“Il problema della Lega delle Nazioni”
PRO ET CONTRA
di Arnaldo Volpicelli
Cerchiamo ora di precisare che cosa è mai, in concreto, questa conclusione.
Essa è la seguente: che, nell’attuale Lega delle nazioni, ogni singolo Stato realizza il proprio interesse nella misura corrispettiva al grado suo di potenza nel sistema della collettività; che, adunque, la Società garentisce ad ogni singolo Stato la sua propria potenza, e ciascuno tutela nella precisa misura di quest’ultima. I forti ed i ricchi vi entrano e ne son garentiti in tale loro figura, come nella loro propria figura vi entrano e ne son garentiti i deboli ed i poveri. L’attuale Lega delle nazioni è l’ordinamento giuridico che riconosce, garantisce e conserva l’originaria disparità degli Stati, impedendo appunto ogni modificazione ulteriore del loro originario rapporto di potenza.
E l’asserita pariteticità degli Stati, cioè il principio di eguaglianza sul quale appunto si appoggerebbe la Lega?
Tale principio è quello stesso teorizzato dall’acritico liberalismo: il principio, cioè, dell’eguale diritto a tutti spettante a partecipare alla comunità: alla sua formazione e costituzione, manifestazione e tutela. Principio meramente formale ed in effetti contraddittorio, in quanto assegna a tutti indistintamente i soggetti, vale a dire, senza riguardo alla loro propria e peculiare individualità, alla loro difforme forza e figura, uno stesso diritto: un diritto, adunque, che, inerendo a soggetti intimamente ed infinitamente difformi, non è affatto lo stesso, ma è appunto intimamente ed infinitamente diverso. Esso è identico nella forma, ma diverso nella sostanza.
Il c. d. egualitarismo giuridico del vecchio liberalismo è il più esoso e subdolo mezzo di legalizzazione e cristallizzazione della diversità dei soggetti e del rapporto di potenza intercedente tra essi in un istante del tempo: la garanzia dei forti contro l’ascensione dei deboli e contro il pungolo costituito per essi da quest’ascensione, la garenzia dei deboli contro i forti e contro il categorico imperativo del loro sviluppo e della loro partecipazione allo svolgimento della civiltà umana.
Posto a base dell’attuale Lega delle nazioni, esso è la tutela dell’ingiustizia e della stasi; delle vecchie e ferme potenze imperialistiche contro l’ascendente forza espansiva dei nuovi popoli; delle nazioni organicamente inferiori, ma ricche di territori e di mezzi prepotentemente sottratti all’uso e all’incivilimento comune, contro quelle esorbitanti di forze spirituali ed organizzative, demografiche e tecniche, in flagrante contrasto con la loro povertà ed angustia territoriale.
Esso è la manifestazione eminente dell’ingiustizia contemporanea: il più esoso mezzo di conservazione del privilegio, e cioè di un diritto che pretenderebbe sussistere senza più corrispondere ad un reale possesso ed esercizio d’energie e di funzioni vitali; il più solido e stolido impedimento contro l’insorgere di nuove forze spirituali, che è quanto dire contro il modificarsi e lo svolgersi della comune civiltà.
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D’altronde, com’è attestato dalle circostanze storiche della sua nascita, avvenuta in una con la pace di Versailles, e dalle sopraggiunte defezioni, l’attuale Lega delle nazioni è l’espressione e lo strumento di garenzia dei vecchi imperialismi ormai sazî ed insuscettivi di progresso. L’iniziativa del suo sorgere e la forza del suo conservarsi risiedono appunto nella potenza degli Stati più pingui e, insieme, più stanchi ed incapaci di svolgimento, oltrechè di quelli più favoriti da una serie di fortunate contingenze. Agli uni e agli altri, e ad essi solo, essa garentisce davvero il già raggiunto e fermo grado di potenza: la potenza raggiunta e, insieme, l’ignavia e l’incapacità di sviluppo, mediante l’argine opposto dalla loro coalizione e dal vincolo giuridico alle insorgenti e stimolatrici forze vitali. Di qui la solidarietà degli Stati predominanti e di quelli satelliti, accomunati dall’eguale interesse materialistico alla conservazione della loro intima staticità: della loro integrità territoriale e indipendenza politica nel loro attuale modo di essere.
Ora, se così è, è chiaro anche che le manifestazioni presenti della Lega delle nazioni siano la conseguenza logica e intima dei presupposti teorici su cui si fonda, e niente affatto una degenerazione arbitraria d’elementi esteriori per opera dell’intrigo e della mala volontà. Quanto oggi accade sul terreno pratico è pienamente logico. Quello, cioè, che si indica e si rimprovera come estraneo ed antisocietario imperialismo britannico è, invece, solo e schietto societarismo, giacchè la Lega delle nazioni è la materiale risultante e il diretto organo di tutela dei vecchi imperialismi contro le nuove forze in ascesa. Quel che inoltre si addita e si depreca come prepotente ed incivile rifiuto a collaborare ed immettere nel circolo della vita e dell’uso mondiale le proprie ricchezze naturali, è anch’esso cosa insidente nei presupposti teorici della Lega delle nazioni.
La quale, appunto, consente e vuole l’irrelatività e intangibilità degli Stati, così come sono; sanziona, cioè, il loro diritto al loro isolamento e alla loro stasi; il diritto di determinarsi come vogliono e possono in ordine alle loro disponibilità, che sono, precisamente, affatto proprie ed interne. Ad ogni singolo Stato la garanzia e la conservazione della sua ricchezza presente, sia questa massima o minima, sia quegli civile od incivile: partecipi o si sottragga, cioè, alla dinamica della vita comune. Assicurare il tranquillo sfruttamento dei ricchi, la tranquilla inerzia degli incapaci, a tutto e solo danno dei popoli giovani che debbono pure affermarsi e procurarsi i mezzi per esplicare le loro intime possibilità creatrici, per contribuire cioè allo svolgimento dell’umana civiltà: ecco la natura e il fine della presente Lega delle nazioni.
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