Prima lettura critica della Legge sull’occupazione e il mercato del lavoro
(La riforma del mercato del lavoro dal Libro Bianco alla Legge 14 febbraio 2003 n. 30)
di Torquato Tasso
Art. 2. (Delega al Governo in materia di riordino dei contratti a contenuto formativo e di tirocinio)
L’articolo in esame è diretto alla revisione e razionalizzazione dei rapporti di lavoro con contenuto formativo. Diviene nitida la distinzione tra contratto di formazione e apprendistato in quanto la legge delega indica che si intende confermare "l’apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il passaggio da un sistema all’altro e, riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda;"
In relazione ai contratti a causa mista, il legislatore intende precisare una distinzione che, in precedenza, aveva fatto sorgere dei dubbi interpretativi, comunque chiariti dalla Giurisprudenza ( ). Da un lato, infatti s’intende qualificare il ruolo dell’apprendistato come uno strumento formativo di carattere generale per il mercato, che favorisca il passaggio dal mondo dell’istruzione scolastica al mondo della formazione in vista di un inserimento dei giovani (in particolare ma non solo) nel mondo del lavoro. Dall’altro, invece, il contratto di formazione lavoro viene concepito come uno strumento per una formazione di carattere specifico che punta a realizzare un inserimento mirato del lavoratore in azienda. Questo contratto, quindi, deve, nell’idea del legislatore delegante, concorrere ad adeguare la professionalità posseduta dal lavoratore alle concrete esigenze dell’impresa che lo assume.
Art. 4. (Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite)
L’articolo in esame appare essere, senza dubbio, l’articolo maggiormente innovativo nel quale compaiono, per la prima volta, alcune figure contrattuali non conosciute nella nostra legislazione, e nel quale, inoltre, viene prevista una modernizzazione di alcuni istituti esistenti in Italia, anche se, in alcuni casi, non normativamente disciplinati ( ). Sembrano questi gli strumenti contrattuali innovativi che dovrebbero permettere la realizzazione degli obiettivi della flessibilità appena ricordati. Quali le novità più importanti?.
Lavoro "intermittente" previsto dalla lettera a) dell’articolo 4. L’articolo in esame introduce, innanzitutto, una figura ad oggi sconosciuta dal nostro sistema, ossia quella del lavoro a chiamata, che, come ci ricorda la legge, consiste nel "riconoscimento di una congrua indennità cosiddetta di disponibilità a favore del lavoratore che garantisca nei confronti del datore di lavoro la propria disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, (…) eventuale non obbligatorietà per il prestatore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta indennità ma con diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro effettivamente svolto". Il "lavoro intermittente" (detto anche "a chiamata"), consiste in prestazioni svolte con carattere di discontinuità pur inserendosi nello schema negoziale del lavoro subordinato. Sostanzialmente, quindi, come in ogni altro lavoro subordinato, vi è, da un lato, l’aspettativa del datore di lavoro di poter contare sulla disponibilità del prestatore, e, dall’altro, l’obbligo del lavoratore di essere disponibile in caso di chiamata da parte del datore di lavoro. In questo caso, al lavoratore dovrebbe essere riconosciuto il corrispettivo pattuito (previsto dai contratti collettivi) e proporzionale al lavoro effettivamente svolto e un’indennità di "disponibilità" per il periodo nel quale non è stato chiamato a svolgere il proprio lavoro (ovviamente inferiore al corrispettivo previsto). Indennità che verrebbe però persa nel caso in cui il lavoratore non dovesse rispondere alla chiamata (e quindi rivelarsi non disponibile).
Si deve anche notare che il legislatore intende, in questo modo, evitare quelle figure contrattuali che, ad oggi, hanno trovato ampia diffusione nel mercato essendo però sostanzialmente elusive del dettato normativo che, prima della legge delega, non consentiva un vero e proprio job on call. Molti lavoratori inquadrati come parasubordinati hanno costituito, di fatto, numerose fattispecie di job on call (stand-by workers) ( ), realizzando anche in questo caso forme di elusione della normativa.