DIRITTO E DIRITTI NELLA SOCIETÀ TRANSNAZIONALE
di Paolo Silvestri

Problema: in primo luogo, di fronte alle affermazioni di Foucault ci si potrebbe chiedere cosa risponderebbero i fautori della teoria della sovranità del consumatore. La stessa domanda potrebbe essere posta quando la sociologa del diritto tratta del potere delle corporations, là dove è possibile notare una straordinaria somiglianza tra la citazione di Foucault e quella di Galbraith.
In secondo luogo, la conclusione sul ruolo svolto dagli interessi sembra un po’ acritica, se non altro perché, a leggere fino in fondo l’opera di Hirschman, va ricordato come quest’ultimo notava che il concetto di interesse era solo un eufemismo coniato per mascherare le passioni, e metteva in guardia dai pericoli di un mondo governato dall’interesse .

Nel capitolo secondo – "Mercati e globalizzazione. Gli incerti cammini del diritto" – si affronta la "globalizzazione dei mercati" e la "sfida che quest’ultima pone al diritto inteso come struttura che governa il mondo e che garantisce ordine e prevedibilità". Onde sgombrare il campo da un diffuso luogo comune, l’Autrice avverte sin dall’inizio che globalizzazione non significa uniformizzazione (ciò spiega anche perché parla di mercati al plurale, o di "pluralità di mercati"): se "è vero che i processi di globalizzazione tracciano nuove regole e standard comuni che attraversano le differenze, è vero altresì che le differenze non vengono puramente e semplicemente cancellate, ma piuttosto chiamate a interagire con tali standard, producendo esiti di diversificazione dei mercati e dei relativi statuti giuridici secondo linee nuove e inesplorate". Ora, il dato da cui partire, e che si impone alla riflessione del giurista, è che da quando i confini degli stati non segnano più i confini dei mercati bisogna "fare i conti con nuovi modi e nuove fonti di normazione dei mercati, che in gran parte non coincidono più con le sovranità nazionali né hanno necessariamente carattere "pubblico"". Ciò è dovuto al fatto che alla produzione del diritto "partecipano soggetti sempre più numerosi e diversi e sempre meno distinguibili in base alla dicotomia pubblico/privato" (uno degli esempi citato è la WTO). In buona sostanza il diritto si ristruttura "secondo moduli essenzialmente procedimentali che permettono un’immissione crescente di elementi e contenuti variabili, in virtù di spinte informali e privatistiche. E il cambiamento è il risultato di rapporti dialettici che si instaurano tra diversi produttori di diritto (pubblici e privati, statali e sovrastatali o infrastatali) e tra elementi formali ed elementi informali (ad esempio, schemi contrattuali e diversi modi di intenderne l’adempimento, a seconda di usi e costumi locali)".
L’Autrice, tornando poi sull’avvertimento di inizio capitolo, si sofferma sulla funzione di comunicazione che hanno il mercato e il diritto, e per approfondirla utilizza alcuni criteri esplicativi della law and economics e del neoistituzionalismo. Centrale è l’idea che "al di là delle norme positive, siano decisive "le regole del gioco" con cui esse sono chiamate a interagire […] Ogni aggregato sociale è dotato di propri filtri culturali alla luce dei quali legge e applica i vari messaggi normativi ufficiali: i soggetti sono immessi in reti di "significati impliciti", come li chiama M. Douglas, che servono a facilitare la comunicazione e a risparmiare sui costi di informazione". Ciò contribuisce in buona sostanza a spiegare l’accentuata importanza di elementi di natura informale rispondenti appunto a finalità comunicative. Ora, "tra gli strumenti di comunicazione di cui dispongono i soggetti del mercato, il più importante è sicuramente il diritto". Dunque, la globalizzazione dell’economia non implica "unificazione dei regimi giuridici dei mercati, ma piuttosto crescente capacità di tali regimi di comunicare per convergere verso un allargamento degli scambi". "In una situazione di allargamento dei confini delle relazioni economiche, il diritto è pertanto chiamato a svolgere funzioni in parte nuove. Mentre il diritto di impronta positivista era chiamato a svolgere la funzione di un linguaggio scritto, con una propria esclusiva grammatica, oggi il diritto globalizzato si avvicina di più a svolgere il ruolo di una lingua parlata in ambito internazionale: una sorta di passepartout linguistico, che permette di comunicare a persone di diverse nazionalità, ma che ognuno parla a modo proprio, con le proprie inflessioni e costruzioni lessicali. All’interno di questa generale struttura comunicativa, i singoli mercati elaborano i propri dialetti giuridici, piegando a proprio modo, in maniera più o meno significativa, termini ed espressioni del linguaggio comune, registrando impulsi culturali e spinte informali". Tutto ciò rinvia, secondo il parere della sociologa del diritto, a diverse analogie con l’ordine giuridico medievale. A conclusione di queste considerazioni possiamo ricordare la bella immagine con cui si "congeda" l’Autrice: "la giuridicità" appare "sospesa tra una dimensione globale e una dimensione locale, come un lungo millepiedi, che, per toccare gli estremi del globo, ha bisogno di appoggiarsi su tante gambe".

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