“La gestione delle crisi nell’Unione Europea e le giurisdizioni nazionali” *
di Gaetano Marini

Vi sono ora elementi per tornare alle ragioni di un raffronto fra soluzioni che appaiono diverse ma contigue nella ricerca, peraltro, unilaterale, di referenti giudiziari adeguati nel quadro, non solo europeo, della gestione delle crisi fuori area.

E’ appunto il carattere autoreferenziale di queste soluzioni, ancorate teoricamente al principio della legge di bandiera, che ne determina il limite. Il che potrebbe rendere difficile, se non impossibile, mettere in sintonia questi microsistemi penali destinati al confronto sul terreno concreto dell’esperienza giuridica.

Verifichiamo, su questo terreno, che cosa può accadere, ad esempio, in caso di partecipazione di un militare italiano e di un militare francese ad un reato di furto commesso all’interno di un reparto multinazionale di comune appartenenza.

Ecco un caso, in fondo banale, che tuttavia potrebbe dare luogo a vicende giudiziarie molto complesse. Infatti, il “tribunal aux armées” di Parigi potrebbe giudicare entrambi in applicazione dell’art. 66 del codice di giustizia militare, secondo il quale la giurisdizione si estende agli autori ed ai complici quando uno di loro è giudicabile da tale tribunale.

Ma la soluzione che si prospetta in applicazione dell’art. 14 del codice di pace italiano è radicalmente conflittuale perché questo articolo prevede l’applicabilità della legge penale militare anche all’estraneo alle forze armate italiane che partecipi al reato.

Ciò vuol dire che il militare italiano ed il militare francese potrebbero essere giudicati entrambi anche dai giudici di Roma: il militare italiano dal tribunale militare; il militare francese dal tribunale ordinario.

Queste situazioni giudiziarie abbastanza paradossali potrebbero verificarsi in applicazione del principio di personalità attiva, ma le cose non cambiano se entra in gioco il principio di personalità passiva.

Che cosa accadrebbe, ad esempio, se una donna militare francese fosse violentata da un militare italiano e da un militare francese dello stesso contingente multinazionale? In questo caso, la conflittualità tra giudici non sarebbe generata solo dall’art. 14 del codice di pace italiano e dall’art. 66 del codice di giustizia militare francese, per la partecipazione al reato di militari appartenenti a forze armate diverse, ma anche dall’art.15 del codice di guerra italiano, per l’assimilazione di militari francesi ed italiani dal punto di vista del principio di personalità passiva.

Questi due principi determinerebbero con eguale forza la competenza dei tribunali romani, militare e ordinario, in aperto conflitto con il tribunale parigino.

Ecco le irresolubili antinomie giudiziarie che in prospettiva potrebbero caratterizzare il concreto esplicarsi del presidio penalistico nel quadro della difesa comune.

Questa verifica ne dà qualche esempio che rimanda alle domande iniziali. Come uscire dall’impasse? Certo non sarebbe accettabile affidarsi, sistematicamente, a cose fatte, al rimedio del non bis in idem ovvero, preventivamente, al potere discrezionale di rinunzia del procuratore della Repubblica, del resto, previsto in Francia[38] e non in Italia. Sono intuibili le disuguaglianze che ne deriverebbero.

Ma, oggi, non è certo ipotizzabile un giudice dei conflitti perché sarebbe il giudice federale di una federazione che tuttavia non esiste ancora.

D’altra parte l’esclusione di ogni competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, nell’ambito della politica europea di sicurezza e difesa, fa temere che il cammino da percorrere in questa direzione sia ancora molto lungo.

In attesa del suo compimento con la istituzione di una giurisdizione specializzata europea, competente in materia di conflitti tra giurisdizioni nazionali per i reati commessi nel caso di operazioni di gestione delle crisi, bisognerebbe fare un primo passo avanti operando sull’esistente. Si potrebbe cioè modificare il meccanismo di rinuncia previsto dallo Statuto di EUROFOR, rendendolo obbligatorio in casi predeterminati, secondo regole ispirate ai criteri interni di riparto della competenza per connessione.

In applicazione di tali criteri, negli esempi fatti, il giudizio potrebbe essere affidato alla giurisdizione francese o a quella italiana ovvero, ancora, ad una giurisdizione terza.

D’altra parte, rendere impuro il meccanismo puro della rinunzia significherebbe prendere atto che la dimensione delle operazioni di gestione delle crisi, svolte sotto una bandiera comune, rende nei fatti irrealistica la concezione assoluta secondo cui “ le souverain c’est celui qu’on ne contraint pas”[39].

Ma questo significherebbe anche fare un passo avanti, obbligato per uscire da queste antinomie giudiziarie, verso una sovranità altra, si potrebbe dire europea, senza escludere le istanze delle comunità distinte che si esprimono nelle giurisdizioni nazionali d’Europa.

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*Questo contributo , presentato come relazione al seminario “ Polices d’Europe . Politique étrangère et sécurité commune . Questions de droit pénal “ , tenuto a Parigi il 19 dicembre 2003 alla Fondation Hugot du Collège de France , è stato pubblicato in “ Revue de science criminelle et de droit pénal comparé “ , 2004, n. 3 , p.p. 597 s.s. ed in “ Rassegna della Giustizia militare “ , 2004, n. 4-5-6, p.p. 67 s.s..

Si tratta di una prima verifica , svolta nello specifico della prassi giudiziaria , per domandarsi se ci si possa misurare operativamente con la complessità della dimensione internazionale penale senza affrancarsi dagli schemi esclusivistici e riduttivi della logica tradizionale binaria , messa in causa , come ogni prospettiva totalizzante della sovranità , dalla Scuola penalistica di MIREILLE DELMAS-MARTY . Vale a dire dalla logica altra in cui consiste Le flou du droit .

Ma , ancora ed oltre , per i presupposti più generali di queste riflessioni , mi richiamo alla indagine radicalmente problematica condotta alle radici stesse della sovranità da FRANCESCO GENTILE nei sottili itinerari percorsi dagli anni ottanta in Intelligenza politica e Ragion di Stato , Milano , 1983 , fino ad oggi , in Politica aut /et statistica . Prolegomeni di una teoria generale dell’ordinamento politico , Milano , 2003 .

1 A questo proposito, si vedano M. VAN DE KERCHOVE-F.OST, Il diritto ovvero i paradossi del gioco, Giuffrè, Milano 1994;

ID, De le pyramide au réseau ? Pour une theorie dialectique du droit, Publications des Facultés universitaires Saint Louis, Bruxelles ; 2002 ; S. ALEO, Diritto penale e complessità , Giappichelli Torino, 1999 ; pp 124 ss.

In generale, sulla fecondità della complessità, delle sue “verità polifoniche” , Cfr. E.MORIN, Le paradigme perdu, trad. it., il paradigma perduto, Feltrinelli, Milano, 2001, p. 209.

2 L’insufficienza della logica formalista binaria è sottolineata da M.DELMAS- MARTY, Le flou du droit, trad. it. Dal codice penale ai diritti dell’ uomo, Giuffrè, Milano, 1992, in particolare, pp. 5 e ss, 267 e ss.; ID , Raisonner la Raison d’Etat, trad. it., Verso un’ Europa di diritti dell’ uomo, pp 271 e ss .

3 Al riguardo, si veda M. VAN DE KERCHOVE- F. FOST, il Diritto ovvero i paradossi del gioco, cit., pp. 85 ss.

4 Nelle conclusioni, inedite, del Seminario di San Remo , si sottolineano le contraddizioni di un quadro giuridico europeo disomogeneo e frammentato dal punto di vista penale comparato riguardo a queste missioni nella prospettiva europea.

5 Articolo 12 della legge 11 agosto 2003, n. 231.

6 Articolo 2 , lett. C) della legge 31 gennaio 2002, n 6.

7 Articolo 2, lett. A) della legge 31 gennaio 2002, n 6 .

8 Notiamo la natura molto ambigua di queste regole d’ingaggio ( RULES OF ENGAGEMENT) che difficilmente potrebbero essere prodotte in giudizio perché non sono pubblicate. A questo proposito, Cfr . la relazione, inedita, della Delegazione francese al Seminario di S. Remo e, contra , la relazione presentata da S. Manacorda.

9 Decisione del Consiglio del 30 settembre 2002.

10 Azione Comune 2003/ 92 / PESC del Consiglio, del 27 gennaio 2003 .

11 Decisione 2003/222/ PESC del Consiglio , del 21 marzo 2003.

12 Il quadro giuridico di riferimento è dato dall’ art .17, titolo V, del trattato dell’ UE.

13 A proposito della forza di reazione rapida , V.il Regolamento ( CE ) n. 381/ 2001 del Consiglio, del 26 febbraio 2001, che ha istituito questo meccanismo.

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