LA TUTELA PENALE DELLA «DIGNITÀ UMANA»: TRA ESIGENZE DI GIUSTIZIA E DI PROTEZIONE DEL BENE GIURIDICO[1]
di Giovanni Caruso

[57] CARRARA F., Programma del corso di diritto criminale, Parte speciale, Lucca, 1873, III, p. 5.

[58] Si vedano gli artt. §§ 186 e 187 dello StGB. V. Codice penale tedesco, trad. e ann. da Pagano, Milano, 1967, p. 123. Struttura analoga presenta anche il codice penale svizzero agli artt. 173-174-177. V., per il relativo testo, ANCEL-MARX, Le Codes Penaux Européens, Parigi, 1971, vol. IV, pp. 195 e ss..

[59] In particolare, nella dottrina italiana sono fautori di questa concezione, MANZINI V., Trattato di diritto penale, Torino, 1964, vol. VIII, p. 590; ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte speciale, Milano, 2002, p. 192 e ss.; SPASARI M., Sintesi di uno studio sui delitti contro l’onore, Milano, 1961.

[60] Per le quali rimando all’ampia trattazione di MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, spec. pp. 14-35; MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., spec. pp. 68-71; SIRACUSANO P., voce Ingiuria e diffamazione, cit., spec. pp. 33-35.

[61] MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., p. 69: “Il sistema mostra inoltre delle lacune. Lascia in primo luogo senza tutela i minori e gli infermi di mente, come tali incapaci di percepire il significato delle espressioni ingiuriose loro rivolte”. Nello stesso senso, MUSCO E., op. ult. cit., p. 14: “Innanzi tutto verrebbero portati fuori della sfera di operatività della norma di cui all’art. 594 c.p. i bambini, i deboli di mente in genere e tutti coloro che, per un qualsiasi motivo (ubriachezza, ecc.), a causa della loro incapacità non sono in grado di «sentire» l’offesa”. Nella dottrina tedesca, HIRSCH H.J., Ehre und Beleidigung, Karlsruhe, 1967, p. 15: “la diminuzione o il mancato sviluppo delle rappresentazioni del proprio valore assumerebbero lo stesso significato di un deperimento o di una mancanza dell’onore”. Per i fautori della concezione «fattuale» nella dottrina italiana, è significativo riflettere sulla coerenza della conclusioni tratte, ad esempio, dallo SPASARI M., Sintesi di uno studio sui delitti contro l’onore, cit., p. 85: “poiché l’offesa all’onore presuppone la esistenza di una personalità morale e sociale è evidente che né l’ingiuria né la diffamazione possono configurarsi là dove si tratti di un individuo talmente infermo di mente o di un infante che si presenti sfornito del tutto di una sia pur rudimentale struttura morale e di ogni esperienza di vita di relazione”.

[62] Così, precisamente, MUSCO E., op. ult. cit., p. 24.

[63] Straordinariamente emblematica, a tale riguardo, è la sentenza del Tribunale di Roma, 21 febbraio 1957, Pannunzio e altri, con nota di GUALTIERI U., In tema di diffamazione di persona disonorata, in La Giustizia Penale, 1957, II, cc. 837-842.

[64] Secondo MUSCO E., op. ult. cit., p. 15, tale tipo di correttivo viene, ad esempio, apportato dal Manzini. MANNA A., op. ult. cit. p. 69, pone il tema interpretativo considerando il caso del soggetto incapace di percepire le offese a riguardo del delitto di ingiuria: “Va tuttavia osservato che, anche se questi soggetti non possono rendersi conto del significato lesivo delle espressioni ad essi rivolte, potrebbe comunque il legale rappresentante agire in loro vece e sporgere querela ex artt. 120 e 121 c.p. […] Ciò, però, presuppone l’adesione alla concezione normativa dell’onore […] e non più alla concezione fattuale, in quanto il soggetto passivo, non percependo l’offesa, non può nemmeno giudicare se la lesione vi è stata o no”.

[65] ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 196: “Si domanda se si tratti di reati di lesione o di pericolo. Il quesito può dar luogo a perplessità , perché tanto il sentimento dell’onore quanto la reputazione sono beni morali, e rispetto a questa categoria di beni non è quasi mai agevole stabilire […] quando si verifichi un danno effettivo o un danno solo potenziale. In conformità all’opinione dominante, noi riteniamo che i due delitti debbano considerarsi di pericolo per la ragione che l’ingiuria […] non esige che il soggetto passivo si sia sentito offeso nel suo onore: abbia, cioè, provato un umiliazione, mentre per la diffamazione non è necessario che il biasimo abbia trovato credito presso coloro che lo hanno appreso, e, quindi, non si esige che la reputazione sia distrutta o diminuita”. Per l’analitica indicazione degli “insuperabili vizi” della concezione fattuale dell’onore, si veda MANTOVANI F., Diritto Penale. Delitti contro la persona, Padova, 1995, p. 256.

[66] Relazione del Guardasigilli al progetto definitivo di un nuovo codice penale, in Lavori preparatori, cit., p. 403: “Tanto il reato di ingiuria quanto quello di diffamazione sono reati di pericolo e non di danno: ossia per la loro perfezione non richiedono che il danno morale si sia effettivamente verificato. In tale concezione il progetto non immuta il codice vigente”.

[67] SPASARI M., Sintesi di uno studio sui delitti contro l’onore, cit., p. 71; nel medesimo senso FORCHINO A., Ingiuria e diffamazione (diritto penale militare), voce del Novissimo Digesto italiano, vol. VIII, Torino, 1961, p. 685.

[68] MUSCO E., op. ult. cit., p. 18.

[69] Per l’esposizione della quale, unitamente alle due versioni «sociale» e «morale», si veda sempre Per le quali rimando all’ampia trattazione di MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, spec. pp. 14-35; MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., spec. pp. 68-71; SIRACUSANO P., voce Ingiuria e diffamazione, cit., spec. pp. 33-35; MANTOVANI F., Diritto penale, cit., pp. 258 e ss.; così definisce il concetto «normativo-morale» dell’onore MUSCO E., Bene giuridico, cit., p. 35:

[70] MANNA A., op. cit., p. 71.

[71] Strenuo fautore della versione sociale della teoria normativa dell’onore nella dottrina italiana è MESSINA S., Teoria generale dei delitti contro l’onore, Roma, 1953, p. 63, ove, pur prendendo posizione contro le «degenerazioni» della dottrina tedesca nel periodo immediatamente antecedente la seconda guerra mondiale, osserva: “In queste affermazioni c’è, a nostro avviso, un solo fondamento di vero consistente nel fatto che l’onore sorge dall’intrecciarsi del complesso delle relazioni sociali; che l’onore ha senso quale fattore di socialità. Una nozione dell’onore non può riguardare l’uomo isolato”.

[72] Su tali temi, si veda spec. MANNA A., op. cit., p. 72: “La versione sociale della concezione normativa contiene, tuttavia, in nuce, il rischio di ben più pericolose «degenerazioni». Per esempio il nazionalsocialismo ha fatto propria la concezione sociale dell’onore, ammesso solo e nella misura in cui l’individuo sia «socialmente integrato»”.

[73] Per i richiami alla dottrina tedesca e italiana su tale orientamento, v. MANNA A., ibidem, MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., p. 35, nt. 63.

[74] MANTOVANI F., Diritto penale, cit., p. 259.

[75] MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., p. 72.

[76] KERN E., Die systematische Abrenzung der Verbrechenselemente bei der Beleidigung, Tubinga, 1912, p. 8.

[77] MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., p. 46.

[78] MUSCO E., ibidem.

[79] MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., p. 73; per una critica dello stesso tenore, MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., p. 20.

[80] MANNA A., Tutela penale della personalità, cit., p. 74: è una soluzione che reputo pericolosa e fuorviante, ove si rifletta sull’importanza del bene dell’onore e sull’insidiosità delle forme della sua violazione nella società contemporanea.

[81] Questa è la soluzione di MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., pp. 93-131.

[82] SEIFERT J., Il diritto alla vita e la quarta radice della dignità umana, in Natura e dignità, cit., p. 203 e ss.

[83] Tribunale di Roma, 21 febbraio 1957, Pannunzio e altri, con nota di GUALTIERI U., In tema di diffamazione di persona disonorata, in La Giustizia Penale, cit. c. 838.

[84] ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte speciale, cit., p. 197.

[85] Per la chiarificazione delle due impostazioni, e per le conseguenze che le medesime implicano sotto plurimi profili dogmatici, rimando a RONCO M., Il problema della pena, cit., pp. 107-205; per ulteriori spunti critici, si veda RONCO M., Principi di diritto penale e certezze del senso comune, cit., pp. 1-28.

[86] FERRAJOLI L., Diritto e ragione, cit. p. 207.

[87] FERRAJOLI L., Diritto e ragione, cit. p. 208.

[88] FERRAJOLI L., ibidem. Secondo l’Autore, (op. cit., p. 209), tutti “e tre i principi riflettono […] un’etica liberale: innanzitutto perché basata sul valore della libertà di coscienza delle persone, sull’uguaglianza del loro trattamento penale e sulla minimizzazione della violenza punitiva; in secondo luogo perché destinata unicamente al legislatore e non ai cittadini, la cui moralità è invece assunta non solo come giuridicamente irrilevante, ma anche come giuridicamente insindacabile”.

[89] Per la trattazione dei profili teorico-generali più rilevanti della tematica del bene giuridico (pur con un’eccessiva enfatizzazione, a mio giudizio, del presunto distacco tra il fondamento teorico ultimo della concezione illuministico-liberale del bene rispetto a quelle successive), e sui passaggi dalla concezione «liberale» del bene di matrice illuministica, alla perdita della cd. «dimensione assiologica» del concetto medesimo nell’involuzione anti-illuministica e antigarantistica della seconda metà del XIX^ secolo, si veda sempre FERRAJOLI L., Diritto e ragione, cit., pp. 460-490.

[90] In questo senso, tra gli altri, MUSCO E., Bene giuridico e tutela dell’onore, cit., pp. 55-131. Non è questa la sede per ripercorrere la complessa storia del concetto di bene giuridico, a riguardo del quale ci si limita quivi a qualche indicazione bibliografica: ROCCO A., L’oggetto del reato e della tutela giuridico-penale, Torino, 1913; PISAPIA G., Introduzione alla parte speciale del diritto penale, Milano, 1948; BETTIOL G., L’odierno problema del bene giuridico, in Riv. It., 1959, pp. 705 e ss.; Id., Bene giuridico e reato, ivi, 1938, pp. 3 e ss.; PAGLIARO U., Bene giuridico e interpretazione della legge penale, in Studi Antolisei, Milano, II, 1965, pp. 392 e ss.; GREGORI G., Saggio sull’oggetto giuridico del reato, Padova, 1978; PULITANÒ D., La teoria del bene giuridico fra codice e Costituzione, in Questione Criminale, 1981, 111; FIANDACA G., Il bene giuridico come problema teorico e come criterio di politica criminale, ivi, 3; ANGIONI F., Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983; SINA, Die Dogmengeschichte des strafrechtlichen Begriffs «Rechtsgut», Basel, 1962; sulla difficoltà di indicare esattamente in cosa consista il concetto di bene giuridico, oltre le mere classificazioni tra concezione liberale, metodologica e critica, ROMANO M., Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 1995, p. 279.

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