AUTODISCIPLINA E LEGGE NEL NUOVO DIRITTO DELL’ECONOMIA
di Lucio Franzese

7. L’eversione legislativa.

In taluni casi, però, la legge sembra istigare i soggetti a sciogliersi dai vincoli autonomamente assunti, nel senso che legittima la messa in discussione dei patti in precedenza stipulati e così facendo mina l’ordine che i singoli hanno impresso ai propri interessi.
Come esempio di legge eversiva dell’ordinamento giuridico, inteso come processo mediante il quale si realizza l’ordinato sviluppo dei rapporti intersoggettivi facendo leva sulla regolarità individuale, può essere portato il recentissimo decreto legislativo 4 settembre 2002, n.198 recante "Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443".
Per agevolare la liberalizzazione delle telecomunicazioni sono state razionalizzate le procedure autorizzative degli impianti in modo che vi sia certezza riguardo ai termini entro i quali vanno concluse e gli operatori del settore possano offrire con celerità servizi adeguati alle nuove tecnologie oggi disponibili. In particolare si è stabilito che le infrastrutture delle telecomunicazioni, considerate strategiche in virtù della c.d. legge obiettivo del 2001, sono realizzabili esclusivamente secondo le modalità previste dal decreto stesso, anche in deroga a quanto previsto dalla legge quadro sui campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, cioè la n. 36 del 22 febbraio 2001, che pur era stata salutata come "risolutiva"[CICIGOI-SGORBATI, 2002]. Inoltre si è disposto che le installazioni delle infrastrutture per impianti radioelettrici "sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento". Si è finito così con l’incidere radicalmente sulla questione dell’elettrosmog, ossia sul problema posto dalla esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici emessi dalle installazioni necessarie alla telefonia mobile, televisione digitale terrestre, radio ecc., dove da un lato vi è l’esigenza di tutelare la salute delle comunità vicine alle infrastrutture e dall’altro di dare risposta alla crescente domanda di servizi di telecomunicazioni.
Lo Stato italiano, corrispondendo ad una raccomandazione dell’Unione europea, già nel 1998 aveva fissato i limiti di tollerabilità alle radiazioni connesse all’esercizio dell’attività di telefonia mobile, lasciando però senza risposta una serie di interrogativi riguardanti la natura dell’atto di assenso necessario per procedere alle installazioni e i luoghi dove esse avrebbero potuto sorgere. Con la già citata legge quadro del 2001, lo Stato aveva ribadito la sua prerogativa in ordine alla fissazione dei limiti alle emissioni, consentendo agli Enti locali di regolare la localizzazione degli insediamenti per minimizzare l’esposizione delle proprie popolazioni. Quest’ultima previsione ha innescato il dibattito sulla possibilità dei Comuni di derogare ai limiti di tolleranza stabiliti dalla norma statale, non ritenendo essi di doversi limitare alla tutela ambientale e territoriale.
In questa fluida situazione istituzionale, è venuta alla luce un’intensa attività consensuale tra Comuni e gestori telefonici in ordine alla individuazione dei siti su cui collocare le infrastrutture necessarie all’espletamento del servizio. Le parti sono ricorse agli accordi di cui alla legge sul procedimento amministrativo e soprattutto, consapevoli dell’asimmetria di poteri che tale figura attribuisce alla pubblica amministrazione, a protocolli d’intesa idonei a garantire la parità delle posizioni tra i soggetti stipulanti. Per tal modo sono stati individuati, pattiziamente, gli insediamenti per gli impianti di telecomunicazioni, che consentono all’Ente locale di minimizzare l’esposizione dei cittadini ai campi elettromagnetici e ai gestori di programmare i propri investimenti conoscendo in anticipo le aree all’uopo individuate dall’amministrazione.
Anche per i protocolli d’intesa si sono posti problemi di qualificazione giuridica negandosi, per esempio, la natura contrattuale per la mancanza del carattere patrimoniale delle obbligazioni reciprocamente assunte. Nondimeno, è inconfutabile l’avvenuto contemperamento con essi raggiunto tra l’interesse alla salute, e più in generale ad un ambiente salubre, con l’interesse a disporre di mezzi di telecomunicazioni efficienti, grazie a un’adeguata iniziativa imprenditoriale, rappresentando i protocolli l’assetto che la materia ha conseguito in modo autonomo, mediante cioè l’incontro negoziale tra amministrazione e imprenditori del settore.
Stabilendosi ora che le installazioni possono sorgere comunque e dovunque, si inducono gli imprenditori che hanno sottoscritto i protocolli d’intesa a denunciarli, a dichiararli inefficaci per il sopraggiungere di una legge che attribuisce loro, sostanzialmente, mano libera nel settore delle telecomunicazioni. Perché, infatti, limitarsi ad installare le infrastrutture nei siti concordati con i Comuni quando la nuova legge dichiara che esse "sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento"? Perché rispettare la parola data, dunque, quando l’essere felloni consente di cogliere quelle prospettive di profitto inopinatamente aperte da una legge che viene a dettare i principi fondamentali della materia?
In realtà questa legge, di cui proponiamo una prima valutazione, non fa l’interesse degli operatori economici in quanto essa non intende far emergere, per evidenziare e quindi utilizzare, l’autoregolazione di cui essi sono capaci, bensì, lasciando mano libera negli affari, pone le premesse per un successivo intervento autoritativo del soggetto pubblico. E’ facile, infatti, prevedere che sotto la sua vigenza si determinerà, in un futuro prossimo, un caos tale che gli stessi imprenditori richiederanno una nuova legge volta a controllare e dominare il settore delle telecomunicazioni in quanto esso, lasciato a se stesso, paleserà di non saper mettere ordine nelle proprie cose. Con ciò evidentemente equivocandosi tra l’attribuire la conduzione della vita economica alla signoria della volontà individuale e il suo affidamento all’autonomia soggettiva, alla capacità della persona umana di ordinare la propria condotta, che va rispettata e coltivata in quanto esprime in modo nucleare l’ordinamento delle relazioni intersoggettive. L’alternativa è quella di dover concepire il diritto come una razionalità esterna e altra rispetto al singolo, che dovrebbe essere eterodiretto in quanto inetto ad autoregolarsi.

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