Il silenzio amministrativo
Tra rivoluzione e reazione delle istituzioni
di Torquato G. Tasso

([28]) Quanto appena illustrato trova conferma anche dagli altri principi che sono da un lato il presupposto per la realizzazione dei principi generali appena illustrati e dall’altro inevitabile sviluppo.

La riforma, come illustrata, si può realizzare solo attraverso la previsione di una serie di principi guida dell’azione amministrativa, che disciplinando in modo approfondito gli elementi costitutivi del procedimento, permettono il controllo da un lato, e la maggior comprensione dall’altro, del provvedimento conclusivo.

Innanzi tutto, il principio della trasparenza ed imparzialità della pubblica amministrazione e, conseguentemente a questi, la responsabilità della stessa nei confronti del privato nel caso in cui l’azione amministrativa venga orientata verso fini diversi da quelli propri della comunità o venga comunque posta in essere con l’utilizzazione di mezzi non tassativamente previsti e regolati dalla legge.

Inoltre, viene introdotto un principio, quale quello dell’obbligo della motivazione, che diviene elemento necessario per la compiuta realizzazione dei suindicati principi, oltre ad essere di per se stesso importante baluardo contro l’eccessiva discrezionalità che è una caratteristica costante del modus operandi dello Stato Moderno, almeno secondo la costruzione che i geometri del diritto hanno realizzato. Sul punto la giurisprudenza, valutando la naturale prevedibilità della conclusione di un procedimento amministrativo, ha preso tale concetto a fondamento della valutazione dei danni da comportamento illegittimo: il T.A.R. Puglia Bari, Sez.II, 18/03/2002, n.1512 in Foro Amm. TAR, 2002, 1042 osserva infatti che le regole che vincolano l’attività amministrative devono essere ricostruite e applicate dal giudice nell’attività di ricognizione e valutazione del danno: La tutela risarcitoria dell’interesse legittimo pretensivo – a differenza dell’interesse oppositivo la cui posizione coesiste con la spettanza del bene della vita nella sfera del privato – postula un giudizio prognostico sul prevedibile sbocco del procedimento amministrativo al fine di accertare la fondatezza della pretesa sostanziale dell’interessato. Siffatto giudizio può essere effettuato dal giudice chiamato a pronunciarsi sul risarcimento senza particolari problemi quando l’attività amministrativa da esplicarsi sia vincolata "ab origine" ovvero per effetto del giudicato amministrativo. Qualora invece l’attività amministrativa da estrinsecarsi abbia consistenza di attività discrezionale, il giudice al fine di formulare il giudizio prognostico sulla spettanza del bene di vita, dovrebbe ingerirsi nella valutazioni riservate all’amministrazione, talchè in siffatta ipotesi difetterebbero i parametri stessi alla stregua dei quali il giudice possa prevedere l’esito del procedimento.

([29]) Legge 7 agosto 1990 n. 241, Art. 19:

1. Con regolamento adottato ai sensi del c. 2 dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono determinati i casi in cui l’esercizio di una attività privata, subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, può essere intrapreso su denuncia di inizio dell’attività stessa da parte dell’interessato all’amministrazione competente. In tali casi spetta all’amministrazione competente verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa.

2. Con il regolamento di cui al c.1 vengono indicati i casi in cui all’attività può darsi inizio immediatamente dopo la presentazione della denuncia, ovvero dopo il decorso di un termine fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità degli accertamenti richiesti.

3. Ai fini dell’adozione del regolamento di cui al c.1, il parere delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato deve essere reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Governo procede comunque all’adozione dell’atto.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano nei casi in cui il rilascio dell’atto di assenso dell’amministrazione dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti prescritti, senza l’esperimento di prove a ciò destinate, non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio dell’atto stesso e in ogni caso non possa derivare pregiudizio alla tutela dei valori storico-artistici e ambientali e siano rispettate le norme a tutela del lavoratore sul luogo del lavoro.

5. Restano ferme le norme attualmente vigenti che stabiliscono regole analoghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo.

Per le successive modifiche dell’articolo in esame, vedi le note seguenti.

([30]) Sicuramente interessante risultano essere le valutazioni critiche, anche se allora formulate con riserva in quanto ritenute ancora premature, di M.E.SCHINAIA, Notazioni sulla nuova legge sul procedimento amministrativo con riferimento alla "deregulation" delle attività soggette a provvedimenti autorizzatori ed all’inerzia dell’amministrazione, in Dir.Proc.Amm., 1991, 184 ss.

([31]) Cfr. Decreto Legge 14 marzo 2005 n. 35 convertito con L. 14 maggio 2005 n. 80 art. 3 che, ai fini che ci occupano, non ha modificato il contenuto della disciplina;

([32]) A seguito del Decreto Legge 14 marzo 2005 n. 35 convertito con L. 14 maggio 2005 n. 80 il nuovo articolo 19 L. 241/90 in realtà modifica i termini utilizzati (senza modificare il contenuto) come di seguito:

“Art. 19.

1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste.

L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

2. L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente.

3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato.

4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti.

5. Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

([33]) La definizione è di L. FRANZESE in Il silenzio amministrativo: sovranità o sussidiarietà delle istituzioni? A proposito del libro di Torquato G. Tasso, cit. ed in JUS, Rivista di Scienze Giuridiche, cit..

([34]) In conclusione, si deve dire che, anche in questo caso, il legislatore ha raggiunto un risultato parziale dando vita ad una fattispecie che, se semplifica l’attività amministrativa, pone dei problemi interpretativi non indifferenti. L’art. 19, infatti, da un lato può essere visto come una sorta di semplificazione dell’attività amministrativa, dall’altro come violazione dei principi che sottendono all’attività amministrativa stessa. Quando, infatti, il legislatore ammette che un’attività venga svolta direttamente dal privato, non si comprende se, e in che termini, questo voglia dire che lo stesso ha valutato che quell’attività non sia più un’attività di natura amministrativa o, viceversa, se ritiene che sia un’attività che conserva tale natura amministrativa ma che, per motivi di economicità, viene in qualche modo delegata al privato. Se optiamo per la prima soluzione dobbiamo ritenere che non siamo di fronte ad una figura di silenzio ma alla citata deregulation, e, quindi, che quell’attività non ha natura amministrativa, mentre se optiamo per la seconda soluzione, dobbiamo ritenere che siamo esattamente di fronte ad un silenzio amministrativo che comporta la violazione dei principi generali che la stessa L. 241/90 fissa. Siamo di fronte ad un’attività che, in base ai principi generali della legge, dovrebbe svolgersi con un procedimento in contraddittorio e concludersi con un provvedimento espresso ma che, in realtà, contraddicendo i principi generali stessi, si svolge silenziosamente. Inutile dire che la riforma del settore non si può ritenere così ampia da determinare un radicale sconvolgimento della natura stessa dei rapporti giuridici amministrativi e della relativa attività. Non si può ritenere che l’art. 19 voglia trasformare (unitamente ai decreti attuativi) la materia amministrativa facendo uscire dal novero delle attività di natura amministrativa quelle da questo regolate (e la prova immediata si ha con la previsione del potere di controllo della pubblica amministrazione). Ne consegue che, anche in questi casi, ad ogni modo, si verifica una gestione "silenziosa" dell’attività amministrativa però più diffusa. Ne consegue che il legislatore, per non smentirsi, ha fatto una riforma parziale. Non ha radicalizzato la riforma (e non ha voluto, più probabilmente) rinunciando ad una parte di potere (ossia alla natura amministrativa di una parte dell’attività) ma, anzi, ha esteso le ipotesi di silenzio che, come vedremo, gli garantiscono una riserva di potere.

([35]) Legge 7 agosto 1990 n.241, Art. 20:

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