Sul “giusto processo”
ovvero della giustizia e della verità nel processo*
di Elvio Ancona
[56] Ivi, p. 21.
[57] Ferrua, Studi sul processo penale, cit., pp. 72-3.
[58] Ne traccia il profilo sintetico, con riferimenti bibliografici, Ferrer Beltrán, Prueba y Verdad, trad. it. cit., p. 81.
[59] Cfr. V. Denti, La verificazione delle prove documentali, Torino 1957, pp. 6-7.
[60] F. Cordero, Il procedimento probatorio, in Id., Tre studi sulle prove penali, Milano 1963, pp. 1-144, a p. 6.
[61] Ubertis, La ricerca della verità giudiziale, cit., p. 11.
[62] Ferrua, Studi sul processo penale, cit., p. 73.
[63] Cfr. Ivi, pp. 74-5.
[64] Taruffo, La prova dei fatti giuridici, cit., p. 43 (si vedano anche le pagine successive per una rassegna delle principali posizioni rispecchianti questa convinzione).
[65] Cfr. Ivi, pp. 146-7.
[66] M. Damaska, Evidence Law Adrift, New Haven – London 1997, ed. it. a cura di M. Taruffo, Il diritto delle prove alla deriva, Bologna 2003, p. 138. In un articolo di poco successivo Damaska spiega: «Adjudicators are expected to accept a story as true when it is amply supported by items of evidence relating to the facts of the case. And what these small foot soldiers of verity are expected to achieve is to establish that a match exists between factual proposition woven into the fabric of a story and the way the world really is» (M. Damaska, Truth in Adjudication, in «Hastings Law Journal», 1998, pp. 289-308, a p. 292). Sull’importanza attribuita all’accertamento della verità dei fatti nel processo di common law, cfr., tra gli studi più significativi recentemente apparsi, P.S. Atiyah – R.S. Summers, Form and Substance in Anglo-American Law, Oxford 1987, pp. 157 ss., e T.L. Steffen, Truth as Second Fiddle: Reevaluating the Place of Truth in the Adversary Trial Ensemble, in «Utah Law Review», 1988, pp. 799-845.
[67] Valga, per tutte, l’affermazione di Popper: «Il senso ordinario di “verità” come è usata nelle corti di giustizia è, senza dubbio, corrispondenza» (K.R. Popper, Objective Knowledge. An Evolutionary Approach, Oxford 1972, trad. it. di A. Rossi, Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico, Roma 1983, p. 415).
[68] Cfr. A. Tarski, Der Wahrheitsbegriff in den formalisierten Sprachen, in «Studia Philosophica», 1935, pp, 261-405, trad. it., Il concetto di verità nei linguaggi formalizzati, in F. Rivetti Barbò, L’antinomia del mentitore da Peirce a Tarski. Studi, testi, bibliografia, Milano 1986, pp. 253-262, a p. 254; Id., Die Grundlegung der wissenschaftlichen Semantik, in Actes du Congrès International de Philosophie Scientifique, III, Paris 1936, pp. 1-8, trad. it. di G. Usberti, La fondazione della semantica scientifica, in La struttura logica del linguaggio, a cura di A. Bonomi, Milano 1985, pp. 425-432, a p. 427 s.; Id., The Semantic Conception of Truth, trad. it. cit., pp. 29-30, 52. Per l’interpretazione della teoria semantica in senso “corrispondentista”, cfr. D. Davidson, True to Facts, in «The Journal of Philosophy», 1969, pp. 748-764, ora in Id., Inquiries into Truth and Interpretation, Oxford 1984, pp. 37-54, trad. it. di R. Brigati, Verità e interpretazione, Bologna 1994, pp. 87-108; K.R. Popper, Conjectures and Refutations, London 1969, trad. it. di G. Pancaldi, Congetture e confutazioni, Bologna 1972, pp. 382 ss.; Id., Objective Knowledge, trad. it. cit, pp. 412 ss.; S. Galvan, Definizione semantica di proposizione vera e teoria della verità come adaequatio rei et intellectus, in «Verifiche», 1974, pp. 146-163; I. Niiniluoto, Truthlikeness, Dordrecht 1987, pp. 138 ss. Davidson ha tuttavia rivisto la propria posizione, giungendo a riconoscere «to have been a mistake to call such theories [Tarsky-type theories of truth] correspondence theories» (D. Davidson, The Structure and Content of Truth, in «The Journal of Philosophy», 1990, pp. 279-328, a p. 302). L’interpretazione corrispondentista della teoria semantica continua peraltro a trovare fautori ed è stata recentemente riproposta da A.G. Conte, Adelaster. Il nome del vero, handout per la relazione presentata al XXIV Congresso Nazionale della Società italiana di Filosofia giuridica e politica: Scienza e normatività (Catania, 23-25 settembre 2004), pp. 16-17.
[69] Tarski, The Semantic Conception of Truth, trad. it. cit., pp. 29-30. Il passo aristotelico menzionato è in Metaph., IV, 7, 1011 b 25-6.
[70] Come abbiamo visto supra (n. 54), infatti, il linguaggio giudiziario non è un linguaggio formalizzato, né, in alcun modo, formalizzabile.
[71] La locuzione deve essere qui intesa in senso atecnico, nella consapevolezza che nel ragionamento probatorio «non siamo in grado di dimostrare la verità di un’ipotesi accusatoria. Possiamo tuttavia confermarla o infirmarla» (Ferrajoli, Diritto e ragione, cit., p. 123). Per le basi epistemologiche di tale consapevolezza si rimanda evidentemente a K. Popper, Logik der Forschung, Wien 1934, trad. ingl. con nuove note e aggiunte, The Logic of the Scientific Discovery, London 1959, trad. it., Logica della scoperta scientifica, Torino 1995, pp. 21ss., 66 ss.
[72] Anche per un non-corrispondentista come Ferrajoli l’ideale della “perfetta corrispondenza” «è un principio regolativo (o modello limite) nella giurisdizione, così come l’idea di verità oggettiva è un principio regolativo (o un modello limite nella scienza)» (Ferrajoli, Diritto e ragione, cit., p. 24). Occorre precisare tuttavia che per Ferrajoli la verità come corrispondenza con la realtà può fungere da principio regolativo, solo se si intende la nozione di corrispondenza come priva di connotazioni ontologiche o metafisiche, e cioè come indice di una situazione ideale e mai effettivamente realizzata e realizzabile. Quest’accezione della corrispondenza, peraltro, come rileva il Ferrua (Studi sul processo penale, cit., p. 73, e supra, n. 61), appare inutilizzabile ai fini dell’accertamento giurisdizionale, e soprattutto incapace di giustificare quella possibilità di maggiore o minore approssimazione alla verità che pur viene dallo stesso Ferrajoli esplicitamente ammessa (Diritto e ragione, cit., pp. 23-24).
[73] Taruffo, La prova dei fatti giuridici, cit., p. 156.
[74] Cfr. Ferrua, Studi sul processo penale, cit., p. 67: «un enunciato può sempre essere falso, pur ottemperando a tutti i requisiti stabiliti per la sua asseribilità: ‘perfettamente coerente’, ‘ ben controllato’, ‘non falsificato, nonostante la severa confutazione’, o altri predicati epistemici non costituiscono criteri oggettivi, garanzie di verità». Ma si veda anche Damaska, per il quale, «the correspondence theory of truth requires a realistic stance» e, secondo “the realist view of truth”, «what is “really” true need not square with what has been decided to be true; factual findings need not match reality, even though inquiries leading to them were optimally designed. This position, underlying the practice of fact-finding, rebels against weakening the locus standi from which a person, burdened by incriminating evidence, can assert his innocence, despite a consensus as to his guilt» (Damaska, Truth in Adjudication, cit., p. 295).
[75] Cfr., in questo senso, Taruffo, La prova dei fatti giuridici, cit., pp. 272 ss.
[76] Cfr., in questo senso, Comanducci, La motivazione in fatto, cit., pp. 237 ss. Sull’applicazione della teoria della probabilità in ambito giudiziario, si vedano altresì, per la letteratura italiana: A. Giuliani, Il concetto di prova. Contributo alla logica giuridica, Milano 1971, cit., pp. XI s., 231 ss.; Ferraioli, Diritto e ragione, cit., pp. 23 ss., 26-7; C. Besso Marcheis, Probabilità e prova: considerazioni sulla struttura del giudizio di fatto, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 1991, pp. 1119-1163; Taruffo, La prova dei fatti giuridici, cit., pp. 166 ss.; C. Pizzi, Oggettività e relativismo nella ricostruzione del fatto: riflessioni logico-filosofiche, in La conoscenza del fatto, cit., pp. 196-214, alle pp. 210 ss.; Ferrua, Studi sul processo penale, cit., pp. 60, 74; Pastore, Giudizio, prova, ragion pratica, cit., pp. 36 ss., 176, n. 166, 268 ss.; Caruso, “Paradigmi” epistemologici del processo penale, cit., pp. 279 ss. All’interno dell’ampia letteratura internazionale sul tema, si ricorda per tutti il fondamentale saggio di L.J. Cohen, The Probable and the Provable, Oxford 1977, che può essere considerato il tentativo più rilevante nella dottrina contemporanea di concepire il problema dell’attendibilità del giudizio di fatto nella prospettiva di una probabilità irriducibile al calcolo statistico. Sulla natura qualitiva, logica, e non quantitativa, matematica, della probabilità nell’accertamento giudiziario, si vedano in particolare: Giuliani, Il concetto di prova, cit., pp. XI s.; Besso Marcheis, Probabilità e prova, cit., pp. 1161 ss.; Taruffo, La prova dei fatti giuridici, cit., pp. 212 ss.; Pizzi, Oggettività e relativismo nella ricostruzione del fatto, cit., pp. 210 ss. Sul punto si sono pronunciate ultimamente anche le Sezioni Unite della nostra Cassazione penale (11 settembre 2002, n. 30328) con una decisione di grande impegno teorico che, in materia di reato omissivo improprio, ha rinnovato l’approccio giurisprudenziale circa il riscontro probatorio richiesto nella determinazione del nesso causale tra condotta dell’imputato ed evento lesivo. Tra i numerosi commenti si segnalano: L. Nocco, Il “giudizio di alta probabilità logica” nell’accertamento del nesso causale: prime applicazioni, in «Danno e responsabilità», 2003, pp. 1204-1213; A. Di Martino, Il nesso causale attivato da condotte omissive tra probabilità, certezza e accertamento, in «Diritto penale e processo», 2003, pp. 50-64; R. Blaiotta, Con una storica sentenza le Sezioni unite abbandonano l’irrealistico modello nomologico deduttivo di spiegazione causale di eventi singoli. Un nuovo inizio per la giurisprudenza, in «Cassazione penale», 2003, pp. 1175-1204. E’ interessante notare che anche la regola dell’“oltre il ragionevole dubbio”, vigente nel sistema processuale penale di common law, venga intesa nella menzionata sentenza come prescrittiva di un’“elevata probabilità logica” o di un “alto grado di credibilità razionale”. Si veda al riguardo G. Canzio, La regola dell’oltre il ragionevole dubbio come regola probatoria e di giudizio nel processo penale, in L’unità del sapere giuridico tra diritto penale e processo, Atti del Convegno (Bari, 21-22 maggio 2004), a cura di V. Garofoli, Milano 2005, pp. 39-48.
[77] Cfr. al riguardo A. Pintore, Il diritto senza verità, Torino 1996, pp. 24 ss., 33 ss. Sulla distinzione tra significato e criteri di verità, la letteratura è sterminata. Per una sintesi, da un punto di vista logico-epistemologico, si veda la trattazione dei principali orientamenti svolta da S. Haack, Philosophy of Logics, Cambridge 1978, trad. it., Filosofia delle logiche, Milano 1983, pp. 114 ss. e, più recentemente, lo studio di Kirkham, Theories of Truth, cit., pp. 20 ss., il quale ritiene peraltro più appropriato riferirsi alla distinzione tra “theories of truth” and “theories of justification”.