Cosa resta dell’istituzionalismo giuridico?
di Aristide Tanzi
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[1] Queste pagine riprendono in parte alcuni concetti e temi che verranno pubblicati in un saggio monografico dal titolo Istituzionalismi, Giappichelli, Torino 2003.
[2] Cfr. U. PAGALLO, Alle fonti del diritto. Mito, Scienza, Filosofia, Torino 2002, spec. pp. 161-176.
[3] S. CASSESE, Istituzione: un concetto ormai inutile, «Politica del diritto» 1979, vol. X.
[4] Rinvio ad alcune osservazioni di C. LUZZATI, L’interprete e il legislatore. Saggio sulla certezza del diritto, Milano 1999, spec. pp. 167-185.
[5] G. Lorini, Dimensioni giuridiche dell’istituzionale, Padova 2000, spec. pp. 12-43. Il volume di Lorini contiene notizie utili e aggiornate e una vastissima bibliografia sull’argomento.
[6] N. MACCORMICK – O. WEINBERGER, Il diritto come istituzione, a cura di M. La Torre, Milano 1990. Su alcuni problemi di definizioni cfr. M. LA TORRE, Linguaggio, norme, validità. Una prospettiva istituzionalistica, che appare come appendice (pp. 361-429) al volume indicato. Lo stesso autore ha dedicato al tema tutta una serie di vari saggi, tra i quali rammento M. LA TORRE, Norme, istituzioni, valori. Per una teoria istituzionalistica del diritto, Bari 1999.
[7] Così si esprime M. LA TORRE nel saggio citato, Linguaggio, norme, validità. Una prospettiva istituzionalistica (spec. il paragr. Istituzionalismo vecchio e nuovo. Santi Romano a confronto con Neil MacCormick e Ota Weinberger). Cfr. su questo problema anche il lavoro di F. JAVIER ANSUATEGUI ROIG, El positivismo juridico neoistituzionalista, Madrid 1996, altro testo cui si deve il ritorno all’sitituzionalismo.
[8] Cfr. ad es. F. BELVISI, All’origine dell’idea di istituzione. Il concetto di “collegium” come “persona ficta” in Sinibaldo dei Fieschi, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», 1993, pp. 3-23. Santi Romano, nelle note 29 bis, 29 ter della II ed. de L’ordinamento giuridico (1946) sente la esigenza di distinguere il concetto di istituzione (suo e di Hauriou) da quello di Renard, Gurvitch, Delos e di indicare anche i casi limite nella definizione di istituzione. Invero anche Romano non giunge, né avrebbe potuto farlo, ad una definizione concettuale e linguistica omogenea in quanto, come indica Lorini in Dimensioni giuridiche dell’istituzionale, pp. 14-15, fornisce ben venti esempi di istituzioni le più varie che vanno dalla comunità internazionale allo Stato, dai comuni alle scuole, dalla società rivoluzionaria e dall’associazione a delinquere alle sette religiose scismatiche e alle dinastie regnanti, e così via.
[9] Come risulta chiaramente in G. RENARD, Thomisme et droit social, in «Revue des sciences philosophiques et théologiques», 1934, pp. 1-42, dove viene tentata una rilettura e attualizzazione del pensiero tomista in relazione alle tesi proposte da Gurvitch.
[10] Su alcuni aspetti anche giuridici dei movimenti associazionisti cfr. J. COHEN, J. ROGERS e altri, Association and Democracy. The real utopian Project, ed. E. Olin Wright, London-New York 1995.
[11] Tale distinzione, che ormai fa parte del patrimonio linguistico dei giuristi e della giurisprudenza, sino a qualche decennio fa, nell’ambito della teoria generale del diritto, era soggetta ad una serie di osservazioni critiche. Un esempio lo si può rintracciare in N. BOBBIO, Dell’uso delle grandi dicotomie nella teoria del diritto, «RIFD» 1970, pp.187-204, dove si legge: «…non mi sembra che la nozione di norma di organizzazione sia stata finora approfondita come il suo uso continuo richiederebbe. Né appare immediatamente chiaro il criterio in base al quale questo tipo di norme viene distinto dall’altro tipo di norme, chiamato ‘norma di condotta’, se non altro perché anche le norme di organizzazione per il solo fatto di essere norme sono norme di condotta» (p. 189).
[12] Questo è uno degli aspetti più controversi della teoria di Santi Romano che nel § 30 e § 31 de L’ordinamento giuridico spiega e difende la sua posizione.
[13] Quando parlo di conservatorismo di Romano, non intendo fare riferimento a visioni ideologiche o politiche, ma solo al fatto che Romano riconosce alla dottrina generale del diritto, oltre a varie funzioni, quelle fondamentali di analizzare la sistematicità e organicità delle diverse esperienze giuridiche oggettive al fine di garantire la “conservazione” di quello che è già esistente e realizzato giuridicamente. Per essere più espliciti, malgrado le concezioni da cui parte, considerate come innovative e, all’epoca, viste quasi come eretiche, Romano tende a privilegiare più ciò che è consolidato giuridicamente che il nuovo che si appresta a essere inserito in una futura qualificazione giuridica. Da qui discende anche una sorta di mai rifiutata vocazione “normativista”. Cfr. U. SCARPELLI, Santi Romano, teorico conservatore, teorico progressista (1977), rist. in ID., L’etica senza verità, Bologna 1982.
[14] Ciò non era sfuggito all’intelligenza critica di Gurvitch già nel 1930. Cfr. G. GURVITCH, Les tendances actuelles de la philosophie allemande, Paris 1930, dove il confronto con Hartmann, e anche con Scheler, costituisce il nucleo del volume. Non bisogna dimenticare che, qualche anno dopo, su suggerimento dello stesso Gurvitch, Sartre si recherà a Berlino a studiare con Hartmann. Sulla vasta letteratura
[15] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 91.
[16] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 92.
[17] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 92.
[18] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 94.
[19] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 94.
[20] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 96.
[21] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 97.
[22] Richiamo l’importanza che hanno assunto, nella cultura contemporanea, le suggestioni e i riferimenti che Elias Canetti (1905-1994) ha dedicato al problema della massa in: Massa e potere (1960), Milano 1981; Potere e sopravvivenza (1972), Milano 1974.
[23] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 99.
[24] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 100.
[25] S. ROMANO, L’ordinamento giuridico (1918), Firenze 1951, § 13, p. 43.
[26]
[27] In Friedrich Meinecke (1862-1954), grande storico delle idee del ‘900 ed esponente raffinato di uno storicismo critico e non totalizzante, c’è il richiamo costante alla compresenza di valori antinomici, così come avviene in Hartmann. Si veda, ad es., ne L’idea di ragion di stato nella storia moderna (1924), Firenze 1977, lo svolgersi delle coppie: essere e dover essere, causalità e idea, libertà e necessità, universalità e individualità (p. 2), oppure la contrapposizione tra legge morale e idea di diritto, tra concezioni utilitarie e fini ideali (p. 3), tra l’istinto di potenza e la responsabilità morale (p. 5). Ne emerge la chiarificazione di un concetto come quello di ragion di stato caratterizzato da una «torbida zona intermedia tra istinto e ragione, tra naturale e spirituale, che non può uscire dal crepuscolo né nell’analisi teoretica, né nell’applicazione pratica» (p. 7). È soprattutto qui che – a suo giudizio – lo spirito moderno «vede e sente più acutamente e dolorosamente che in passato le fratture, le contraddizioni e i problemi insolubili della vita, perché gli è andata perduta la fede consolante nella chiarezza e nell’assolutismo degli ideali umani» (p. 443).
[28] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 101.
[29] N. HARTMANN, Etica. Assiologia dei costumi, p. 104.