I principi sociali come struttura fondamentale
della società moderna: personalità, solidarietà e sussidiarietà
di Wilhelm Korff e Alois Baumgartner
Ludwig-Maximilians-Universität – München

1. Personalità come principio sociale
Innanzitutto è da rilevare che il concetto di “persona” acquisisce un ruolo chiave come termine di rilevanza etica soltanto nel processo della riflessione della modernità. La pretesa di corrispondere ad ordinamenti dati, non basta più e richiede perciò anche la pretesa di gestire questi ordinamenti in modo tale che, viceversa, anch’essi “corrispon-dano all’uomo”. L’ultimo criterio per l’ordinamento diventa, quindi, l’uomo stesso, e precisamente nella sua indisponibilità come persona. In questa chiave si parla anche di dignità umana, distinguendo così il valore indisponibile, che si deve riconoscere all’uomo in quanto persona, da quel valore sempre relativo, di equivalenza che viene attribuito alle caratteristiche umane e alle sue prestazioni. A buon diritto, Kant distin-gue perciò tra il prezzo e la dignità: «Nel regno dei fini, tutto ha un prezzo o una dignità. Ha un prezzo ciò al cui posto può esser messo anche qualcos’altro, di equivalente; per contro, ciò che si innalza al di sopra di ogni prezzo, e perciò non comporta equivalenti, ha una dignità» . [42]Quest’ultima, appunto, appartiene all’uomo in quanto persona. Solo l’uomo è un soggetto morale e capace alla auto-riflessione e all’auto-trascendimento verso altri e verso “altro”. Per questo egli è «persona» e perciò «fine a se stesso» . [43] Contrariamente, le strutture sociali dell’ordinamento della società si contraddistinguono per avere esclusivamente funzione strumentale, nonostante le loro differenziazioni e molteplicità dei fini proseguiti attraverso essi. Le istituzioni sociali sussistono per amore della persona e non viceversa. Esse derivano la loro giustificazione morale soltanto dal fatto di essere le condizioni funzionali per lo svolgimento e per lo sviluppo dell’essere personale dell’uomo. In questo senso, ora bisogna trattare del principio personale come principio sociale. Un’interpretazione-guida di questo nesso etico-strutturale viene fornita dalla Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II Gaudium et spes: «la persona umana […] è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali» .[44] Questa definizione lapidaria del Concilio Vaticano II ci conduce ad un’ulteriore esplica-zione di ciò che comprende il principio personale in quanto principio sociale. Questa definizione afferma qualcosa di fondamentale della natura delle istituzioni sociali, del-le strutture sociali e della gestione di strutture, e precisamente la dimensione che non si tratta di fatti naturali, non sono programmi biologicamente predeterminati, e nem-meno ordinamenti essenzialistici avulsi dalle categorie di spazio e tempo, ma costru-zioni umane disposte secondo condizioni varie, molteplici. Sono prodotti della persona humana: devono garantire e rendere possibile il suo svolgimento e la sua realizzazio-ne, ma ugualmente possono anche sottometterla e ostacolare il suo sviluppo. Con il loro carattere di essere “costruzioni”, artifizi, essi sono collocati, in linea di massima, all’interno dell’ambito del compito dell’uomo che deve evolversi e “autosvolgersi”: è qui che essi si evincono come entità mutabili e gestibili. Allo stesso tempo, è unica-mente il ricorso al principio della persona come criterio invalicabile e definitivo ciò che rende possibile un giudizio etico su di esse.
Proprio in questo ricorso, elaborato dal Concilio Vaticano II all’interno delle sue defini-zioni, si cristallizza lo specifico moderno dell’argomentazione etica: la fondazione della pretesa etica nella dignità umana crea le condizioni per l’estensione della domanda e-tica dal livello personale d’azione a quello della gestione strutturale dell’ordinamento e delle istituzioni. Non c’è soltanto un agire buono o cattivo orientato alle strutture so-ciali date; buone e cattive possono essere anche le strutture sociali stesse che deter-minano l’agire umano, con le loro norme, istituzioni, leggi e prescrizioni. Infatti, ora non si tratta più della domanda etico-sociale tramandata ossia di un’etica della virtù e dell’interazione, dispiegata in chiave sociale, ma originariamente di un’«etica sociale strutturale» (A. Rich). Anche le strutture sociali stesse non si lasciano più definire come eticamente neutrali. Essi sono prodotti dell’uomo e perciò parte inestinguibile della prassi umana, da indirizzare e da giustificare nei confronti della pretesa universale del-la dignità umana.
Con questo, ci si pone la domanda ulteriore, come la pretesa della dignità umana pos-sa essere inserita nelle strutture sociali e come essa possa essere fatta valere all’interno di quest’ultime. Innanzitutto bisogna partire dal fatto che la dignità umana, in linea di principio, è riferita all’uomo concreto negli aspetti empirici e cioè naturali, storici e cul-turali della sua esistenza. Il rispetto per la dignità umana, quindi, ha a che fare necessa-riamente con condizioni concrete di sviluppo, come esse risultano dalla determinazio-ne dell’uomo alla libertà, dalla sua capacità di assumersi la responsabilità, della sua a-pertura alle possibilità di autosviluppo e di realizzazione, e dei suoi bisogni individuali e sociali, delle sue aspettative e delle sue necessità. L’idea di dignità umana si collega, perciò, con la pretesa di assicurare i beni e la difesa di diritti. Parlare della dignità uma-na, delle pretese per il riconoscimento della stessa, ma anche delle possibilità di in-frangerla, significa prendere di mira le molteplici dimensioni che appartengono alla conditio humana. La pretesa semplice, indivisibile della dignità umana nel singolare si concretizza necessariamente in un plurale di pretese umanamente condizionate nel senso di diritti della persona come diritti dell’uomo. I diritti dell’uomo cercano di esige-re a livello sociale, al livello cioè delle strutture istituzionali e delle gestioni dell’ordinamento, ciò che è imposto dalla dignità umana stessa.
Proprio così, però, si realizza una prospettiva nuova. I diritti umani si riferiscono alle forme di strutturazione della società. Solo per la via dell’evoluzione e dello sviluppo di questa società, delle sue istituzioni sociali e dei suoi ordinamenti si possono assicurare quelle pretese ancorate nell’idea di dignità umana, che hanno trovato la loro espres-sione in un processo storico lungo, sicuramente non ancora concluso, come diritti in-dividual-liberali, come diritti sociali di partecipazione e come diritti solidali di aiuto so-ciale. Proprio questa relazione etica di fondazione e di rimando reciproco tra la dignità umana e i diritti umani da un lato, e tra i diritti umani e le strutture sociali dall’altro, rende immediatamente evidente che la pretesa della dignità umana è di un’importanza chiave nei riguardi di una strutturazione del mondo sociale che sia eti-camente giustificabile. Il principio della “personalità” (la persona come centro) precede tutti i processi sociali e le strutture in modo normativo, e si realizza ormai anche al li-vello giuridico in un modo sempre nuovo.
Ebbene è proprio questo il principio che in ultima analisi sta alla base della costituzio-ne della Repubblica Federale Tedesca come fondamento etico e sul quale è basato il suo intero ordinamento giuridico: «La dignità dell’uomo è intangibile. È dovere di ogni potere statale rispettarla e proteggerla. Il popolo tedesco riconosce gli inviolabili e ina-lienabili diritti dell’uomo come fondamento di ogni comunità umana, della pace e del-la giustizia nel mondo» .
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2. Solidarietà come principio sociale
La realizzazione politico-sociale della pretesa della dignità umana in nessun periodo storico si è svolta senza tensioni e conflitti. Infatti questa realizzazione presupponeva sempre la formazione di movimenti sociali attivi e si è palesata fino ad oggi come il ri-sultato di battaglie. Se si analizza la storia europea della modernità, si possono con-traddistinguere tre linee di sviluppo differenti, nonostante gli intrecci, contrapposizio-ni e ritardi che si sono storicamente verificati.
In una prima linea di sviluppo si trattava dell’imposizione e della garanzia politico-sociale della libertà individuale e dell’autodeterminazione. Così sono state distinte le faccende pubblico-giuridiche dalla sfera della realizzazione personale privata. Si divi-deva il potere sovrano dello Stato dalla sfera della libertà sociale. Sembrava che la pre-tesa della personalità si potesse realizzare solo respingendo le pretese travalicanti del-la sovranità tradizionale. In concreto, ciò si è realizzato nella lotta per la libertà di co-scienza e la libertà religiosa, per la libertà di opinione e di stampa, per la libera scelta della professione, per la libertà imprenditoriale e infine per il diritto di proprietà priva-ta come dimensione di libertà.
In seguito, l’idea dell’autodeterminazione personale è stata connessa con la domanda di legittimazione del potere politico. Questo è il tema del secondo filone di sviluppo. I diritti liberali individuali si sono così allargati ai diritti politici di partecipazione. Il pote-re politico non viene compreso più come una parte contrapposta alle chances perso-nali di autosviluppo, ma diventa esso stesso il luogo della responsabilità dell’uomo per le norme (Gestaltungsverantwortung). In questo modo, quelli che sono sottomessi al potere politico diventano allo stesso momento il suo soggetto e portatore. Non a caso questi movimenti borghesi pioneristici di libertà e democrazia, indirizzati alla ri-chiesta delle pretese umane in generale vengono supportate da una coscienza del gruppo di appartenenza, di un “sentimento-noi”, che si esterna adeguatamente in concetti appellativi come uguaglianza e fratellanza e poi prevalentemente nel concet-to della solidarietà. Proprio questo concetto di solidarietà, coniato solo nella fase tarda della Rivoluzione Francese, evidenzia qualcosa che fino ad oggi associamo ad esso, e che lo rendeva un concetto di appello etico-politico e poi, finalmente, un principio so-ciale: la solidarietà significa l’essere l’uno per l’altro, il farsi garanti a vicenda, nella pro-testa contro condizioni che sono contrapposte allo sviluppo anche sociale della condi-tio humana.
Ovviamente si evidenziava ben presto l’illusione di poter realizzare la pretesa della di-gnità umana della persona soltanto grazie ad un farsi garante reciproco e solidale per i diritti liberali individuali e per i diritti politici di partecipazione. La grande rivoluzione industriale del XIX secolo si è svolta senz’altro nel segno proprio di questi diritti liberali e portò alla fine, nonostante tutto, ad una situazione sociale con tratti evidentemente inumani. La garanzia dei diritti individuali liberali di per sé, a questo punto, non impe-diva in nessun modo il nascere di asimmetrie sociali, ma le rinforzava, al contrario, in una misura imprevista. L’ideale di una società di uguali e liberi sfociava ben presto nel-la realtà di una società sempre più disintegrata. Se prima il problema era la pretesa as-solutistica del potere statale, che si doveva superare per amore delle possibilità di svi-luppo dell’individuo, ora si pone il problema di una formazione specificamente nuova di strutture di dominio dotate di un potere notevole nello spazio della società. Questa è la costellazione che fino ad oggi si connette con il concetto della questione sociale. Con essa comincia – e così inizia la terza linea di sviluppo nella lotta per la realizzazione della pretesa della dignità umana – la formazione di un nuovo tipo di movimenti socia-li indirizzati alla liberazione dei gruppi emarginati, specialmente dei lavoratori salariati. Proprio in questo clima di spaccatura, di rivolta sociale e di combattimenti sociali, ora anche il termine solidarietà diventa in un nuovo modo la parola di battaglia e lo slo-gan. Essa è indirizzata, ora, nei confronti dei socialmente deboli, degli sfruttati e degli emarginati. L’idea di solidarietà acquisisce, così, una integrazione ed un ampliamento necessari. Ora, con essa, al centro dell’attenzione non sta più l’uomo come un essere indirizzato alla libertà individuale e alla partecipazione politica, ma anche come un es-sere per la cui realizzazione in termini di dignità sono elementari pure la sussistenza di condizioni elementari di sopravvivenza e di autosviluppo. La battaglia per i diritti fon-damentali dell’uomo, condotto nel segno della solidarietà, ora diventa una battaglia per i suoi diritti di pretesa sociale.

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