EPISTEMOLOGIA E METODO DEL DIRITTO CANONICO IN KLAUS MÖRSDORF.
SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE.
di Costantino-M. Fabris
(Studium Generale Marcianum – Venezia)

4. Il metodo proprio del Diritto canonico.
Se l’approccio del canonista tedesco ha dato un deciso contributo allo sviluppo della definizione epistemologica del diritto canonico, ciò che ancora rimane in gran parte irrisolto, riguarda la questione metodologica relativa al diritto della Chiesa .
[33]Se la scienza giuridica secolare, ha un proprio metodo di trattazione ,[34] quale deve essere quello del diritto canonico alla luce delle sue peculiarità di scienza teologica?
Il maestro monacense, infatti, nella definizione più sopra ricordata, afferma che il metodo della canonistica è quello giuridico; ma come conciliare tale lapidaria affermazione con il fatto che teologia e diritto sono scienze differenti tra loro, e che quindi richiedono differenti metodi di analisi propri?
Avvertiamo subito che la questione rimane in Mörsdorf in gran parte irrisolta; gli stessi discepoli del grande maestro, hanno criticato tale definizione, ritenendola inadeguata .
[35] Anche in questo caso è bene tener presente che l’aggettivo “giuridico” non può essere inteso nel medesimo senso con cui esso viene utilizzato dalla scienza giuridica secolare: esso va infatti letto nel contesto della definizione di diritto canonico data da Mörsdorf, per il quale il diritto della Chiesa è una disciplina teologica, ma con metodo proprio. Infatti, la giuridicità del diritto canonico, distinguendo tale diritto dalla teologia, al tempo stesso lo rende non assimilabile alla scienza giuridica secolare, la quale si basa in parte su principi del tutto differenti.
La principale caratteristica propria della scienza giuridica canonica, consiste nel fatto che essa si rifà ai principi contenuti nel Ius divinum, che risultano sconosciuti alla scienza giuridica secolare ; [36]
tale circostanza rende il diritto canonico una scienza alla quale può essere applicato un metodo di indagine giuridico, ma con tutte le particolarità che l’analisi di un diritto di origine divina richiede. In questo senso è necessario che il canonista possieda una buona e solida conoscenza teologica, indispensabile per poter correttamente comprendere quelle realtà giuridico-ecclesiali, che discendono dalla costituzione divina della Chiesa. Ecco che ci pare assai opportuna la precisazione fornita da Cattaneo, il quale ricorda come: «la canonistica, quale disciplina teologica, sebbene proceda “sub lumine Revelationis” con la ragione illuminata dalla fede, si distingue dalle altre discipline teologiche per la prospettiva specifica nella quale studia un determinato aspetto della Chiesa» . [37] Il Diritto canonico trae la sua specificità dal fatto che esso è lo strumento giuridico, indispensabile per ogni società umana organizzata, che regola la vita della “comunità Chiesa”. Essendo tale comunità (Chiesa) del tutto particolare, in quanto essa è al tempo stesso una società terrestre e celeste, così pure il diritto che le è proprio parteciperà di tale duplice dimensione. Esso ha infatti origine da norme di natura divina, che si proiettano anche sulla dimensione terrestre; l’essenza del diritto canonico, partecipa quindi della essenza della società alla quale fa riferimento, e l’essenza della Chiesa essendo duplice, richiede che pure il suo diritto partecipi di tale duplicità. Ecco che la giuridicità del diritto canonico, essendo inserita in una società caratterizzata da una duplice dimensione, sarà essa pure di duplice natura: divina ed umana . [38] In conseguenza di ciò il metodo di analisi del diritto canonico, sarà certamente giuridico, ma rientrerà al tempo stesso tra le scienze teologiche, in quanto disciplina che si inserisce nella vita della Chiesa, vita che è assolutamente particolare ed unica rispetto alla vita di ogni altra comunità umana.
L’essenza, la natura della Chiesa, per essere pienamente compresa, non può privilegiare un aspetto a discapito dell’altro, così pure il metodo della canonistica dovrà sempre approfondire i due aspetti contemporaneamente presenti nel Diritto che è oggetto del proprio campo d’indagine.
In una raccolta di saggi che è oramai da considerarsi un classico del Diritto canonico , [39] il prof. J. Hervada, uno dei massimi esponenti della cosiddetta “Scuola di Navarra” ,[40] dedica un capitolo assai interessante al metodo del sapere canonistico . [41] Il grande canonista spagnolo ritiene, e non si può non giudicare corretta tale sua impostazione, che il sapere canonistico si articola su tre livelli: prudenziale, tecnico-scientifico (o fenomenico) e fondamentale (od ontologico). Ciascun livello richiede differenti metodi di approccio. Ritengo che, se si vuole effettuare una seria analisi di ciò che pure K. Mörsdorf intendeva per metodo del diritto canonico, si debba fare riferimento essenzialmente al terzo livello indicato da Hervada, ovvero quello fondamentale-ontologico. Infatti, seppure l’accostamento tra questi due autori potrà apparire forzato, stante la contrapposizione attribuita dalla più recente storiografia del diritto canonico tra le due “scuole” di cui gli autori che qui ci occupano sono stati i fondatori, tuttavia tale accostamento ci sembra poter essere assai tranquillamente svolto, proprio con riferimento al metodo da applicarsi al livello ontologico-fondamentale della canonistica.
«Il terzo livello della conoscenza canonica è il livello fondamentale od ontologico. Esso riguarda il diritto canonico nelle sue cause ultime e nella sua essenza intima, nel senso che studia il diritto canonico alla luce del Mistero della Chiesa» . [42] » . Se dunque si potrà discutere all’infinito, e probabilmente senza una soluzione univoca, sulla definizione di diritto canonico, se cioè esso sia, come sostenne Mörsdorf, una disciplina teologica con metodo giuridico, o invece, una disciplina giuridica, pur del tutto particolare, al contrario, sarà più facile ottenere una convergenza sul metodo di analisi di tale particolare scienza.
I più potranno certo considerare tale mia ultima affermazione erronea, principalmente per il fatto che sarà ben difficile decidersi sul metodo di analisi di una scienza, senza prima averne dato una definizione, e certamente potrò concordare con tale critica, a patto che mi si dica quale scienza gode oggi (o ancor più ha goduto in passato) di una definizione univoca. Non per mancanza di una definizione, sempre difficile, sempre imprecisa per quanto approfondita, si dovrà rinunciare ad affinare un metodo di indagine ed analisi della stessa, fosse solo per arrivare a specificare sempre meglio la definizione che si vuole dare di quella determinata scienza.
Certamente il diritto canonico non è il diritto civile, né, ritengo, la mancanza di una definizione può far cadere in confusione; è chiaro che il diritto canonico è il diritto della Chiesa cattolica. Sarei tentato di proseguire in ulteriori specificazioni, ma cadrei in contraddizione con l’affermazione fatta poco sopra.
Ritorno quindi all’aspetto del metodo della scienza canonica, applicato al suo livello ontologico-fondamentale; esso: «Esamina la realtà canonica – la realtà giuridica della Chiesa – in se stessa, ben oltre le fonti di positivazione e di formalizzazione, sicchè indaga e studia il diritto canonico nelle sue radici e cause ultime, e nella sua più intima essenza. Il suo sguardo coglie il Mistero della Chiesa e contempla la realtà giuridica della Chiesa alla luce di quanto si deduce dal Mistero stesso» .
[43] Il metodo da applicarsi alla analisi del livello ontologico-fondamentale del diritto canonico, parteciperà dunque di due scienze: diritto e teologia; esse saranno costrette ad entrare in dialogo, per far luce sul diritto della Chiesa, per aiutare a meglio comprenderlo nella sua essenza ultima.
Il canonista, oltre ad una preparazione giuridica, dovrà possedere una preparazione teologica; e non sarà ancora sufficiente, egli dovrà utilizzare questi due strumenti nel suo quotidiano lavoro, a qualsiasi livello lo svolga: come giudice, come pastore, come avvocato, come studente ecc.
Sulla disciplina dedicata allo studio delle questioni fondamentali di base del diritto canonico, che dunque si caratterizza per una particolare attenzione agli aspetti metodologici della materia, non vi è una visione unitaria tra i canonisti.
Recentemente si è occupata della riforma degli studi di diritto canonico la Congregazione per l’Educazione cattolica in un Decreto di riforma del ciclo di studi ;[44] al n. II detto decreto prevede, tra le materie obbligatorie del secondo ciclo di studi, la disciplina: “teologia del diritto canonico”; la mancanza di una qualche ulteriore specificazione, ha reso assolutamente incerto il metodo da applicarsi a tale materia, incertezza che si riflette nella pluralità di denominazioni che ciascuna Facoltà di Diritto canonico attribuisce a tale insegnamento, e che tuttavia, al di là delle singole differenti prospettive, comprende in essa tutti quegli elementi attinenti al livello ontologico-fondamentale del diritto canonico.
Coloro che si occupano di tale insegnamento sono, così come già rilevava Hervada in un suo volume, pochi canonisti, i quali oltretutto si occupano di una disciplina con un livello di approfondimento metodologico ancora abbastanza limitato rispetto ad altre materie oggetto del corso di studi canonici .[45] Valga però, per la metodologia ad essa applicabile, la considerazione che, sempre nel medesimo volume, Hervada offre riferendosi alla Teoria Fondamentale del diritto canonico , [46]
tale materia: «non si limita alle fonti empiriche e fenomeniche. Guarda direttamente al Mistero della Chiesa e da quella prospettiva elabora le proprie conclusioni. Non riguarda il diritto canonico così come risulta essere positivizzato, ma come lo si coglie dal Mistero della Chiesa. Ha, pertanto, specifiche modalità d’astrazione e di concettualizzazione. Per la sua maggiore attitudine ad andare a fondo dell’osservazione getta nuove luci per la comprensione dell’ordinamento canonico» .[47]

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