Vittorio Frosini
di Francesco Gentile
A garantire la linearità e la continuità di un autentico percorso speculativo in questa molteplicità e varietà di circostanze esistenziali, è il nesso “lettera/spirito della legge” o, se si vuole, il “circolo ermeneutico” che si stabilisce tra il testo e il messaggio, e costituisce il nocciolo dell’esperienza giuridica. Perché non v’è dubbio che nessun messaggio si dà, e dunque può essere letto, se non attraverso un testo, ma è altresì inconfutabile che senza messaggio nessun testo sarebbe significativo, e quindi leggibile. A fasci potrebbero essere portate le citazioni puntuali, e sarei tentato di farlo per la loro suggestività, ma forse è opportuno lasciare al lettore il piacere della scoperta. Ne raccoglierei due che più scopertamente, a mio avviso, e in modo speculare danno il senso globale della proposta.
“Nell’esperienza concreta del giurista – scrive Frosini – la legge non è soltanto un oggetto di conoscenza, diverso per origine, composizione e finalità di altre forme di comunicazione fra gli uomini; essa è anche uno strumento di conoscenza della realtà fattuale che viene letta, cioè considerata e interpretata, in termini giuridici, attribuendole un significato”. Sicché “il termine spirito è stato collegato più volte, nelle trattazioni dei giuristi, invece che al termine legge a quello più comprensivo di diritto, cioè al ciclo vitale dell’intera esperienza giuridica (…) infatti è necessario risalire dallo spirito della legge allo spirito dell’ordinamento giuridico in cui essa, la legge, è contenuta per intenderne il senso”.
L’altra citazione, alla prima speculare: “Nella legge il diritto, anzi l’ordinamento giuridico (il termine deriva da quello latino di ordo che designava l’operazione del tessere) che consiste nel complesso delle strutture dei comportamenti sociali, prende una forma determinata e specifica in quanto assume un’espressione linguistica (…). Attraverso la forma della legge, la realtà della vita sociale si manifesta e si comunica”.
Un’ultima battuta. L’itinerario speculativo di Frosini potrebbe esser colto sin dalle mutazioni del titolo di questo lavoro, che è cominciato nel ’53 e si è concluso nel ’94. Il primo titolo era Lo Spirito e la lettera della legge, l’ultimo La lettera e lo spirito della legge. Per uno scrittore raffinato qual è stato Vittorio Frosini la cosa non può essere casuale. Nel primo affiora un residuo della “sistematicità” idealistica che, nonostante le spinte problematiche di un’autentica attitudine filosofica, predispone ad una ricostruzione della vita di per sé informe e insignificante, ad una sua razionalizzazione, in termini ipotetico-deduttivi, a partire da un “principio” apoditticamente assunto, appunto lo Spirito, con la esse maiuscola, che viene prima della lettera, con la elle minuscola. Nel secondo il rapporto si inverte. Ma che cosa significa l’insistenza con la quale, alla fine, Frosini configura l’operazione ermeneutica come recupero dello spirito nella lettera della legge, o meglio come riconoscimento dello spirito della legge attraverso la lettera? Prendendo le distanze da ogni riduzione della legge alla sua lettera ma anche dalla sbrigativa riduzione della lettera a semplice e insignificante vettore di un non meglio definito spirito o significato della legge? Che cosa significa l’uso reiterato di un avverbio come “attraverso”? Che ritorna in tutti passaggi in cui si snoda il discorso e che per l’Autore, come risulta testualmente, non rappresenta una “rapporto meccanico” (…) come avviene in un ragionamento matematico” bensì un “rapporto dialettico”? Nella risposta a questo quesito si trova il Frosini composto e maturo degli ultimi tempi in continuità col Frosini irruento e polemico dei primi.
In greco, nel greco della grande filosofia, classica perché perenne, “attraverso” si scrive “metà” ed è usato per degnare il processo mediante il quale oltre, nel senso di attraverso, l’apparire è dato di riconoscere l’essere. Metà ta physikà. Formula paradossale ma bruciante per la quale si predica l’essere senza nominarlo. Qualcuno potrebbe protestare che in tal modo viene forzata la lettera di Frosini, ma bisogna riconoscere che è a provocare è proprio la sua lettera, che non è “rapporto meccanico (…) come avviene in un ragionamento matematico”! Provoca con l’elogio finale, impreziosito dal riferimento alla sua “manifestazione grandiosa svolta nell’interpretazione dottrinale”, con l’elogio finale del Giusnaturalismo. Respinto come criterio apodittico, e quindi ideologico, “di giustificazione morale, religiosa o razionale della leggi positive” ma indicato a modello d’esercizio dialettico “di continua, costante e coerente interpretazione delle leggi, di ricerca dello spirito della legge considerato come l’insieme dei valori supremi della convivenza civile”.
D’altronde non c’era un Tommaso nel futuro di Frosini?
——————————————————————————–
[1] Giuffré, Milano 1994.
[2] “Actes du XIème Congrès Internationale de Philosophie”, Louvain 1953, vol. IX. IL congresso si tenne a Bruxelles nell’estate del 1953.
[3] Edizioni Muglia, Catania 1953.
[4] Per metterlo sulla traccia, suggerisco tuttavia di vedere il secondo codicillo del mio Ordinamento giuridico tra virtualità e realtà, Cedam, Padova 2005.