POLITICA e DIRITTO
di Andrea Favaro
Scarica l’articolo intero > |
Quante volte sentiamo esprimere critiche nei confronti del sistema politico e, in ambito distinto ma non per questo non collegato, circa la (sempre più lenta del desiderato) tempistica del giuridico. Probabilmente i nessi tra i due ambiti (e i loro rispettivi difetti) son più che avviluppati tra loro, si direbbe paralleli, se non propriamente gemellati di una identità peculiare che palesa comuni origini antropologiche. D’altra parte cosa sia il diritto (e cosa sia la politica), rectius quali termini/confini caratterizzino tali campi del sapere (e dell’agire), è questione di non facile soluzione, oggi come ai tempi di Platone. Quanto appartenga al giuridico (senza afflati politici) e quanto, invece, al politico (senza invadenza nel giuridico) è stato uno sforzo di definizione che probabilmente nessuno ha mai tentato di svolgere, tanto improba si presenta(va) l’impresa. Purtroppo, tale collegamento è anche stato strumentalizzato per rendere il diritto un mero zerbino dell’intento politico e così, dimentico del fondamento antropologico di cui dovrebbe essere costante foriero, immesso nel piano inclinato dell’operatività più bieca. Anche per questo motivo, nel collegamento che l’esperienza quotidiana destina tra fini e mezzi, decifrare una actio finium regundorum è arduo pure all’interno delle monografie, negli articoli, nei contributi che uno studioso ha dedicato all’uno (e quindi all’altro) dei due universi monozigoti, come ben evidenziano nel caso di Francesco Gentile i contributi di “Dottrina” che presentiamo col numero presente (Ayuso, Castellano e Finzi). Se poi si volge lo sguardo all’ambito precipuo ove tale “diversa identità” è messa costantemente alla prova (diritto pubblico in genere, e costituzionale, in specie) scorgiamo orizzonti nuovi (e pure classici) che richiamano alla mente paradigmi comuni ai due universi come libertà, responsabilità e competenza (per citarne solo alcuni) e che nell’ottica di un rinnovato federalismo sono chiamati pure a riconoscere (e non negare) i fondamenti antropologici del mondo occidentale (Delsol). Ed invero il rapporto tra politica e diritto non può non essere rinvenuto proprio nell’attività legislativa ed in specie in quella conseguente (e non meno invasiva) di natura regolamentare, soprattutto in ambiti dove dignità e riservatezza della persona vengono messe alla prova di diritti/doveri pretesi dal soggetto pubblico, sempre meno garante dei componenti della comunità e sempre più attenti a interessi di conservazione della propria esistenza (Zanuzzi).