“PER DIRITTO DI MEMORIA”
24 NOVEMBRE 2009
(EDITORIALE)
di Andrea Favaro

Scarica l’articolo >



                                                            E il destino li rese tutti uguali
                                                            al di fuori della legge.
                                                            Figlio di kulak o comandante rosso
                                                            figlio di pope o commissario …
                                                            Qui le classi erano tutte alla pari.
                                                            Tutti fratelli gli uomini, compagni di galera,
                                                            tutti col marchio di traditore.

                                                            Aleksandr Tvardovskij, Po pravu pamjati (1969)


Scorci di pensieri, gemiti di libertà, sussulti di verità… son queste le linee-forza di una rassegna “Per diritto di memoria” che la Rivista desidera proporre oggi, 24 novembre 2010.
Un “diritto”, questo, mai automaticamente garantito e sempre da rinnovare con lo sguardo oltre gli ostacoli presenti perché il ricordo di chi è stato possa indicare orizzonti di senso nella tradizione, “senzaltro e nonostante tutto”.
Come ci ha insegnato con la sua vita Aleksandr Tvardovskij, il colto ma libero direttore della più autorevole rivista letteraria sovietica “Novyj mir”, il «diritto di memoria» evoca simboli in grado di riannodare i punti d’intersezione tra la trama e l’ordito di una esperienza umana, quella di Francesco Gentile nella sua singolarità. Senza preferenze e pregiudizi, oltre steccati o fossati, tutto marchiato «alla pari», «perché tutti uguali / al di fuori della legge».
Ecco allora scorci, gemiti e sussulti che nel sospiro del ricordo osano concedersi, in autonomia, il diritto di una proposta. Altre saranno (e già sono state ) i tempi e le sedi per definire i contorni e indagare i contenuti del pensiero di Gentile.
In questa Rivista, su fecondo suggerimento dell’Editore, quei contorni e quei contenuti sono meramente richiamati nel giorno stesso del primo anniversario della morte terrena del suo Fondatore (24 novembre 2009).
Un segno modesto, quasi un “cenno” che vorrebbe seguire nell’ordinarietà il Suo monito della quotidiana e velata ricerca del sapere. Un “cenno di saluto” che non poteva non principiare con la passione della memoria di chi è stato con Francesco Gentile allievo di Enrico Opocher ed ora è divenuto di entrambi il successore alla cattedra patavina di Filosofia del diritto (Franco Todescan). “Per diritto di memoria”, il “cenno” prosegue nel cogliere il “di più” che emerge tra le righe del contributo di uno degli allievi più giovani (Alberto Berardi) per meglio apprezzare il “per sempre” nel ricordo di uno stile «di un’altra epoca e di un altro tipo di università» (Alberto Scerbo). Grazie a Gian Pietro Calabrò riemerge un Gentile ai primi anni perugini di ricerca e didattica, dove già si intuivano i temi fondanti la sua teoresi. Senza dimenticare, quindi, il diffuso ricordo che il Fondatore raccoglie oltre i confini nazionali nella descrizione fedele di un rapporto con quello cui lo stesso Gentile ha tributato un vincolo di fratellanza (Félix Adolfo Lamas). Per chiudere il cerchio ospitiamo il contributo di un autorevole studioso che da sempre coniuga una intensa attività professionale con una feconda ricerca accademica (Mauro Ronco) e rammentiamo la dedica anticipata di Umberto Vincenti.
Ne emerge così un ritratto a più voci, che cantano all’unisono nel coro di una filosofia del diritto pulsante nell’esperienza giuridica dove operano i giuristi pratici con la loro identità di veram, nisi fallor, philosophiam affectantes (D. 1.1.1.1) di ulpianea memoria.

Proprio in rappresentanza di quegli stessi giuristi intrisi di “vera filosofia” si presentano i contributi di coloro che Gentile definì – nella «palingenesi del testo» che è la reale fucina della Rivista (cfr. www.lircocervo.it/index/?p=15) – i “compagni dell’avventura”.
Con tratti peculiari, talvolta diversi per stile lingua e contenuti, il Lettore riconoscerà i rappresentanti di «quelli della prima ora» (Calabrò), di «quelli della frontiera» (Ronco), ma soprattutto, e non poteva essere altrimenti per la qualifica che li caratterizza, de «il nocciolo duro» (Ancona, Berardi, De Bertolis, Scerbo, Tasso) per concedere quindi l’adeguato spazio d’onore al «fratello dell’emisfero australe» (Lamas).
La proposta non ha alcuna intenzione di assopire l’intelletto nel ricordo del passato, ma proprio “per il diritto di memoria” qui palesato desidera alzare il velo che separa lo sguardo da itinerari di approfondimento diversificati, ma sempre prossimi ai temi affrontati anche da Gentile.
Così, per il “germe dell’ordinamento” (come qualificava Gentile l’Autonomia), ne approfondiamo con Van Dun la cifra contemporanea e i suoi legami con concetti paralleli come “freedom” e “liberty”, svolgiamo con Musio una disamina sul concetto di “autonomia” della dottrina kelseniana e verifichiamo con Grandi come autonomia ed eteronomia possano essere ricalibrate anche oggi alla luce della proposta teoretica di Tommaso d’Aquino.
Per lo “schema dell’ordinamento” (come soleva definire Gentile il Processo), il numero propone, da una parte, un visione sinottica tra fondamenti teoretici (Ancona) ed applicazioni concrete (Berardi) in relazione al criterio teleologico della “giustizia”, che è la “giustificazione” di ogni procedimento chiamato a riconoscere la verità del già accaduto; dall’altra parte, il numero verifica l’investitura di legislatore che in ambito internazionale-comunitario (ma non solo) ha assunto, non sempre inconsapevolmente, la giurisprudenza (Grasso).
Per la cifra della sussidiarietà, che il Fondatore connetteva spesso al paradigma dell’autonomia in un rapporto biunivoco, si propongono delle note di commento ad alcuni lucidi passi, invero troppo poco conosciuti, in cui un Taparelli d’Azeglio anticipa teoresi e prassi contemporanee sulla base di una semplice, ma non banale, lettura della realtà (De Bertolis); si propongono poi degli interventi strutturati che potrebbero offrire interessanti (e provocatorie) prospettive di lettura dello stesso principio di sussidiarietà (cfr. Pabst e Korff-Baumgartner) così come una lettura critica di talune prassi applicative coniugate nel rapporto tra ordinamento giuridico ed analisi economica del diritto (Lottieri).
Da ultimo, but not least, si offre qualche spunto per il recupero di una delle tematiche che più hanno occupato la ricerca anche degli ultimi anni di vita di Gentile: il soggetto umano, la sua natura e la sua dignità (Becchi) e il rischio che queste siano ridotte, anche oggi, alla stato larvale della virtualità (Vernacotola).

Proprio “Per (un fecondo) diritto di memoria” la proposta al Lettore è chiamata anche ad ampliare l’orizzonte su temi che vengono qui proposti al dibattito nazionale ed internazionale.
Tra questi un posto in primo piano ratione materiae riveste il “problema” attuale del “multiculturalismo” e le sue implicazioni in ambito identitario soggettivo e comunitario (Bombelli) posto in mediato rapporto con il “Pro et contra” dedicato al tema del “patriottismo” affrontato in termini autorevoli, seppur distinti e talvolta contrastanti, da Nones e Rinaldi.
Stimolanti risultano poi le letture critiche di alcune tesi di Koskenniemi che molto hanno influenzato il dibattito giuridico internazionale (Crema) e quelle offerte sulle tesi di Agamben tra diritto, potere e biopolitica (Quintana). Disamina questa che ben si coniuga in combinato disposto con l’itinerario proposto da Frivaldszky lungo uno dei rapporti più complessi della giusfilosofia: il connubio tra diritto e forza.

Un mare aperto sempre rinnovato dalla corrente del fiume “originario” e così nella “Galleria” viene tratteggiata una della figure che per molti (e tra questi anche Gentile) è reale testimone nella ricerca della verità: Giuseppe Capograssi. Della sua lettura sull’individuo mutuiamo pure la “Citazione” per cogliere come da una prosa non sempre piana possa sgorgare una veduta di ampio respiro, “per diritto di memoria” qui ripresa e auspicabilmente rinnovata.
Ecco che si torna al libero invito dei primi paragrafi di questo Editoriale.
Così vengono offerte le Recensioni all’ultima opera edita di Francesco Gentile (Amicolo) e dell’ultima monografia da lui commissionata, quella di uno dei suoi allievi recensita dal successore alla cattedra (Todescan). Nella stessa prospettiva viene offerta una presentazione di una giovane rivista (http://www.juspoliticum.com/) che occupa già uno spazio autorevole nel dibattito internazionale alla sequela anche del magistero di Michel Villey, uno degli autori contemporanei più cari al Fondatore per quella sua inesausta ricerca del diritto “all’indicativo” che permette al giurista il dinamico riconoscimento del giusto oltre la tirannia dell’imperativo della norma.
Chiudono il numero altre Recensioni, tra le quali emerge al XXVII Congresso della Società italiana di Filosofia del diritto su “Diritto e politica” al cui interno si è svolta anche la commemorazione del già socio Francesco Gentile.

“Per diritto di memoria”, dunque, un numero denso che un referee non ha avuto remore nel qualificarlo come “doppio”.
Lasciamo al Lettore l’eventuale conferma dell’intuizione, forse troppo ardita.
Di certo, “doppio” è il giogo della responsabilità che percepiamo, e però raddoppiato è pure l’onore di proporre “memoria” e “contenuto” quali semplici strumenti, a guisa di mappa e bussola, per un fecondo viaggio nel sempre agitato pelago del sapere.
Senzaltro e nonostantetutto”, buona navigazione.

Cfr. la raccolta di contributi vergati da autorevoli studiosi italiani e stranieri in M. AYUSO (a cura di), De la geometria legal-estatal al redescubrimiento del derecho y de la politica / Dalla geometria legale-statualistica alla riscoperta del diritto e della politica: studi in onore di Francesco Gentile, Marcial Pons, Madrid 2006.