PROLEGOMENI D’INFORMATICA GIURIDICA
di Ugo Pagallo
5. Per una configurazione reticolare del diritto
In piena rivoluzione tecnologica, al cui interno la leggerezza dei bytes affianca e, spesso, è più importante della pesantezza degli atomi, la metafora della rete si è diffusa ed è diventata popolare. Se, negli anni venti del Novecento, si è cominciato a parlare in ambienti ecologici di reti o di catene alimentari, più tardi, verso gli anni Quaranta, con gli studi pionieristici di "cibernetica" – per usare il neologismo di Norbert Wiener -, di John von Neumann, Claude Shannon e Warren McCulloch, l’uso della metafora è divenuto corrente. Negli anni Settanta, la formula si è infatti estesa alle ricerche sulla cosiddetta "rete del cervello" e al campo della neurobiologia, come ad esempio nei lavori dell’allievo di Humberto Maturana, Francisco Varela. Sicché, all’insegna di un "mutamento di paradigma" che esprime la percezione del mondo secondo un vernetztes Denken, giungiamo alla "rete" per eccellenza di internet, che ha decretato il successo planetario della figura.
Anche nel caso del diritto, nonostante la proverbiale prudenza dei giuristi, si è iniziato a parlare più spesso, negli ultimi tempi, di "rete". Laddove la metafora vuole suggerire la regolamentazione normativa delle frontiere tecnologiche del diritto, riprendendo la cifra proposta di recente da Paolo Heritier, i problemi posti dall’utilizzo dei computers conducono ad un piano più interessante d’analisi. Mentre la metafora reticolare dell’ordinamento rispecchia la progressiva informatizzazione del diritto, l’impiego degli strumenti elettronici e dei sistemi esperti revoca infatti in dubbio la natura "neutra" ed "oggettiva" del mezzo tecnico; per cui, come si è detto in precedenza, quando i media dell’interazione comunicativa dei soggetti mettono in mora concetti e categorie con le quali, negli ultimi secoli, la scienza giuridica ha per lo più rappresentato l’ordinamento, si passa dal diritto delle rete alla rete del diritto (ch’è appunto il titolo del contributo di P. HERITIER, La rete del diritto. Materiali per un ipertesto didattico (2001.0), Torino 2001).
D’altra parte, risulta particolarmente significativo il contributo recente di Sabino Cassese in La crisi dello stato (Roma-Bari 2002), in cui il giurista raccoglie una serie di scritti pubblicati tra il 1996 e il 2001. Nel quinto saggio della raccolta, dedicato, et pour cause, a "gli stati nella rete internazionale dei poteri pubblici", dopo aver ribadito la necessità che gli stati si "riposizionino" e "ritrovino la propria identità" nell’odierna globalizzazione dei mercati, Cassese sottolinea che "tutti e tre i principi su cui si reggono gli stati moderni sono così messi in discussione. Il primo, quello per cui la sfera della pubblicità dipende dallo stato, poiché essa è ormai anche legata all’intervento di organismi ultrastatali. Il secondo, quello dello stato come centro, perché al centro, ormai, sta l’Unione [europea]. Il terzo, quello dello stato come unità, perché singole sue parti (alcune branche dell’esecutivo e il giudiziario) operano anche in funzione di interessi ultrastatali" (op.cit., p. 63). Riformulando altrimenti la questione, Cassese giunge a dichiarare che l’ordinamento giuridico si snoda "su più livelli e a rete. In altre parole, alla moltiplicazione dei poteri pubblici non ha fatto riscontro una loro gerarchizzazione, per cui ruoli, compiti e posizioni sono solo parzialmente definiti; non vi sono chiare linee di confine per aree o materie, ma interdipendenza strutturale e funzionale; le procedure non sono sequenze articolate lungo chiare linee di autorità, ma azioni svolte a supporto reciproco" (op.cit., p. 64).
Sulla scorta delle indicazioni del giurista italiano, iniziamo a precisare il modo in cui è stata intesa la metafora della rete, lungo tre prospettive basilari:
a). – In primo luogo, va dato atto a Cassese di aver revocato in dubbio l’idea "neutra" e "oggettiva" della strumentazione tecnica: "non è il procedimento che modula il negoziato, ma il negoziato che plasma il procedimento" (op.cit., p. 132). Sebbene il giurista de La crisi dello stato non presti grande attenzione ai temi dell’informatica nel diritto, rileva come "nel nuovo contesto, insieme multinazionale e comunitario (in senso stretto), gli stati perdono l’impianto monistico e si presentano come aggregati di parti, come pluralità di centri. Tra questi ultimi si stabiliscono nuove relazioni, spesso illustrate con la metafora della rete, espressione istituzionale della diversità del policentrismo" (p. 131). A differenza del tentativo della reductio ad unum implicito nella immagine "piramidale" del positivismo giuridico, la versione reticolare dell’ordinamento precisa una configurazione del diritto come molteplicità "pluricentrica" degli snodi che intessono l’interazione degli uomini;
b). – L’"organizzazione giuridica multilivello" che prende corpo in questo modo, revoca in dubbio la dottrina gerarchica del Grund, che, tra norma fondante e fondata, premessa maggiore e minore del caso concreto, contempla unicamente il momento unidirezionale che va dalla fattispecie astratta all’applicazione della legge. Secondo la nuova prospettiva suggerita dal Cassese, "tra i diversi livelli si stabilisce una triplice circolazione: dall’alto verso il basso, attraverso lo strumento più noto, quello della armonizzazione comunitaria dei diritti nazionali; dal basso verso l’alto, grazie all’integrazione delle tradizioni giuridiche costituzionali nel diritto comunitario; orizzontalmente, a mezzo delle scelte tra i diversi ordinamenti consentiti da mutuo riconoscimento" (La crisi dello stato, cit., p. 130: gli esempi utilizzati dal Cassese per l’ordinamento dell’Unione europea – con i contratti di scambio per l’alta velocità, le misure correttive per le telecomunicazioni e la ricerca di un diritto nazionale più favorevole -, possono essere estesi alle fattispecie disciplinate dal principio di sussidiarietà in alcuni stati membri);
c). – Infine, mentre la metafora della piramide implica tradizionalmente i rapporti di gerarchia impliciti nella ripartizione statica delle competenze e nell’unidirezionalità delle relazioni tra regola e regolato, l’immagine reticolare del diritto suggerisce invece una "moltiplicazione dei poteri pubblici" che sfugge più spesso alle gerarchie tradizionali. L’"interdipendenza strutturale e funzionale" tra i diversi snodi della rete comporta una ripartizione dinamica delle competenze, per cui, come nel caso della sussidiarietà, "ruoli, compiti e posizioni sono solo parzialmente definiti" e "non vi sono chiare linee di confine per aree o materie". Ciò che dal punto di vista more geometrico constructo dell’ordinamento può apparire un attentato al principio di certezza del diritto, secondo questa nuova prospettiva, risulta indice della capacità autoregolamentativa dei soggetti (come nel caso emblematico dei codici di disciplina internet).
Tuttavia, nonostante le brillanti intuizioni del giurista, le annotazioni reticolari del Cassese sembrano essere condizionate, a differenza di quelle di Paolo Heritier, da un presupposto del vecchio paradigma. Sebbene questo autore rimarchi (giustamente) la crisi delle categorie con cui si è rappresentato negli ultimi secoli l’ordinamento, sottolineando il venir meno dell’identità tra sfera pubblica e stato, tra diritto e volontà sovrana, in La crisi dello stato Cassese sembra oscillare tra la terminologia della rete e la tradizione anglosassone del governance e dell’"arena pubblica". Al momento di definire il significato che qualifica giuridicamente i temi dell’integrazione comunitaria, il giurista italiano torna infatti alla vecchia nozione di "centro": "al centro" – spiega appunto Cassese -, "non c’è più lo stato, ma l’Unione, che opera, però, secondo il modello della ‘indirect rule’, del ‘governo’ attraverso altri ‘governi’" (op.cit.).
Le conclusioni del Cassese, del resto, non sono nuove, e corrispondono sostanzialmente alla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, ma anche del Bundesverfassungsgericht tedesco, che, nelle loro sentenze, specie in relazione alla tutela dei diritti dell’uomo in ambito comunitario, hanno sostenuto la tesi che l’ordinamento dell’Unione è da intendersi, al pari degli stati membri, sempre e solo, sulla base del principio di sovranità. Lasciando da parte quello che in Testi e contesti dell’ordinamento giuridico ho battezzato come "dottrina della legittima violazione dell’articolo 235" del trattato comunitario (cfr. op.cit., pp. 178 ss.), rimane tuttavia l’incongruenza di una rappresentazione reticolare del diritto che, per quanto, e per ciò stesso, è disposta a sottolineare l’"aggregazione di parti", l’"interdipendenza funzionale e strutturale" tra gli snodi dell’insieme, il "mutuo riconoscimento" e la "pluralità dei livelli" orizzontali e "dal basso verso l’alto" che alimentano l’interazione comunicativa del sistema, seguita non di meno a pensare il diritto come se avesse ancora un "centro" (evidentemente non più a Roma, ma da qualche parte tra Bruxelles, Francoforte e Strasburgo).
L’incoerenza dell’illustre giurista italiano diventa tanto più significativa, se poi si pensa che la metafora della rete, dall’ecologia alla cibernetica, alla neurobiologia, serve a denotare precisamente quanto in realtà non ha "centro". Come dimostra internet, cioè, l’emblema stesso della rivoluzione tecnologica in corso e modello dei processi d’informatizzazione del diritto, il web nasce con il dichiarato intento di creare un reticolo comunicativo tra i comandi delle forze armate nordamericane, per evitare la minaccia della distruzione di un singolo terminale decisivo. Da questo punto di vista, occorre anzi precisare che proprio la non linearità del feed-back loop cibernetico, le reti neurali e finanche la matematica dei frattali ideata dal Mandelbrot, delineano un modello alternativo alla visione "centralista" cara ai giuristi, che, in sede logica, ricapitoliamo con la configurazione relazionale, e non gerarchica, della categoria di Grund. Allo stesso modo in cui non c’è fondamento che fondi, senza essere condizionato, così, il "reciproco condizionamento" di regola e regolato, principio e principiato, suggerisce la prospettiva lungo la quale si dovrà concepire l’odierno paradigma post-sovrano.
La peculiare relativizzazione del concetto di "centro" che comporta la versione reticolare del diritto, non implica infatti che gli snodi della rete siano tutti eguali e che i tradizionali centri decisionali dell’ordinamento, rappresentati secondo le forme dello stato nazionale sovrano, siano votati, per ciò stesso, all’estinzione. Come si è dato avviso sin dalla prima edizione di Testi e contesti, possiamo ribadire che "quest’ultima conclusione, è chiaro, non vuole certo significare che, con il concetto di sovranità, sia destinata a tramontare anche la figura dello stato nazionale. Anzi, la natura singolare del processo in corso, dipende proprio dal rapporto tra le nuove e necessarie competenze infra e sovranazionali connesse all’esperienza ‘sociale’ dello stato contemporaneo, e la tenuta democratica del principio di sussidiarietà, che non può non esaltare la funzione mediatrice che i tradizionali centri di autorità, individuati ancora tramite il criterio della ‘divisione dei poteri’ dello stato sovrano, sono chiamati a svolgere tra ambiti infranazionali, cioè a dire ‘regionali’, e scala comunitaria (…). Così, la riconfigurazione delle competenze istituzionali, avvenuta in concomitanza del nuovo paradigma giuridico, può offrire l’opportunità di valorizzare il ruolo di organi fin qui oberati, o paralizzati, da compiti tecnici e amministrativi richiesti dal fine assicurativo dello stato contemporaneo; e quindi, senza certo dimenticare la profonda diversità che caratterizzano a questo proposito la Francia e il Regno Unito, la Germania e l’Italia, la delegificazione connessa alla crisi dello stato sociale e alle esclusive mansioni comunitarie, sembra rappresentare, in realtà, occasione propizia affinché il Parlamento riscopra la propria e più autentica vocazione politica (già in rapporto alla stessa revisione dei Trattati dell’Unione e all’acquis comunitario)" (Testi e contesti dell’ordinamento giuridico [1997], cit., pp. 160-161).
La rappresentazione reticolare dell’ordinamento che si prospetta con i temi della informatica giuridica, abbandona il concetto di "vertice" tipico dei modelli teorici imperniati sul principio di sovranità, e analizza il significato dei vecchi e nuovi centri decisionali con il concetto chiave di "nodo". Affrontando le nuove frontiere tecnologiche del diritto secondo questa prospettiva, l’elemento costitutivo della rete coglie infatti il genus proximum delle fattispecie maturate a seguito della informatizzazione del diritto, secondo quel denominatore che hanno in comune i (per ora contrastanti) fenomeni emersi dall’indagine del Cassese, vale a dire, la presenza di "centri decisionali" di potere che implicano il "mutuo riconoscimento" tra le parti del tutto; e il permanere di rapporti orientati gerarchicamente con "il passaggio da una struttura ordinata dall’alto a un congegno autoordinantesi". La figura del nodo evidenzia il modo in cui i media elettronici mettono in discussione la tradizionale versione geometrica delle istituzioni e riconfigurano il principio fondativo del diritto nel senso, appunto, di una "rete". Al fine di precisare come la rappresentazione reticolare del diritto sfugge alle aporie della scienza giuridica contemporanea, mostrando il crinale lungo il quale le relazione gerarchiche del sistema sono compatibili con la reciproca dipendenza tra le parti dell’insieme, si tratta di studiare più da vicino una figura, il cui significato affonda le radici in un lontano passato.