LA STRUTTURA DEL RAGIONAMENTO GIURIDICO TRA CONTESTO DELLA SCOPERTA E CONTESTO DELLA GIUSTIFICAZIONE. IL MODELLO DELLA QUAESTIO DISPUTATA*.
di Elvio Ancona
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1. La struttura del ragionamento giuridico tra contesto della ricerca e contesto della giustificazione. – Nell’attuale crisi del positivismo giuridico torna a imporsi nella sua classica validità la concezione del diritto come ordinamento delle relazioni intersoggettive, secondo uno schema teorico che trova nel processo il suo modulo più tipico, nella controversia il suo luogo originario e proprio e nell’autonomia personale il suo fondamento antropologico . Ne è indice inequivocabile la sempre maggiore attenzione che viene dedicata a quella che Bobbio chiamava, contrapponendola alla logica giuridica in quanto logica delle proposizioni normative, "logica della giurisprudenza" o "del ragionamento dei giuristi" ; cosicché al centro del dibattito pare oggi proprio la particolare scientificità che informa gli effettivi procedimenti di ricerca e di argomentazione adottati dai giuristi nella soluzione delle controversie, il metodo realmente praticato nei tribunali per individuare e fondare convincentemente la decisione del caso in discussione, ovvero, per esprimerci con definitiva precisione, la struttura epistemica del ragionamento giudiziario .
In questa prospettiva, ben si comprende l’importanza assunta dalla discussione sul tipo di relazione instaurantesi, entro il ragionamento del giudice, tra il procedimento di scoperta e il procedimento di giustificazione della decisione del caso. I due procedimenti costituiscono infatti, stando alle acquisizioni di una dottrina ormai largamente condivisa , le componenti fondamentali di tale ragionamento e la proficuità di un’esatta determinazione del loro rapporto ai fini dell’individuazione di una metodologia della controversia si dimostra quindi evidente: dalla diversa configurazione che esso può ricevere dipende il grado di verità e certezza attingibile nel processo. E’ chiaro infatti che per chi sostiene la completa eterogeneità dei due percorsi la cogenza argomentativa della decisione appare o completamente inesistente o comunque, ai fini della determinazione della sua validità, ininfluente . Viceversa, qualora vi fosse una perfetta coincidenza tra l’iter logico-giuridico illustrato nella motivazione e l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione, ne risulterebbe il carattere obbligato, per non dire necessitato, di quest’ultima . Infine, allorquando tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione si verificasse un’interazione reciproca, in modo che, nella decisione tra più alternative possibili, la prima specie di ragionamento consentisse di individuare i criteri della scelta e la seconda a sua volta ne evidenziasse la capacità di risolvere con successo il caso, la soluzione così ottenuta potrebbe solo condizionatamente essere valutata come la più corretta, ovvero solo in riferimento agli elementi emersi nello svolgimento del processo .
Il dibattito in corso riecheggia peraltro la vivacità dell’analoga disputa svoltasi tra gli epistemologi del Novecento a proposito della struttura della conoscenza scientifica. Fu infatti per evidenziarne la specifica configurazione logica che nella prima metà del secolo il neopositivista tedesco Hans Reichenbach introdusse nella sua opera Experience and prediction la distinzione tra i due contesti , precisando che "epistemology is only occupied in constructing the contest of justification" . Analoghe considerazioni si ritrovano nella Logik der Forschung di Popper e in The Orthodox View of Theories di Feigl , che hanno reso canonica la distinzione nella letteratura metascientifica, rappresentandola in termini di vera e propria separazione e riservando la "ricostruzione razionale" del processo della conoscenza al contesto della giustificazione. D’altra parte, non sono pochi nemmeno gli autori, come Hanson , Kuhn e Feyerabend , cui la stessa distinzione è apparsa insostenibile. Costoro difendono l’unicità e l’uniformità della conoscenza, affermando da un lato che esiste anche una logica della scoperta con una sua peculiare forma di razionalità, dall’altro che, se fattori psicologici, sociali o culturali ne condizionano il percorso euristico, essi risultano altrettanto incidenti sulle procedure di controllo e di conferma delle teorie precedentemente formulate.
Questa disputa, ben lungi dall’essere conclusa, nel suo stesso perpetuarsi appare a sua volta condizionata dall’orizzonte epistemologico dischiuso da un precedente ancora più illustre, il confronto galileiano con l’aristotelismo del XVI secolo e il contestuale emergere della moderna idea di scientificità durante la Giornata prima del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo . E’ in tale ambito che la tradizionale articolazione del sapere in scientia inveniendi e scientia iudicandi viene riconsiderata e reimpostata in termini problematici, precisamente a partire dalla rivalutazione del ruolo "inventivo" e "peirastico" delle "sensate esperienze" . Ed è muovendo da tale ambito che possiamo pervenire a riconoscere, appunto nella tradizione aristotelica, l’originario terreno di coltura della distinzione tra contesto della scoperta e contesto della giustificazione.
Rielaborata nella riflessione metodologica della scolastica medievale , la distinzione può essere infatti ricondotta, tramite la mediazione boeziana , ai Topica di Cicerone , dove essa venne per la prima volta utilizzata, esattamente nella modalità della contrapposizione di un’ars inveniendi a una via iudicandi, proprio al fine di riprodurre all’interno della ratio disserendi, ovvero della tulliana disciplina del ragionamento, la partizione della logica aristotelica in topica e analitica.