LA RICERCA DELLA “DEFORMALIZZAZIONE” DEL TEMPO
di Massimo Durante
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Di estremo interesse è il recente testo curato da Mario Ruggenini e Luigi Perissinotto, che raccoglie i contributi di un gruppo di filosofi italiani e francesi e costituisce il risultato di una ricerca collettiva e di un colloquio promosso dall’Istituto Italiano di Cultura a Parigi e dall’Institut Catholique di Parigi in collaborazione con la Facoltà di Filosofia dell’Università di Venezia e la Facoltà di Filosofia di Paris IV – Sorbonne e svoltosi a Parigi nel 2000, al quale ho avuto la fortunata occasione di assistere e di cui conservo la memoria viva degli interventi e delle discussioni che tale colloquio aveva allora saputo suscitare. E’ dunque fortemente apprezzabile che esso abbia potuto essere tradotto in un testo scritto che conserva la traccia dei risultati raggiunti attraverso la ricerca ed il confronto critico. Questo testo, che si articola in due parti distinte, pone al centro delle proprie investigazioni una riflessione sul tempo. Riprendendo le parole dei curatori del testo: "La prima [Il tempo, la parola, l’evento] raccoglie i testi che affrontano la problematica della temporalità in una prospettiva più generale, la seconda [L’estasi del tempo e l’eterno] quelli che invece la elaborano attraverso l’interpretazione di autori fondamentali"[i]. Le differenti sensibilità filosofiche, che concorrono a delineare il quadro generale entro il quale s’iscrive oggi, secondo l’avviso di questi filosofi, una riflessione sul tempo, contribuiscono, da un lato, ad arricchire in forza della loro diversità tale riflessione aprendola su prospettive diverse del pensiero, dall’altro, testimoniano di un sentire comune[ii], quasi di un’avversione generalizzata nei confronti di una concezione del tempo pensata esclusivamente in senso formale, che si traduca cioè nell’intuizione di una forma a priori. L’opzione filosofica verso la quale si instrada oggi, secondo noi[iii], la meditazione sul tempo è, infatti, quella di un processo lento ma radicale di deformalizzazione del tempo, che vede in Heidegger il vero iniziatore di questa tendenza, che attraversa, seppure in nuce, molti degli scritti che compongono il testo che intendiamo presentare. A parziale sostegno di tale ipotesi, è interessante notare come la riflessione heideggeriana sul tempo, secondo le sue diverse modalità, sia posta al centro di tali scritti o ne costituisca quantomeno il punto di riferimento privilegiato. Sono tre gli aspetti di cui si caratterizza, in particolare, il processo della deformalizzazione del tempo operata dal filosofo tedesco e che è possibile ritrovare come operanti, in profondità, in seno alla maggior parte delle riflessioni che occupano il testo a cui facciamo riferimento: con Heidegger il senso della temporalità è pensato 1) a partire dalla coppia concettuale "disponibile-indisponibile"; 2) nell’orizzonte di una concezione intramondana del tempo; 3) in termini tali da mettere sempre in gioco un significato (ontologico, esistenziale, etico, etc.) che si colloca al di là della temporalità. Questi tre aspetti costituiscono, anche in chiave critica, la lente attraverso la quale si tenta di articolare una riflessione sul tempo che sia in grado di rispondere almeno in parte alle aporie in cui versa l’aspirazione alla costituzione del tempo in senso formale. Il tempo non costituisce l’oggetto di un’intuizione a priori che ne determini la forma: l’acquisto metodologico che la fenomenologia avrà certamente contribuito a rendere possibile nel corso del secolo scorso consiste precisamente nell’aver riconosciuto alla storia uno spessore; ciò vuol dire che la costituzione del tempo, cioè la distribuzione del tempo lungo i modi della temporalità che ne determinano in concreto il significato, non è resa possibile dalla positività di una forma che si offra come tale all’intuizione, ma tale forma è essa stessa l’esito di un processo di formalizzazione in cui si traduce la storicità della forma stessa e che consiste in una congiuntura d’eventi o di materia[iv]. Alcuni esempi, che sporgono sul versante di una fenomenologia della temporalità pensata a partire da un’ermeneutica dell’evento o da una fenomenologia materiale sono già forniti in nota, ma altri possono essere facilmente reperiti laddove si pensi, per esempio, alla lunga interrogazione[v] cui sottopone la nozione di evento il contributo di Claude Romano[vi], che svolge la sua peculiare riflessione tanto chiamando in causa la tradizione analitica del pensiero quanto quella continentale, in particolare ermeneutica e fenomenologica. Ovvero ancora alla tematica del silenzio che viene invocata quale circostanza concreta necessaria a ripensare il rapporto tra il tempo e il linguaggio nel saggio di Roberto Mancini[vii]. Nel testo di Mario Ruggenini il tempo è pensato, in modo evocativo, a partire da circostanze molto concrete[viii] quali ‘nascita’ e ‘morte’. Parimenti, nel contributo di Philipphe Capelle[ix] la dimensione testamentaria non viene pensata a partire da una concezione già data del tempo, ma essa stessa fornisce, attraverso la figura invocata del terstis e della testimonianza, la condizione a partire dalla quale una riflessione sulla temporalità può essere compiuta. Come diremo ancora in seguito, se il processo della deformalizzazione del tempo interessa sempre più da vicino, a nostro avviso, la riflessione sul tempo è in forza di quel terzo aspetto che abbiamo precedentemente sottolineato: vale a dire l’idea che la meditazione filosofica sulla temporalità si apre, costitutivamente, su una problematica altra rispetto a quella del tempo e che ne costituisce l’autentica posta in gioco, quale in primo luogo è, per esempio, la problematica del senso[x], che costituiva già il punto di mira del programma[xi] tripartito ed incompleto di Sein und Zeit.[xii] Questo altrove[xiii] orienta la riflessione sul tempo e le permette di avanzare, cosicché è possibile dire che il risultato del processo della deformalizzazione del tempo è la costituzione in senso fenomenologico di una forma della temporalità che diviene, allora, forma stessa della comprensione del senso.[xiv] Il senso non può essere compreso se non entro una forma determinata del pensiero che la riflessione sul significato del tempo contribuisce a formalizzare. E’ in tale ottica precisamente, vale a dire quella di una rinnovata problematica del senso, che i primi due aspetti evocati del processo della deformalizzazione del senso debbono essere compresi. Il primo aspetto – l’idea di pensare il significato della temporalità a partire dalla diade concettuale formata dal rapporto a ciò che resta disponibile o a ciò che risulta indisponibile – è al centro della riflessione di Mario Ruggenini[xv] così come di quella di Philipphe Capelle, già segnalata[xvi]. Essa riaffiora, però, anche altrove, laddove in particolare viene evocata l’idea che il tempo è essenzialmente pensato in Heidegger a partire dalla presenza del presente, come è sottolineato in modo incisivo da Ugo Perone[xvii]. Nella prospettiva evocata, la presenza non acquista un vero e proprio significato se non nella misura in cui essa si offre, si espone ad un soggetto che vi accede come tale, per il quale cioè essa si rende intuibile, essa diviene a ogni momento afferrabile. E’ tale disponibilità che conferisce alla presenza del presente il suo tenore semantico. E si comprende dunque, per converso, che sia sul versante di un rapporto a ciò che resta indisponibile che s’iscrive allora una critica alla metafisica della presenza, gesto che caratterizza la concezione del tempo che affiora già nel corso della prefazione al testo curata da Luigi Perissinotto e Mario Ruggenini, per i quali il tempo è pensato a partire dalla relazione complessa che esso intrattiene con l’esistenza cosicché "esistere è essere nel tempo senza disporne, ma avendo da risponderne nella misura in cui ci è accordato".[xviii] Il secondo aspetto che abbiamo messo in luce – la possibilità di dare un significato alla temporalità altro da quello che le è accordato in forza d’una concezione intramondana del tempo – è al centro non solo del contributo di Roberta Dreon[xix] (che riverbera anche sul piano del processo della deformalizzazione del tempo) ma investe, anche se in modo meno esplicito, le riflessioni che tanto Claudio Ciancio[xx] quanto Maurizio Pagano[xxi] dedicano al tema del tempo pensato a partire dall’idea di eternità. Tale problematica nutre anche le analisi di Françoise Dastur[xxii], anche se nel suo contributo si tratta in termini ancor più specifici di rendere conto dell’evoluzione della concezione del tempo in seno alla riflessione stessa di Heidegger e con particolare riferimento al tema dell’Ereignis, che è pensato a partire dall’idea di "proprietà" (Eigentum) e di "appropriazione", come nota bene la filosofa francese[xxiii], che permette di ritrovare su un altro registro quel rapporto d’indisponibilità o disponibilità del tempo, cui ci siamo già riferiti. Proprio sul terreno di un’attenta considerazione della concezione intramondana del tempo, che si coniuga, per esempio nel caso di Ruggenini, ad una personale ed approfondita meditazione sullo statuto della finitezza[xxiv], si fa strada il terzo aspetto, che abbiamo posto all’attenzione di chi legge: vale a dire, l’attitudine a svolgere una riflessione sulla nozione di tempo che fosse in grado di mettere in gioco di volta in volta un significato (ontologico, esistenziale, etico, etc.) che si collocasse al di là del senso della temporalità. In tal senso, particolarmente indicativa è la riflessione di Mario Ruggenini così come quella di Luigi Perissinotto[xxv], che rispettivamente aprono e chiudono il testo in esame, volte a iscrivere in seno alla questione del tempo una problematica di carattere etico, che costituisce di tale questione la vera e propria posta in gioco. Questa preoccupazione pervade di sé l’atmosfera generale dei contributi che compongono il volume e ci si può stupire, a tale riguardo, che tra gli scritti non figuri la relazione svolta da Rodolphe Calin al colloquio che abbiamo inizialmente menzionato dedicata alla fondamentale riflessione sul tempo di Emmanuel Lévinas così gravida d’implicazioni etiche. Anche il tema del linguaggio e dell’interpretazione dell’esperienza storica, che è al centro del contributo di Silvana Borutti[xxvi], pone una questione che è intimamente legata a quella del tempo, quale è quella della verità, ma che non si può comprendere appieno se non la si pone nell’ottica della sua piena natura problematica di carattere etico, tale proprio perché confrontata al rischio del relativismo o del nichilismo del senso.[xxvii] Vale la pena, infine, di notare che lungo tutto il corso del testo la questione del tempo è affrontata in un serrato confronto con le figure più rilevanti del pensiero antico, moderno e contemporaneo (Platone, Aristotele, kant, Hegel, Heidegger, Wittgenstein, Bergson) e in tal senso completano il quadro dei contributi gli studi di Leonardo Samonà[xxviii] e di Luigi Ruggiu[xxix], che si concentrano entrambi, seppure sotto profili di analisi molto differenti, sulla concezione aristotelica del tempo ed in particolare – e tale aspetto accomuna in un certo senso i due contributi – sulla rilevanza che assume la nozione di futuro sulla più generale concezione del tempo e dei modi della temporalità: aspetto che, a nostro avviso, non solo rappresenta un importante elemento di analisi della concezione del tempo in Aristotele; ma testimonia anche di un interesse più specificatamente contemporaneo nei confronti della possibilità di rinnovare la formalizzazione dei modi della temporalità a partire dalla possibilità di riconoscere uno statuto categoriale autonomo alla nozione stessa di futuro. In definitiva, questo testo costituisce una seria messa a punto di un’analisi e di una riflessione sul tempo che si caratterizza in particolare, come abbiamo cercato di porre in evidenza, per il delinearsi di un’ermeneutica del tempo, consapevole della lezione che le proviene dalla fenomenologia in particolare heideggeriana, ma anche levinassiana ("Ma che il tempo sia da concepire come tempo dell’altro prima dell’alternativa tra il tempo soggettivo (trascendentale o esistenziale) e oggettivo (naturale o empirico) è un’indicazione forte che proviene dai diversi contributi in modo più o meno diretto. Essa può – per qualcuno deve – essere radicalizzata fino a disambiguare la semplice congiunzione di un titolo proposto da Lévinas, Il tempo e l’altro, o ben prima dal titolo celebre, Essere e tempo di Heidegger, nel senso rispettivamente dell’interpretazione del tempo come alterità e dell’essere come tempo. Nel senso, va ribadito, non d’una semplice identificazione, ma d’una interpretazione, capace di custodire la diversità ermeneutica delle parole che sollecita verso una necessaria proficua convergenza"[xxx]), anche se le tesi sul tempo di questo filosofo non risultano sufficientemente rappresentate all’interno della silloge. Che il tempo sia pensato a partire da un’esperienza della temporalità, da una situazione concreta, richiede inoltre che tali concetti siano fatti oggetto di una autonoma investigazione: in particolare per ciò che attiene all’idea di esperienza o situazione così come per ciò che riguarda la nozione stessa di concretezza che le qualifica e che merita a sua volta di essere sottoposta al vaglio di una più attente indagine ermeneutica. Tanto l’idea di esperienza quanto quella di situazione non rappresentano – non possono identificare – delle totalità di senso già compiute ed offerte, e la qualità specifica della concretezza, lungi dal costituire una caratteristica naturalisticamente intesa, traduce un’ermeneutica che misura il rapporto negativo, vale a dire definito soltanto nella sua pars destruens, che la nozione di esperienza o situazione intrattengono con il processo della formalizzazione del senso. Non sempre è percepibile su quali fondamenta una rinnovata concezione del tempo venga costruita: il discorso filosofico contemporaneo fatica ancora a riconoscersi in una pars costruens; essa indugia nella vocazione, pericolosa, a tradursi nei termini seppure lucidi e approfonditi di un resoconto della crisi del pensiero. In ciò il testo presentato risulta apprezzabile: nel tentativo, cioè, di offrire degli elementi a partire dai quali costruire una problematica del tempo che non si risolva nella denuncia di un’aporia o di un paradosso del pensiero.
[i] M. RUGGENINI – L. PERISSINOTTO (dir.), Tempo, evento, linguaggio, Roma, Carocci, 2002, "Prefazione", p. 12.
[ii] M. RUGGENINI – L. PERISSINOTTO (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., i quali tendono a sottolineare uno sfondo comune che ritrova almeno in parte ciò che costituisce, nella nostra lettura, il sentire unitario che anima queste diverse riflessioni, p. 11: "E tuttavia non c’è dubbio che l’impostazione ermeneutica di fondo comporta insieme a convergenze più o meno elastiche, almeno un’esclusione generale, non a priori ma motivata, di quello che potremmo definire come ‘riduzionismo’ o per usare un termine sempre più in voga oggi, ‘naturalismo’. Ciò non significa che gli autori intendano negare spazio e significato per la stessa meditazione filosofica a tutto ciò che le scienze (della natura e dell’uomo) possono ‘sapere’ del tempo. (…) Si tratta, per un verso, di riconoscere e, per così dire, di difendere la pluralità delle esperienze che gli uomini esistendo fanno del tempo e delle modalità che hanno, di volta in volta, dato voce e immagine a queste differenti esperienze (arte, letteratura, scienza, filosofia ecc.). Per un altro verso, occorre interrogarsi sul significato (o sulla verità?) di questo stesso far esperienza nel tempo del tempo. E’ questo il compito che spetta a quella che abbiamo, senza preclusioni di scuola, un’ermeneutica delle temporalità e dell’esistenza". Ritroviamo in seno a queste ultime considerazioni, che valorizzano una concezione del tempo formulata a partire dal riferimento ad una pluralità di esperienze concrete, la chiave di lettura che sarà la nostra del volume in esame e che consiste nella valorizzazione del processo della deformalizzazione del tempo.
[iii] Abbiamo avanzato questa ipotesi già nel corso di un precedente articolo, nel quale abbiamo sostenuto che una rinnovata concezione della temporalità, pensata a partire dal processo della deformalizzazione del tempo operata almeno in parte da Emmanuel Lévinas, poteva militare in favore della critica ad una concezione nichilista del senso. Vedi dunque in tal senso, M. DURANTE, "Ragionamento e tempo. Note per una critica al nichilismo", in Ann. Univ. Ferrara, Nuova serie, Vol. XV (2001), pp. 127-148, in particolare il par. 5: "La prospettiva etica di Lévinas: la deformalizzazione del tempo". Vedi inoltre sul tema della deformalizzazione del tempo, F. CIARAMELLI, "La déformalisation du temps et la structure du désir", in
Cahiers d’Etudes Lévinassiennes, 2002 – n° 1, pp. 21-37. Vedi infine allo stesso soggetto, M. DURANTE, Comunità e alterità nell’opera di Emmanuel Lévinas. Il terzo, la legge, la giustizia. Vol. I : Ermeneutica e trascendenza, Torino, Thélème Editrice, 2001, e più in particolare cap. III § 1: "La deformalizzazione del tempo".
[iv] Vedi, a questo proposito, il modo in cui Emmanuel Lévinas qualifica il processo della deformalizzazione del tempo, che resta essenzialmente pensato, a nostro avviso, a partire dalla filosofia di Heidegger, anche se lo spettro dei riferimenti operati dal filosofo francese è più ampia e tale da coinvolgere tanto la filosofia di Bergson che quella di Rosenzweig. Cfr. in particolare E. LEVINAS, "Diachronie et représentation", in Emmanuel Lévinas. L’éthique comme philosophie première, Paris, Les Editions du Cerf, 1993, p. 467: " Mais nous avons cherché le temps comme dé-formalisation de la forme, la plus formelle qui soit, de l’unité du je pense. Déformalisation dont Bergson, Rosenzweig, Heidegger ont ouvert la problématique à la pensée moderne, en partant, chacun à sa manière, d’un concret plus ‘ancien’ que la forme pure du temps : liberté de l’invention et de la nouveauté (malgré la persistance de l’imagine kinétique du courant) chez Bergson ; conjoncture biblique ‘de la Création, de la Révélation et de la Rédemption’ chez Rosenzweig ; ‘auprès des choses’, Geworfenheit et Sein-zum-tode (malgré l’ex, encore kinétique des extases) chez Heidegger ". Vedi ancor più ampiamente, E. LEVINAS, Entre nous. Essai sur le penser-à-l’autre, Paris, Grasset, 1991, pp. 244-245: " Mon thème de recherche essentiel est celui de la déformalisation de la notion de temps. Kant le dit forme de toute expérience. Toute expérience humaine revêt en effet la forme temporelle. La philosophie transcendantale issue de Kant emplissait cette forme de contenu sensible venant de l’expérience ou, depuis Hegel, conduisait dialectiquement cette forme vers un contenu. Ces philosophes n’ont jamais exigé pour la constitution de cette forme même de la temporalité une condition dans une certaine conjoncture de ‘matière’ ou d’événements, dans un contenu sensé en quelque façon préalable à la forme. La constitution du temps chez Husserl est encore une constitution du temps à partir d’une conscience déjà effective de la présence dans son évanouissement et dans sa ‘rétention’ et dans son imminence et son anticipation – évanouissement et imminence qui déjà impliquent ce qu’on veut bâtir, sans même que soit fournie aucune indication sur la situation empirique privilégiée à laquelle ces modes d’évanouissement dans le passé et de l’imminence dans le futur seraient attachés. Ce qui paraît dès lors remarquable chez Heidegger, c’est précisément le fait de poser la question de savoir quelles sont les situations ou les circonstances caractéristiques de l’existence concrète auxquelles la passation du passé, la ‘présentification’ du présent et la futurition du futur – appelées extases – sont essentiellement et originellement attachées. Le fait d’être sans avoir eu à le choisir, d’avoir affaire à des possibles toujours déjà entamés, sans nous – extase du ‘d’ores et déjà’; le fait d’une emprise sur les choses, auprès d’elles dans la représentation ou le connaître – extase du présent; le fait d’exister-à-la-mort – extase du futur. Voilà, à peu près, car la philosophie est plus sage, l’ouverture heideggerienne ".
[v] Tale interrogazione ha costituito l’oggetto di una precedente e specifica riflessione articolata in due testi che l’autore francese ha inteso dedicare alla ricerca di una filosofia dell’evento. Vedi a questo proposito, C. ROMANO, L’événement et le temps, Paris, Epiméthée PUF, 1998. Dello stesso autore vedi anche, L’événement et le monde, Paris, Epimethée PUF, 1997.
[vi] C. ROMANO, "La temporalità dell’evento: analisi ed ermeneutica", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.),
Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 65-91.
[vii] R. MANCINI, "Il tempo del silenzio", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 109-122.
[viii] M. RUGGENINI, "Il tempo della parola", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., p. 25: "Il tempo viene all’uomo non come il tempo dell’assoluta oscillazione degli enti tra l’essere e il nulla, intesi secondo un’accezione fondamentalista che li rende in realtà indistinguibili, ma modestamente, e però concretamente, come il tempo della nascita e della morte" (corsivo nostro).
[ix] P. CAPELLE, "Il tempo testamentario" in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 123-133.
[x] Possiamo sottolineare in questa sede che l’orizzonte del senso sul quale si apre la sua rinnovata problematica è ancora, sotto più profili, quello della distinzione kantiana tra l’esistenziale e l’intellettuale. L’intellettuale viene a dipendere in un certo senso, in seno al processo della deformalizzazione del tempo, dall’esistenziale (il quale però perde qui le sue connotazioni più marcatamente esistenzialistiche), vale a dire dalla fatticità dell’umano, ma né Heidegger né Lévinas si attestano e si chiudono su questa posizione, che sarà piuttosto quella di Sartre; poiché Heidegger ricerca al di là dell’essere dell’ente il
senso stesso dell’essere e del tempo, così come Lévinas ricerca al di là dell’esistenziale ed al principio dell’etica il senso stesso dell’umano: in entrambi i casi ed anche se in termini certamente differenti il senso investe nella sua comprensione la questione della temporalità e il senso stesso della temporalità che è ricercato.
[xi] Sulla struttura tripartita del programma incompleto di Sein und Zeit, vedi in particolare J.-L. MARION, Réduction et donation, Paris, Epiméthée PUF, 1989.
[xii] M. HEIDEGGER, Sein und Zeit, Tübingen, Max Niemeyer, 1927, tr. it. di P. Chiodi, Essere e tempo, Milano, Longanesi, 2002.
[xiii] Sull’ermeneutica dell’altrove, quale fondamentale principio di accesso alla formalizzazione del proprio oggetto di indagine, vedi P. NERHOT, Questions phénoménologiques suivies de lectures freudiennes, Paris, L’Harmattan, 2001, tr. it. di D. Pozzi, Questioni fenomenologiche seguite da letture freudiane, Padova, Cedam, 2002, in particolare la prima parte.
[xiv] Abbiamo contribuito a chiarire, con riferimento all’opera di Emmanuel Lévinas, tale complesso processo ed il rapporto di mutua implicazione tra il tempo ed il senso che ne discende, in M. DURANTE, Comunità e alterità nell’opera di Emmanuel Lévinas…, cit., in particolare il cap. III: La trascendenza al principio del senso. Abbiamo sostenuto in questo testo che la questione ermeneutica del senso presupponeva una riflessione sul tempo, che si traduceva in una fenomenologia della temporalità della morte. L’analisi della temporalità della morte si esponeva ad una riduzione fenomenologica, che lasciava apparire la necessità di un’ermeneutica dell’evento dell’istante della morte, il cui senso portava a compimento quel processo della deformalizzazione del tempo entro un orizzonte che non si lasciava comprendere pienamente se non in termini etici.
[xv] Cfr. M. RUGGENINI, "Il tempo della parola", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 15-34.
[xvi] P. CAPELLE, "Il tempo testamentario", cit., in particolare il par. 3: Terza tesi: il tempo testamentario dice la disponibilità del tempo.
[xvii] Cfr. U. PERONE, "Il presente e la temporalità", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 51-64, in particolare p. 51: "Non è qui necessario riprendere la tesi heideggeriana secondo cui l’essere è presenza, ne appare essenziale mostrare come la distruzione dell’ontologia che ne è seguita abbia prodotto esiti nichilistici. Ciò che importa piuttosto evidenziare è quali equivoci essa abbia prodotto sul piano dell’interpretazione della temporalità. All’essere come vorhanden, sembra infatti corrispondere una concezione del tempo, che ne fa appunto qualcosa di semplicemente disponibile".
[xviii] Cfr. la "Prefazione" contenuta in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., p. 7 (il corsivo è nostro). La citazione, cui abbiamo fatto riferimento nel testo, evoca da vicino alcune considerazioni sulle quali M. Ruggenini insiste lungamente nel corso del suo contributo. A tale proposito, vedi per esempio M. RUGGENINI, "Il tempo della parola", cit., p. 25: "Occorre pensare insieme l’essere dell’uomo come esistenza del tempo, di cui il tempo dispone, e il tempo come tempo dell’esistenza, in quanto quest’ultima è la condizione necessaria del suo evento" (corsivo nostro). Vedi anche quanto dice lo stesso autore, a parziale riprova del fatto, già sottolineato nel testo, che l’analisi della temporalità si apre a delle considerazioni altre, che si lasciano apprezzare in particolare su un piano etico, p. 17: "(…) il tempo dell’altro, è invece, prima di tutto, il tempo che ci è accordato, su cui sperimentiamo di non avere alcun potere, di cui tuttavia siamo chiamati a rispondere" (il secondo corsivo è nostro). Come avevamo accennato e come questo passaggio mette bene in mostra, il rapporto all’indisponibile s’inscrive in seno a una vera e propria analitica dell’esistenza, ad una teoria dei poteri, il cui punto di riferimento privilegiato resta, anche in chiave critica, l’analisi di M.Heidegger ("su cui sperimentiamo di non avere alcun potere").
[xix] R. DREON, "Il tempo del sé. Sulla connessione tra tempo e sé nello Heidegger dei primi anni Venti", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 199-216.
[xx] C. CIANCIO, "Eternità nel tempo e temporalità nell’eterno", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.),
Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 165-179.
[xxi] M. PAGANO, "Tempo ed eternità: Hegel e l’ermeneutica della religione", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 181-197.
[xxii] F. DASTUR, "Il tempo nell’ultimo Heidegger", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 217-235.
[xxiii] Cfr. F. DASTUR, "Il tempo nell’ultimo Heidegger", cit., in particolare p. 221 e ss.
[xxiv] Su questo tema vedi più ampiamente, M. RUGGENINI, I fenomeni e le parole. La verità finita dell’ermeneutica, Genova, Marietti, 1992.
[xxv] L. PERISSINOTTO, "Il tempo e il senso della vita nella filosofia di Wittgenstein", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 237-254.
[xxvi] S. BORUTTI, "Tempo e significato. Problemi della comprensione e della scrittura degli eventi nella conoscenza storica", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 93-108.
[xxvii] Ci si può stupire da questo punto di vista che l’autrice, Silvana Borutti, non si riferisca mai ai lavori di Patrick Nerhot sul tema della verità in storia, che ormai da più anni costituiscono una messa a punto efficace e circostanziata di tale problematica, ormai stabilmente iscritta dal filosofo francese nel quadro di una riflessione di carattere fenomenologico, che si mostra in grado di rendere conto meglio delle aporie in cui rischia di versare un discorso che intenda mantenersi nell’orizzonte esclusivo di una speculazione sul linguaggio di carattere analitico o ermeneutico. Vedi a tal proposito, P. NERHOT, La vérité en histoire et le métier d’historien. Réflexions à partir de " La France des Lumières ", Daniel Roche, Fayard, 1993, in Quaderni Fiorentini. Per la storia del pensiero giuridico moderno, XXIV (1995), Milano, Giuffrè, pp. 11-138. Dello stesso autore vedi anche, Diritto-Storia, Padova, Cedam, 1994; nonché, "Au commencement était le droit", in J. BOUTIER – D. JULIA (dir.), Passé recomposés. Champs et chantiers de l’Histoire, Editions Autrement, Série Mutations n. 150/151, 1995, pp. 82-95. Ed infine, Questions phénoménologiques suivies de lectures freudiennes, cit., relativamente alla prima parte.
[xxviii] L. SAMONÀ, "Futuro e tempo", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 35-49.
[xxix] L. RUGGIU, "La vita come praxis e il tempo dell’attesa in Aristotele", in M. Ruggenini – L. Perissinotto (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., pp. 137-163.
[xxx] M. RUGGENINI – L. PERISSINOTTO (dir.), Tempo, evento, linguaggio, cit., Prefazione, p. 10.