la morte di un passante. Di questo evento (non voluto né previsto dall’autista) fu ritenuto responsabile, come partecipe, anche il passeggero, per il fatto di aver condiviso con lui il proposito di guidare indebitamente l’autovettura altrui. Entrambi, pertanto, furono condannati per il reato di manslaughter.

In altra ipotesi, si è affermato che “è evidente che il disegno comune di usare illegittima violenza, tranne l’inflizione di gravi lesioni fisiche, rende tutti i concorrenti responsabili di omicidio (manslaughter), se la morte della vittima è conseguenza inattesa (unexpected) dell’esecuzione di questo disegno”; il redattore, tuttavia, così prosegue: “ma, se la morte della vittima non è dovuta al comune disegno, bensì è riferibile ad uno dei concorrenti che agisce oltre questo disegno, usando violenza che è diretta a cagionare gravi lesioni fisiche, gli altri non rispondono di questo atto non condiviso (anauthorised)”[11]. In questo secondo caso, si profila la differente ipotesi nella quale, all’interno di un comune disegno criminoso, si innesta un nuovo ed autonomo atto delittuoso di natura dolosa: in tal caso, ritiene la giurisprudenza inglese, non può imputarsi tale nuovo fatto di reato al concorrente che non abbia né materialmente né psicologicamente concorso a realizzarlo, quasi che il susseguente atto doloso spezzasse il nesso psichico tra la condotta dei concorrenti e l’evento graviore cagionato materialmente da uno solo di essi.

Pages 1 2 3 4 5 6 7 8