Les apories du jeu politique dans les rêveries d’un promeneur solitaire
di Francesco Gentile
Voilà la réponse aux trois questions du début. Dans la personnalité et dans l’œuvre de Rousseau on a l’impression de reconnaître un corps compact et impénétrable. Pas parce qu’il est opaque mais parce qu’il est transparent au point que tous les regards, même les plus divergentes, peuvent le percer avec contentement. Nous pourrions même être surpris par le soupçon que Rousseau soit un persifleur, si son corps, compacte et impénétrable, ne nous offrit aussi une surface réfléchissante, dans laquelle nous pouvons très bien nous regarder. Dans la personnalité et dans l’œuvre de Rousseau, à mon avis, l’homme contemporain se reflète avec toutes ses convulsions logiques et psychologiques. Il y trouve son sens aigu de l’indépendance ainsi que sa sujétion au regard d’autrui; sa quête de la solitude ainsi que son besoin exaspéré de contact. En un mot, il y perçoit sa crise, qui se développe dans le jeu absurde de l’unique, des autres et de la machine politique, ce véritable tourment de Sisyphe ; mais il doit même en reconnaître l’inéluctabilité dès lors qu’on a posé par hypothèse ce « principe » de la science de l’homme et on a choisi de s’en tenir.
Comme Narcisse, l’homme contemporain peut tomber amoureux de son image et s’y perdre. Mais il peut ainsi s’apercevoir des apories du jeu politique dans lequel le promeneur solitaire est retenu comme une proie dans un filet. « Une idéologie confuse de la liberté qui conduit à un dogmatisme se révélant toujours plus hostile envers la liberté même » [2], « une dictature du relativisme qui s’affirme, ne reconnaissant rien de définitif et ne laissant comme mesure ultime que le moi et ses envies »[3] et « le tentative, jusqu’au bout, de tout constituer en faisant à moins de Dieu qui conduit sur le bord de l’abîme, vers le cantonnement total de l’homme »[4]. Et, en s’en apercevant, les dépasser.
——————————————————————————–
[1] Tutti i passi di Rousseau sono stati tratti dall’edizione della Bibliothèque de la Pleiade ad eccezione di quelli dell’Essai sur l’origine des langues, non compresi nell’edizione Gallimard, per i quali mi sono servito dell’edizione curata da A. Verri (Longo ed. Ravenna, 1972). Le citazioni, tra parentesi nel testo, indicano con una lettera maiuscola l’opera, con un numero romano il tomo dell’edizione della Pleiade, con un numero arabo la pagina. Le lettere usate sono: C. per Les confessions; C.S. per Du contrat social ; D. per Rousseau juge de Jean Jacques. Dialogues ; D.E. per Discours sur l’économie politique ; D.O. per Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité ; D.S. per Discours sur les sciences et les arts ; E. per Emile ; E.L. per Essai sur l’origine des langues ; F.P. per Fragments politiques ; L.B. per Lettre à Christophe de Beaumont ; N.E. per Nouvelle Eloïse ; P. per Le persifleur ; R. per Les rêveries du promeneur solitaire. L’assenza di note non impedirà al lettore di riconoscervi, tra le altre, le suggestioni degli scritti di Cassirer, di Derathé, di Starobinski, di Gouhier, di Raymond, di Crocker, di Fetscher, di Polin, di Baczko, di Derrida, di Bensoussan, di Clement e fra gli italiani di Cotta, di Di Napoli, di Casini, di Garin, di Colletti, di Illuminati, di Dalmasso, oltre alle discussioni sviluppatesi in occasione del congresso su “Jean Jacques Rousseau et la crise contemporaine de la conscience” tenutosi a Chantilly per il II centenario della morte dell’Autore.
[2] J. RATZINGER, L’Europa nella crisi delle culture, in Parole di Benedetto, Ancora ed., Milano 2005, p. 9. “Questa cultura illuminista sostanzialmente è definita dai diritti di libertà; essa parte dalla libertà come un valore fondamentale che misura tutto: la libertà della scelta religiosa, che include la neutralità religiosa dello Stato; la libertà di esprimere la propria opinione, a condizione che non metta in dubbio proprio questo canone; l’ordinamento democratico dello Stato, e cioè il controllo parlamentare sugli organismi statali; la libera formazione dei partiti; l’indipendenza della magistratura; e infine la tutela dei diritti dell’uomo ed il divieto di discriminazioni. Qui il canone è ancora in via di formazione, visto che ci sono anche diritti dell’uomo in contrasto, come per esempio nel caso del contrasto tra la voglia di libertà della donna e il diritto alla vita del nascituro. Il concetto di discriminazione viene sempre più allargato, e così il divieto di discriminazione può trasformarsi sempre più in una limitazione della libertà d’opinione e della libertà religiosa. Ben presto non si potrà più affermare che l’omosessualità, come insegna la Chiesa cattolica, costituisce un obiettivo disordine nello strutturarsi dell’esistenza umana. Ed il fatto che la Chiesa è convinta di non avere il diritto di dare l’ordinazione sacerdotale alle donne viene considerato, da alcuni, fin d’ora inconciliabile con lo spirito della Costituzione europea. E’ evidente che questo canone della cultura illuministica, tutt’altro che definitivo, contiene valori importanti dei quali noi, proprio come cristiani, non vogliamo e non possiamo fare a meno; ma è altrettanto evidente che la concezione mal definita o non definita affatto della libertà, che sta alla base di questa cultura, inevitabilmente comporta contraddizioni; ed è evidente che proprio per via del suo uso (un uso che sembra radicale) comporta limitazioni della libertà che una generazione fa’ non riuscivamo neanche ad immaginarci” (Op. cit., pp. 8-9)
[3] J. RATZINGER, Pro eligendo Romano Pontifice, in Parole di Benedetto, cit., p. 26. “Soffermiamoci su due punti. Il primo è il cammino verso "la maturità di Cristo"; così dice, un po’ semplificando, il testo italiano. Più precisamente dovremmo, secondo il testo greco, parlare della "misura della pienezza di Cristo", cui siamo chiamati ad arrivare per essere realmente adulti nella fede. Non dovremmo rimanere fanciulli nella fede, in stato di minorità. E in che cosa consiste l’essere fanciulli nella fede? Risponde san Paolo: significa essere "sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina" (Ef 4, 14). Una descrizione molto attuale! Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode di pensiero .. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice san Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre in errore (cf. Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina" appare l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni .. Noi abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E’ lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. E’ quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono carità e verità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come "une cembalo che tintinna (1 Cor 13, 1) " (Op. cit., pp. 26-27). “Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando di lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli. Le raccomandazioni ai suoi monaci, poste alla fine della sua Regola, sono indicazioni che mostrano anche a noi la via che conduce in alto, fuori dalle crisi e dalle macerie. "Come c’è uno zelo amaro che allontana da Dio e conduce all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. E’ in questo zelo che i monaci devono esercitarsi con ardentissimo amore: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza a vicenda le loro infermità fisiche e morali .. Si vogliano bene l’un l’altro con affetto fraterno .. Temano Dio nell’amore .. Nulla assolutamente antepongano a Cristo, il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna” (capitolo 72) " (J. RATZINGER, L’Europa nella crisi delle culture, in Parole di Benedetto, cit, p. 17).
[4] J. RATZINGER, L’Europa nella crisi delle culture, in Parole di Benedetto, cit, p. 16. La “filosofia illuministica e la sua rispettiva cultura sono incomplete. Essa taglia coscientemente le proprie radici storiche privandosi delle forze sorgive dalle quali essa stessa è scaturita, quella memoria fondamentale dell’umanità, per così dire, senza la quale la ragione perde l’orientamento. Infatti adesso vale il principio che la capacità dell’uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare. Un saper fare separato dal poter fare non esiste più, perché sarebbe contro la libertà, che è il valore supremo in assoluto. Ma l’uomo sa fare tanto, e sa fare sempre di più; e se questo saper fare non trova la sua misura in una norma morale, diventa, come possiamo già vedere, potere di distruzione. L’uomo sa clonare uomini e perciò lo fa; lo fa perché sembrerebbe essere questa un esigenza della sua libertà. L’uomo sa costruire bombe atomiche, e perciò le fa, essendo, in linea di principio, anche disposto ad usarle. Anche il terrorismo, alla fine, si basa su questa modalità di "auto-autorizzazione" dell’uomo .. Il radicale distacco della filosofia illuministica dalle sue radici diventa, in ultima analisi, un fare a meno dell’uomo. .. Questo è un semplice rifiuto dell’illuminismo e della modernità? Assolutamente no. Il cristianesimo, fin dal principio, ha compreso se stesso come la religione del logos, come la religione secondo ragione. Non ha individuato i suoi precursori in primo luogo nelle altre religioni, ma in quell’illuminismo filosofico che ha sgombrato la strada dalle tradizioni per volgersi alla ricerca della verità e verso il bene, verso l’unico Dio che sta al di sopra di tutti gli dei. In quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi Stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religione come una parte dell’ordinamento statale, postulando così la libertà della fede. Ha sempre definito gli uomini, tutti gli uomini senza distinzione, creature di Dio e immagine di Dio, proclamandone in termini di principio, seppure nei limiti imprescindibili degli ordinamenti sociali, la stessa dignità. In questo senso l’illuminismo è di origine cristiana ed è nato non a caso proprio ed esclusivamente nell’ambito della fede cristiana. Laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato. Nonostante la filosofia, in quanto ricerca di razionalità – anche della nostra fede – sia sempre stata appannaggio del cristianesimo, la voce della ragione era stata troppo addomesticata. E’ stato ed è merito dell’illuminismo aver riproposto questi valori originali del cristianesimo e aver ridato alla ragione la sua propria voce. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione sulla Chiesa e il mondo contemporaneo, ha nuovamente evidenziato questa profonda corrispondenza tra cristianesimo ed illuminismo, cercando di arrivare ad una vera conciliazione tra Chiesa e modernità, che è il grande patrimonio da tutelare da entrambe le parti. Con tutto ciò, bisogna che tutte e due le parti riflettano su se stesse e siano pronte a correggersi. Il cristianesimo deve ricordarsi sempre che è la religione del logos. Esso è fede nel creator Spiritus, nello Spirito creatore, dal quale proviene tutto il reale. Proprio questa dovrebbe essere oggi la forza filosofica, in quanto il problema è se il mondo provenga dall’irrazionale, e la ragione non sia dunque altro che un "sottoprodotto", magari pure dannoso, del suo sviluppo, o se il mondo provenga dalla ragione, ed essa sia di conseguenza il suo criterio e la sua meta. La fede cristiana propende per questa seconda tesi, avendo così, dal punto di vista puramente filosofico, davvero delle buone carte da giocare, nonostante sia la prima tesi ad essere considerata oggi da tanti la sola "razionale" e moderna. Ma una ragione scaturita dall’irrazionale, e che è, alla fin fine, essa stessa irrazionale, non costituisce una soluzione dei problemi. Soltanto la ragione creatrice, e che nel Dio crocifisso si è manifestata come amore, può veramente mostrarci la via” (Op. cit., pp. 12-15).