Il silenzio amministrativo
Tra rivoluzione e reazione delle istituzioni
di Torquato G. Tasso

([10]) Vedi B.DENTE, L’analisi delle decisioni politico-amministrative, in I processi decisionali nelle aziende municipalizzate e di trasporto, a cura di B.DENTE, Milano, 1987, pg. 7.

([11]) Parte della dottrina, in realtà, non concorda su questo, affermando che il voler vincolare normativamente la discrezionalità amministrativa attraverso il procedimento presenta dei limiti notevoli. Innanzitutto questo renderebbe l’azione amministrativa troppo vincolata e rigida; Inoltre si finirebbe per accentrare troppo mentre nel settore amministrativo andrebbe delegato non solo i poteri ma anche la possibilità di regolamentare la propria azione amministrativa; si sottolinea poi che il governo è già responsabile politicamente per la propria azione nei confronti del Parlamento, che ha i mezzi politici di controllo sufficienti; In ultima analisi, specie la dottrina francese, sottolinea che i limiti legislativi non sono necessari perché il governo può già autolimitare la propria discrezionalità. Contro queste obiezioni si pone S.CASSESE La disciplina legislativa del procedimento amministrativo. Una analisi comparata (op.cit.) il quale vede questo intervento del legislatore come necessario, riconoscendo come suo compito primario quello di limitare il potere dell’amministrazione a difesa del cittadino, cosa che l’amministrazione non è preparata a fare.

([12]) Ci riferiamo, ovviamente, al recentissimo Decreto Legge 14 marzo 2005 n. 35 convertito con L. 14 maggio 2005 n. 80;

([13]) Legge 7 agosto 19910 n.241, Art. 2:

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

2. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine decorre dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte.

3. Qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano ai sensi del c.2, il termine è di trenta giorni.

4. Le determinazioni adottate ai sensi del c. 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti.

L’articolo è stato ora modificato dal DL 35/2005, lasciando inalterato però il contenuto sostanziale, come di seguito:

Art. 2.

1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni.

4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l’adozione di un provvedimento l’acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all’acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l’acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2.

5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

([14]) Vedi tra le altre Cons. Stato, Sez.V, 19/07/1989, n.434 in Cons. Stato, 1989, 1, 928 Il giudizio di legittimità del silenzio-rifiuto formatosi in materia di attività vincolata tende a stabilire la fondatezza della pretesa sostanziale dell’interessato, poiché non sarebbe utile imporre all’amministrazione l’obbligo di provvedere esplicitamente su una istanza ictu oculi priva di fondamento. Cons. Stato, Sez.VI, 05/11/1988, n.1197 in Cons. Stato, 1988, I, 1433 Perché l’omissione della p. a. possa portare alla configurazione (esperiti gli ulteriori adempimenti) del silenzio-rifiuto occorre che sussista un obbligo di provvedere dell’amministrazione stessa. Cons. Stato, Sez.IV, 24/11/1986, n.762 in Foro Amm., 1986, 2429 L’annullamento di provvedimenti inoppugnabili rientra nella più ampia discrezionalità dell’amministrazione e pertanto nessun obbligo a provvedere è posto a suo carico, ancorché diffidata dai soggetti interessati.

([15]) Per una attenta analisi delle problematiche attinenti alle due ipotesi di silenzio qualificato vedasi la parte I^ e gli autori ivi richiamati, in particolar modo F.G.SCOCA, Il silenzio della Pubblica Amministrazione, (op.cit.); F. La Valle, Profili giuridici dell’inerzia amministrativa, in Riv. trim. di dir. pubbl., 1962; F.GUICCIARDI, Silenzio e pronuncia sullo stesso ricorso gerarchico, (op.cit.); R.RESTA, Il silenzio nell’esercizio della funzione amministrativa, (op.cit.); U.BORSI, Il silenzio della Pubblica Amministrazione, (op.cit.) e dello stesso autore Il preteso atto tacito nel silenzio dell’Amministrazione, (op.cit.).

([16] ) Per non dire che alcuni autori hanno potuto, alla luce di detto principio, ritenere sussistere la volontà del legislatore di abrogare le precedenti normative che disciplinavano le varie ipotesi di silenzio che gli autori, soprattutto lo Scoca, definivano "qualificato".

([17]) Interessante analisi del rapporto Privato e Pubblico alla luce della normativa sul contratto risulta essere quella di L. FRANZESE Simmetria e asimmetria nel rapporto tra Privato e Pubblica Amministrazione in Diritto e Società, n.1/2 – 1993, 207 ss. secondo il quale la normativa prevista dalla L. 241/90 che prevede la possibile conclusione di un contratto tra Privato e Pubblico e, quindi, un incontro dialettico tra le due figure, in realtà risulta essere nella sua stessa formulazione e previsione contraddittoria, evidenziando ancor più l’incomunicabilità di questi due enti. L’autore ritiene che questo sia la conseguenza della visione "asimmetrica" attraverso la quale il giusnaturalismo moderno è venuto ad elaborare il concetto di sovranità e, conseguentemente, le due figure del Pubblico e del Privato.

([18]) Cfr. Art. 6 e art. 7 L. 142/90 riguardanti rispettivamente gli istituti di partecipazione popolare (art.6) e l’azione popolare, i diritti d’accesso e di informazione dei cittadini (art.7).

Legge 8 giugno 1990 n.142, Art.6:

Partecipazione popolare. 1. I comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione dei cittadini all’amministrazione locale (…) 2. Nel procedimento relativo alla adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati (…) 3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi (…).

Legge 8 giugno 1990 n.142, Art.7:

Azione popolare, diritti d’accesso e di informazione dei cittadini. (…) 3. Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia (…) in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. 4. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi (…) detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione (…)."

Articoli ora abrogati dal recente DLT 18 agosto 2000 n. 267 che all’articolo 274 Norme abrogate, espressamente riporta: 1. Sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:

a) regio decreto 3 marzo 1934, n. 383; (…)

q) legge 8 giugno 1990, n. 142;

e sostituiti dai seguenti:

DLT 18 agosto 2000 n. 267 Art. 8:

Partecipazione popolare. 1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto. 2. Nel procedimento relativo all’adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell’osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. 3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonchè procedure per l’ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini. 4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. 5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.

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