LE FICTIONES IURIS
Recensione a F. BRUNETTA d’USSEAUX, Le finzioni del diritto, Giuffrè, 2002, pp. VI—484
di Marco Greggio

Gli esempi sono numerosissimi. Nel codice civile: ex plurimis l’art. 2714 c.c. (per il quale le copie degli atti pubblici spedite nelle forme prescritte da depositari fanno fede come l’originale); l’art. 128 c.c. (il matrimonio putativo); gli artt. 456 e 480 in tema di successioni (pp. 146-47); inoltre la fictio che fa da levatrice alla nascita della persona giuridica societaria (p. 4); quella utilizzata per conferire la capacità giuridica “anticipata” al nascituro (conceptus pro iam natu habetur) e perfino al non concepito, secondo la illustre dottrina che fa capo a Francesco Santoro Passarelli; la fictio dell’acquisto della capacità d’agire con la maggiore età. [16] Nel diritto costituzionale: tra le quali, come sottolinea con mordaci domande Giorgio Oppo, l’art. 41 Cost. (libertà di iniziativa programmata e controllata?, p. 180); l’art. 139 Cost. (perpetuità della forma repubblicana?, p. 181); la disposizione XIII (transitoria o finale?, p. 182). Nel processo civile (il “luogo – secondo Luigi Lombardi Vallauri – della tensione (disperata) tra verità cercata e decisione obbligata, tra verità rigorosa rigorosamente impossibile e chiusura del caso necessaria” [17] ): l’art. 138, 2° comma, c.p.c. (per il quale, se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, la notifica si considera effettuata in mani proprie); l’art. 232 (a mente del quale, se la parte non si presenta a rendere l’interrogatorio o rifiuta di rispondere, il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio); infine, la classica fictio secondo la quale res judicata pro veritate habetur (Ulpiano, Digesto, I, 5, 25).

L’ordinamento presenta, inoltre, alcune fictiones di controversa interpretazione. Tra queste situazioni in limine Paolo Becchi ricorda l’istituto del silenzio-assenso, che nell’ambito del codice civile (artt. 1333, 1236 e 1411 c.c.) e del diritto amministrativo (art. 20, l. 241/1990) si configura, a suo avviso, come presupposizione, mentre nell’ambito del processo di formazione della volontà del soggetto donatore di organi (l. 91/1999) sembrerebbe configurarsi come una finzione giuridica (p. 27). Donato Carusi richiama il principio dell’estinzione della capacità giuridica ed il problema del risarcimento del danno da uccisione (pp. 49 e ss.). [18] Franco Cipriani discorre della ficta confessio, non prevista nel nostro ordinamento ma di cui si è autorevolmente parlato in dottrina [19] a proposito degli artt. 232 e 239, che disciplinano gli effetti della mancata presentazione della parte a rendere l’interrogatorio o il giuramento. Infine, ma l’elenco potrebbe essere lungo, l’art. 309 c.p.c., grazie al quale il processo, dopo due udienze andate a vuoto per la mancata comparizione delle parti, viene cancellato dal ruolo e, dopo un anno dalla cancellazione, si estingue: meccanismo notoriamente utilizzato dalle parti per abbandonare i processi transatti, ma che rende assurdo, appunto perché la controversia giudiziale è già stata risolta dagli interessati, il rinvio ad altra udienza; di talchè spesso si assiste alla paradossale fictio (o, se si preferisce, farsa) nella quale le parti stesse, “presenti” in udienza, scrivono di loro pugno a verbale di essere “assenti” (p. 94).

Da questa (seppur rapida) analisi, si può evincere come l’ordinamento giuridico si fondi (e si è sempre fondato) sulle finzioni giuridiche: il diritto si evolve, e dunque vive, grazie alle fictiones. Quest’ultime hanno permesso, nel corso dei secoli, quella spinta evolutiva del diritto di cui costituiscono determinati fattori la dottrina e la giurisprudenza (p. 116): fattori dinamici in un ordinamento (legislativo) altrimenti “ingessato”, atteso la tendenza dei legislatori di ogni tempo a “mantenere in vigore regole radicate su una realtà socio-politica irriducibile rispetto a quella del loro tempo”. [20] La finzione fa(rebbe) parte – come indicano, tra gli altri, Antonio La Torre [21] e Franco Cipriani – di un modo di essere dell’uomo e può tendere a finalità oggettivamente apprezzabili: difficilmente separabile, quindi, dall’osservanza di regole formali di comportamento; per arrivare al paradosso che la falsificazione sia resa palese a condizione della falsità dei fatti di cui si finge la sussistenza. (p. 114).

La logica del come se fosse appare pertanto necessaria in un ordinamento giuridico, sia di common law [22] che di civl law, pena la sua immobilità. D’altro canto, l’ordinamento che poggia la propria evoluzione e, in ultima analisi, la propria sopravvivenza, sulle finzioni appare quantomeno artificiale (“virtuale”, direbbe Francesco Gentile) [23] . E proprio qui emerge il nodo aporetico che contraddistingue l’uso della fictio iuris e che agita ancor oggi il dibattito dei giuristi. Da una parte le diffidenze verso un procedimento che pur sempre consiste in una falsificazione e, quindi, in un vizio del ragionamento, quantomeno, in una improprietà, un’anomalia, del linguaggio percettivo. Dall’altro la funzione attribuita a quel procedimento, documentata da significative esperienze della storia del diritto, e pertanto radicata nella cultura giuridica, di fattore di progresso nel senso di una giusta risoluzione dei conflitti di interesse.

L’antica esperienza suggerisce, dunque, una rinnovata verità: qui nescit fingere, nescit vivere. Ieri come oggi.

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[1] Cfr. H. KELSEN, Zur teorie der juristichen Fiktionen. Mit besonderer Berücksichtigung von Vaihingers Philosophie des als-Ob (1919), trad. it. a cura di A. Carrino, Dio e Stato. La giurisprudenza come scienza dello spirito, Napoli 1988.

[2] Cfr. Die Philosophie des Als-Ob. System der theoretischen, praktischen und religiösen Fiktionen der Menshheit auf Grund eines idealistichen Positivismus, Berlin 1911, trad. it. nell’edizione abbreviata a cura di E. Voltaggio, La filosofia del “come se”, Roma 1967.

[3] Cfr. F. BRUNETTA d’USSEAUX, Le finzioni del diritto, Giuffrè 2002, pp. VI—484.

[4] Cfr. S. PUGLIATTI, voce Finzione, in Enc. dir., XVII, Milano 1968, p. 658.

[5] Cfr. A. MANZONI, I promessi sposi, rist. Firenze 1989, cap. III, p. 55: “all’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle”.

[6] Cfr. H.S. MAINE, The ancient Law: Its Connection with the Early History of society and its Relation to Modern Ideas, 1861, London 1890, 3 ed., trad. it. Diritto antico, Milano 1998, capitolo secondo (il corsivo è mio).

[7] Cfr. H.S. MAINE, The ancient Law, cit., pp. 21-25.

[8] Per Antonio La torre, tuttavia, ora come allora si è in presenza di un’operazione ermeneutica che trae sempre nuove potenzialità dal testo normativo (cfr. Le finzioni del diritto, cit., p. 144).

[9] Cfr. A. ROSS, Retlige fiktioner (1968), trad. it. in A. ROSS, Critica e analisi del linguaggio, A. FEBBRAIO-R. GUASTINI (a cura di), Bologna 1982, pp. 177-194.

[10] Cfr. A. ROSS, Retlige fiktioner, cit., p. 182.

[11] Cfr. J BENTHAM, The Theory of Fictions, London 1932, trad. it. Teoria delle finzioni, Napoli 2000.

[12] Cfr. W. BLACKSTONE, Commentaries on the Laws of england, 1758-1763, vol. III, p. 43, citato in R. HARRISON, Bentham, London, 1983, p. 28.

[13] Cfr. F. GENY, Science et technique en droit positif. Nuovelle contribution à la critique de la méthode juridique, Paris 1921, pp. 260, 367, 420.

[14] Cfr. H. KELSEN, Zur teorie der juristichen Fiktionen. Mit besonderer Berücksichtigung von Vaihingers Philosophie des als-Ob (1919), trad. it. a cura di A. Carrino, Dio e Stato. La giurisprudenza come scienza dello spirito, Napoli 1988, p. 256.

[15] Cfr. L.L. FULLER, Legal fictions, Stanford 1967. Antonio Gambero da una versione soft di questo peculiare (e dominante) modo di intendere l’ordinamento giuridico: la finzione giuridica acquisterebbe per l’Autore una specificità solo quando è imposta da una autorità munita di potere cogente, sia esso il pretore romano, il giudice inglese, il legislatore, la consuetudine, ovvero il consenso della comunità giuridica (cfr. Le finzioni del diritto p. 135).

[16] “Un uomo di 17 anni e 364 giorni – annota causticamente Luigi Lombardi Vallari – è molto strano che sia diverso da uno di 17 anni e 366 giorni” (cfr. Le finzioni del diritto , cit., p. 149).

[17] Cfr. Le finzioni del diritto, cit., p. 154.

[18] La dottrina del passato scongiurava inconvenienti ascrivendo il momento della morte alla vita (momentum mortis vitae tribuitur), espediente in virtù del quale si verificava la trasmissione ereditaria del diritto al risarcimento in ogni caso, ossia indipendentemente dalla prossimità temporale tra il fatto illecito e la morte della vittima (p. 51).

[19] Cfr. S. PUGLIATTI, voce Finzione, in Enc. dir., XVII, Milano 1968, p. 667.

[20] Cfr. M. LUPOI, Sistemi giuridici comparati. Traccia di un corso, Napoli 2001, p. 76.

[21] Cfr. A. LA TORRE, La finzione nel diritto, in Riv. dir. civ., 2000, I, pp. 315 ss., spec. 319.

[22] Paradigmatica nel common law inglese è l’action of trover, concessa per consentire al proprietario di un bene mobile che ne fosse stato spogliato da un terzo di esperire un’azione più rapida di quella petitoria, considerando il convenuto, autore dello spoglio, come se avesse “trovato” il bene dell’attore (p. 60). Pierluigi Chiassoni ricorda inoltre la sentenza in cui, ai fini della determinazione della propria competenza, una corte londinese finse che l’isola di Minorca fosse una parte della città di Londra (cfr. Le finzioni del diritto , cit., p. 60).

[23] “L’ordinamento giuridico non è reale ma puramente virtuale. Non corrisponde a qualcosa di sostanziale ma è una costruzione artificiale” (cfr. F. GENTILE, Ordinamento giuridico. Tra virtualità e realtà, II edizione integrata da tre codicilli, CEDAM, Padova 2001, p. 9). Secondo l’Autore, il “tentativo di ordinare i fenomeni come se costituissero un ordinamento” compiuto dai geometri del diritto pone il problema del rapporto “tra l’ordinamento giuridico virtuale, quello, per intendersi, costruito dallo scienziato del diritto, dal geometra delle leggi, sulla base della norma fondamentale, l’ordinamento delle Soll-Sätze, e quello che con espressione ambigua, e tuttavia significativa, di Robilant chiama “l’insieme dei fenomeni della realtà” (ivi, p. 10).

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