GIUSEPPE BETTIOL: UOMO, PENALISTA, FILOSOFO.
di Costantino-M. Fabris
Studium Generale Marcianum – Venezia
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All’indomani della fine del secondo conflitto mondiale, era mandato alle stampe in Padova il manuale di Diritto penale di Giuseppe Bettiol, l’esperienza del ventennio fascista ancora aleggiava nell’aria di quel 1945, tuttavia, di ciò che era stata la cultura giuridica italiana precedente alla dura esperienza dittatoriale, qualcosa era stato salvato «il principio nullum crimen, nulla poena sine lege è pur sempre riconosciuto in limine codicis, e il reato è ancora orientato verso criteri che garantiscono la sicurezza giuridica. Ciò non toglie che questo codice – anche se “epurato” da qualche stridente disposizione – sia avviato al tramonto. Ma il crepuscolo legislativo durerà a lungo, perché non si può improvvisare una nuova legislazione penale nel giro di pochi anni» [1] : questo “crepuscolo legislativo” dura in realtà sino ad oggi, e ci si può chiedere se le parole utilizzate da Bettiol nella Prefazione alla prima edizione del suo Diritto penale del 1945, non fossero veramente profetiche, o ancora, se la sua avversione «alle leggine, con le quali si divertono oggi il legislatore di emergenza e il ministro della giustizia» [2] , non sia un sentimento ancora di stringente attualità e certamente condivisibile.
Sempre nella medesima Prefazione all’edizione del 1945, ritroviamo alcuni dei temi che saranno cari al grande penalista per un’intera vita: «una ricostruzione spirituale dell’Europa non è possibile senza una ricostruzione giuridica che tenga conto di quei “valori” essenziali allo spirito umano che formano il lievito della civiltà occidentale, che è civiltà cristiana. […] solo quando si riconosca all’individuo la posizione che effettivamente gli spetta nell’ordine sociale e giuridico è salvato e garantito l’orientamento etico del diritto penale. […] si tratta…di porre al centro dell’indagine la “personalità morale” dell’uomo come individuo che ha una propria libertà e una propria dignità da tutelare. […] il diritto penale non è fatto solo per le astratte verità di pochi studiosi, ma per l’uomo in genere che ha una sua concreta vita di gioia e di dolore nel quadro dei concreti valori della vita.
Il diritto penale serva appunto a tutelare questi valori i quali si devono riflettere anche nella elaborazione concettuale delle categorie; ed è per questo motivo che ho cercato di dare una impostazione teleologica ai concetti penali al fine di ancorarli alla realtà della vita dopo di averli tolti dall’“aer perso” di una scialba considerazione formalistica. Esigenza teleologica da un lato, idea retributiva dall’altro: sono questi i poli attorno ai quali gravita oggi la nostra disciplina» [3] .
La figura di Giuseppe Bettiol è troppo nota, non solamente a coloro che si occupano di diritto, e sarebbe dunque inutile offrire qui una ulteriore presentazione della sua figura e della sua opera; tuttavia, la già amplissima bibliografia si è di recente arricchita di alcuni preziosi volumi, dedicati alla vita e all’opera del grande penalista, per cui si è ritenuto di doverne dare conto in maniera un po’ più ampia e dettagliata, tentando di porre all’attenzione del lettore alcuni interessanti temi che queste opere intendono riproporre. Da un lato vi è la vita stessa del grande penalista, riscoperta (è forse il caso di dirlo) dalla figlia Raffaella e dal di lei marito Bruno Pellegrino, nel bel volume Giuseppe Bettiol. Una vita tra diritto e politica [4] , nel quale si ripercorrono le tappe fondamentali riguardanti le vicende umane di Bettiol, strettamente collegate alla sua lunga esperienza politica senza dimenticare gli agganci, sempre presenti, alle sue concezioni penalistiche, che formano un tutt’uno quasi inscindibile. Vi è poi l’interessante saggio di Antonio Vernacotola, Primato della persona e realismo metafisico. La filosofia del diritto penale di Giuseppe Bettiol [5] , il quale vuole indagare gli aspetti più prettamente giusfilosofici presenti in tutta la produzione scientifica del Bettiol. Accanto a questi due volumi ci è parso utile, al fine di dare un quadro sufficientemente completo sull’opera del Bettiol, riproporre alcuni dei contenuti del saggio, comparso oramai qualche anno fa, del Prof. Silvio Riondato dal titolo Un diritto penale detto “ragionevole”. Raccontando Giuseppe Bettiol [6] , il quale introduce efficacemente il lettore in quelli che furono i temi penalistici maggiormente cari al maestro. Ecco che in questa trilogia siamo in grado di ritrovare tutto Giuseppe Bettiol: l’uomo, il penalista, il filosofo.
1. Giuseppe Bettiol. Una vita tra diritto e politica
Giuseppe Bettiol nasce a Cervignano del Friuli il 26 settembre del 1907, in quella che oggi è la Provincia di Gorizia, ma che allora era territorio dell’Impero austro-ungarico, del quale il padre Rodolfo era ispettore scolastico ed esperto di legislazione asburgica. Si può dire che il giovane Bettiol, sin da subito, matura due passioni (è il caso di definirle in questo modo): la politica ed il diritto. Nel 1926, all’indomani del suo scioglimento, si iscrive ai gruppi giovanili del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo. Negli stessi anni Bettiol è studente di Giurisprudenza presso la neonata Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, allora retta dal suo fondatore padre Agostino Gemelli, presso la quale si laurea nel 1929 con una tesi dal titolo: Criteri di distinzione tra correità e complicità. Il volume di Bettiol-Pellegrino, ci riporta a quegli anni con sapiente maestria, facendoci apprezzare il clima che si respirava in quella allor giovane istituzione universitaria. Il p. Gemelli, rendendosi conto delle qualità del Nostro, chiede personalmente al padre di Lui, Rodolfo, di far proseguire gli studi al figlio, intravedendone i possibili sviluppi scientifici [7] . Capiamo bene le profonde differenze intercorrenti tra l’università di allora e quella odierna, ove anche solo pensare ad un rapporto epistolare del Rettore con i genitori di uno studente, fa semplicemente sorridere. Citiamo questo episodio tratto dal secondo capitolo del volume, per far capire il tono con il quale esso descrive la vita del penalista; è il tono che solamente chi ha avuto familiarità con il personaggio può tenere, ed è certamente una caratteristica propria di tutto il testo quella di saper coniugare il ricordo intimo, reso con una efficace e divertente prosa, con il dato più propriamente storico-scientifico, che rende ragione dei principali eventi storico-ploitici vissuti dal Bettiol, spesse volte da assoluto protagonista.
Se la produzione scientifico-penalistica del maestro friulano è infatti sufficientemente nota, quanto meno nelle sue linee di indagine principali, è invece quasi inedito il racconto della sua vicenda umana, ricca di eventi; Giuseppe Bettiol, infatti, accanto ad una intensa attività accademica, della quale il volume dà conto in maniera esaustiva, ebbe pure una intensa attività politica tutta vissuta tra le fila della Democrazia Cristiana.
Dopo la partecipazione alla lotta di resistenza nelle schiere dei c.d. “partigiani bianchi”, troppo spesso offuscata da una storiografia appiattita su posizioni ideologiche staliniste, il Bettiol diviene subito uno degli esponenti di spicco del partito nel quale milita, tanto da essere eletto membro dell’Assemblea Costituente nel 1946, nell’ambito della quale farà poi parte della Commissione dei 75, che redasse la Carta costituzionale. Il libro oltre a presentare il contributo del Bettiol alla redazione della Costituzione della neonata Repubblica, presenta il suo costante impegno, in quei primi anni di rinata vita nazionale, in favore della sua terra d’origine, la Venezia-Giulia, allora contesa con la Yugoslavia di Tito. La sua appassionata difesa dell’integrità territoriale italiana, in anni in cui in quelle zone si andavano perpetrando indicibili crimini contro l’umanità, ci fa capire il carattere dell’uomo Giuseppe Bettiol: fieramente anticomunista ed al tempo stesso convinto assertore di una via europea per la risoluzione dei conflitti. Il lettore sarà colpito dalla chiarezza e lungimiranza del pensiero espresso dal Bettiol politico, e sempre ben evidenziato dal volume, il quale, a fianco della narrazione storica, propone ampie citazioni dalla “viva voce” dell’uomo, restituendoci un suo vivissimo ed intensissimo ritratto. A chi come me, non ha vissuto in prima persona le vicende dolorose di quegli anni (se non nel racconto personale di chi le ha viste con i propri occhi), e le inevitabili novità che esse portarono, rimarrà certamente colpito dal clima violentemente ideologico di quegli anni, che paiono oggi più lontani di quanto non siano in realtà.
Cito, solo perché fa parte della nostra storia nazionale e per far meglio comprendere al lettore la caratura del personaggio, un passo del discorso tenuto da Bettiol nella seduta dell’Assemblea Costituente del 26 marzo del 1947: «Passati gli dei falsi e bugiardi, noi ci troviamo di fronte al primo serio tentativo compiuto dal popolo italiano di dare a se medesimo una costituzione, che sia l’espressione di una profonda sanità morale e costituisca la felice sintesi delle forze sociali e politiche operanti in questo momento nel nostro Paese, con pieno riconoscimento di tutti i diritti che spettano alle minoranze» [8] .
Accanto al pensiero politico, il volume non manca di citare, come detto, numerose considerazioni dai risvolti scientifico-penalistici resi dal Bettiol a margine del dibattito politico; cito, solo per fare un esempio, la sua ferma avversione all’inserimento del principio costituzionale in base al quale le pene devono tendere alla rieducazione del reo, principio che fu sempre avversato dal grande penalista, il quale indicava piuttosto un’altra via:
«deve restare il principio che la pena deve umanizzarsi, che la pena, particolarmente nel momento della sua esecuzione, deve essere tale da non avvilire, da non degradare l’individuo. Per questo occorre riformare il sistema carcerario in modo da non ostacolare la riabilitazione dell’individuo» [9] . I temi riproposti sono tanti, e qui non è dato ripercorrerli nella loro integralità, un dato però colpirà senza dubbio il lettore: quasi tutte le questioni trattate, tanto politiche, quanto penalistiche, sono spesso di stringente attualità ancora oggi, il che ci porta a svolgere la triste considerazione che la via tracciata allora, non fu mai pienamente percorsa, lasciando aperte molte delicate questioni, che l’odierno legislatore non pare essere in grado di risolvere efficacemente.
Lo sviluppo cronologico del volume seguendo le vicende dell’uomo, offre un interessante affresco di storia nazionale, riportando alla memoria molte pagine oggi troppo spesso dimenticate: lascio al lettore il piacere della riscoperta dell’uomo Giuseppe Bettiol, certo che il volume sarà di piacevolissima lettura, per i motivi che ho brevemente tentato di esporre. Alla presentazione del volume, svoltasi a Padova, l’Autrice, nonché figlia del grande penalista, ha evidenziato come per lei stessa l’occasione del volume sia stato un momento importante per riscoprire il pensiero del padre Giuseppe, nel concreto vissuto della di Lui esperienza umana, lo è certamente per noi, che abbiamo la possibilità di ripercorrere attraverso il testo la vita ed il pensiero del grande penalista.
2. Primato della persona e realismo metafisico. La filosofia del diritto penale di Giuseppe Bettiol
Se il primo dei volumi qui recensiti, ci da modo di conoscere l’uomo, il secondo ci propone invece un itinerario alla scoperta degli aspetti filosofici, intrinseci all’opera del grande penalista. Chi conosce almeno minimamente la produzione scientifica di Giuseppe Bettiol, saprà che i temi giusfilosofici sono tutt’altro che avulsi da essa; in particolare la filosofia del diritto, nella sua declinazione più propriamente metafisico-personalistica, fa parte integrante ed imprescindibile del pensiero di Bettiol.