IN MEMORIAM *
FRANCESCO VITTORE GENTILE
(1936-2009)
di Franco Todescan
Università degli Studi di Padova
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Ricordare sulle pagine di questa rivista il pensiero e l’opera di Francesco V. Gentile, spentosi a Padova il 24 novembre 2009 dopo lunga malattia, significa inevitabilmente per me salutare la scomparsa del primo di quel gruppo, un tempo unitissimo, di allievi patavini del prof. Enrico Opocher che, da accanito lettore di Alexandre Dumas, avevo da subito chiamato «i quattro moschettieri» (Gentile, Cavalla, Andreatta e il sottoscritto). «Franco», che dei quattro era il più anziano, era divenuto subito dopo il mio ingresso nella Scuola opocheriana (per la concomitante vittoria nel concorso a cattedra di «Dottrina dello Stato» di Antonio Negri), il nostro «archi-assistente», un po’ la guida e il fratello maggiore di tutti noi. E da quel momento ho potuto direttamente seguire la sua brillante carriera accademica e scientifica.
Francesco V. Gentile era nato a Milano il 26 luglio 1936 da genitori giuliano-dalmati, Marino (che fu poi professore ordinario di «Filosofia teoretica» alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Padova) e Fabia Gatti Premuda. Aveva trascorso la sua infanzia nella città del Santo, dove la famiglia si era trasferita alla vigilia del secondo conflitto mondiale, nel 1939. Compiuti gli studi secondari presso il Collegio Vescovile «Beato Gregorio Barbarigo» di Padova, si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, laureandosi con lode nel 1958, con una tesi in «Filosofia del diritto» di cui era relatore il prof. Opocher. Del Maestro trevigiano era divenuto assistente di «Storia delle dottrine politiche», conseguendo la libera docenza nel 1965. Subito dopo aveva avuto inizio la sua ricca e variegata attività didattica: «Dottrine sociali» nella Facoltà di Sociologia di Trento (1966/67), «Storia delle dottrine politiche» nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Perugia (1967/74), e, dopo la vittoria nel concorso a professore di I fascia del 1975, «Filosofia della politica» nella Facoltà di Lettere e Filosofia di Padova (1975/80), «Filosofia del diritto» nella Facoltà di Giurisprudenza di Napoli (1980/84); infine, dopo la collocazione fuori ruolo del prof. Opocher, «Filosofia del diritto», «Teoria generale del diritto», «Metodologia della scienza giuridica» e «Diritti umani» nella Facoltà di Giurisprudenza di Padova (1984/2008). Negli ultimi anni aveva deciso, con generosità, di trasferirsi alla sede di Treviso, per testimoniare la propria volontà di impegnare anche lì le energie di professori autorevoli. Aveva pure tenuto corsi universitari (oltre a numerose conferenze nelle più prestigiose Università americane ed europee) all’Accademia Militare di Modena, alle Facoltà di Giurisprudenza di Catanzaro, della Libera Università del Mediterraneo, di Udine, di Innsbruck, all’Istituto di Diritto canonico «San Pio X» dello Studium Generale Marcianum, e, in qualità di visiting professor, all’Università Nazionale della Somalia di Mogadiscio, all’Università Cattolica Argentina «Santa María de los Buenos Aires», all’Università Cattolica dell’Uruguay di Montevideo e all’Università Centrale del Venezuela di Caracas.
Notevole pure il suo impegno nella governance dell’Ateneo patavino: era stato membro del Consiglio di Amministrazione (1978/81), Direttore dell’Istituto di Filosofia del diritto e Diritto comparato (1987/97), Direttore del Dipartimento di Storia e Filosofia del diritto e Diritto canonico (1997/2001), Coordinatore del Dottorato di ricerca in Filosofia del diritto «Metodo e Tradizioni giuridiche» (1987/2004), Direttore della Scuola di dottorato in Giurisprudenza (2004/2009), Preside della Facoltà di Giurisprudenza (1989/95 e 2001/2007). Membro del collegio docenti del Dottorato in Scienze giuridiche dell’ Università Cattolica Argentina «Santa María de los Buenos Aires», era socio di numerose accademie: l’Istituto veneto di scienze, lettere e arti; la Real Academia de Jurisprudencia y Legislación de España; l’Académie Montesquieu di Bordeaux; la Central European Academy of Science and Art di Timisoara. Faceva inoltre parte del Comitato Scientifico di molte importanti riviste, italiane e straniere, fra le quali, in primis, la Rivista internazionale di filosofia del diritto.
Nel 1968 aveva ricevuto il Premio Montesquieu. Aveva fondato, per le Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli, tre collane: L’Ircocervo. Saggi per una storia filosofica del pensiero giuridico e politico italiano e contemporaneo; La Crisalide. Studi filosofici di critica civile; e I Quaderni della Scuola di Applicazione Forense della Fondazione Gentile (la cui prima uscita contiene il testo, come recita la nota di apertura, dell’ «ultima lezione di Filosofia del diritto del 786° Corso di Giurisprudenza della patavina Universitas Iuristarum e ultima mia lezione come professore ordinario dell’Università Italiana, tenutasi nella sede trevigiana il 21 maggio del 2008»). Con la moglie Anna Lisa Zaccaria aveva infatti costituito la «Fondazione Gentile onlus» di Venezia, avente lo scopo di «conservare, rinnovandolo, il retaggio umanistico della metafisica classica, nella storia e nella giurisprudenza, nell’arte e nella tecnica». Era stato fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione de «I Solisti Veneti», diretti dal Maestro Claudio Scimone, e della «Orchestra di Padova e del Veneto»; aveva pure fatto parte del Consiglio direttivo della «Biennale di Venezia». Notevole infine il suo impegno politico: Consigliere comunale a Padova dal 1995 al 1999; membro del Comitato di studio sulle Riforme isituzionali, elettorali e costituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri; membro dei Gruppi di studio per la Riforma dello Statuto della Regione Lombardia e della Regione Calabria; componente della Commissione per l’attuazione dello Statuto della Corte penale internazionale del Ministero della Giustizia.
Parallelamente all’intensa attività didattica, si svolgeva una altrettanto intensa attività scientifica. Ricordiamo qui le sue principali monografie: Dalla concezione illuministica alla concezione storicistica della vita sociale. Saggio sul concetto di società nel pensiero di C. H. de Saint-Simon, Padova, Cedam, 1960; L’esprit classique nel pensiero del Montesquieu, Padova, Cedam, 1965; Saint-Simon in Italia. Emozioni e risonanze saint-simoniane nell’Ottocento italiano, Napoli, Morano, 1969; Che cosa ha veramente detto Saint-Simon, Roma, Ubaldini, 1973; Intelligenza politica e ragion di stato, Milano, Giuffrè, 1983; Ordinamento giuridico tra virtualità e realtà, Padova, Cedam, 2000; Filosofia del diritto. Le lezioni del quarantesimo anno raccolte dagli allievi, Padova, Cedam, 2006; Legalità, giustizia, giustificazione. Sul ruolo della filosofia del diritto nella formazione del giurista, Napoli, ESI, 2008; nonché gli oltre trecento saggi e recensioni pubblicati in volumi collettanei, atti dei congressi, riviste scientifiche.
In tale vastissima produzione, dopo essere stato avviato «non so se per un disegno prestabilito, di certo per una felice intuizione, […] a studiare il costituirsi della scienza sociale nei meandri della “Physiologie générale ou sociale” di Claude Henry de Saint-Simon e quindi, risalendo nel tempo, il costituirsi della moderna scienza giuridica nella grande sistemazione del Esprit des lois di Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu», Gentile si era occupato di tematiche filosofico-politiche (gli era particolarmente caro il problema del potere) per passare poi alla filosofia del diritto, crocianamente (e ironicamente) descritta come un «filosofico ircocervo»: «Se l’ircocervo rappresenta plasticamente lo strano miscuglio in cui si risolve la filosofia del diritto quando rimanga irretita nel preconcetto astratto della separazione, per non dire dell’estraneità, di essere e di pensiero, tematizzata in vario modo dalla filosofia moderna, dalla positivista come dalla materialista, d’altra parte, ad un’attenzione radicalmente problematica, quale solo un’attitudine autenticamente filosofica consente, l’ircocervo è significativo di come proprio il caso giuridico implichi la concreta intuizione del rapporto dialettico fra ciò che deve essere e ciò che è, fra teoresi e prassi. Sin dal primo momento del suo costituirsi, quando l’uomo advoca il giurista per mettere ordine nelle sue relazioni con gli altri e questi gli fornisce aiuto mediante la rappresentazione di quello che gli spetta, da iuratus» (Legalità, giustizia, giustificazione, p. 50).
Spicca nel pensiero di Gentile, per la suggestività della metafora, la teorizzazione della «geometria legale» (i cui maggiori esponenti vengono ravvisati in Hobbes, Rousseau e Kelsen) come asse interpretativo di larga parte del pensiero giuridico contemporaneo e strada per individuare criticamente i motivi di congiunzione fra teoria e prassi nel mondo del diritto: «Benché diverse e varie siano le versioni che ne sono state date, il nucleo comune e fondamentale del “protocollo”, o “principio proprio” o “apriori”, della geometria legale è costituito dalla convenzione dell’uomo come individuo, come atomo, come unico e quindi del soggetto senza regole perché privo delle nozioni di bene e di male» (Legalità, giustizia, giustificazione, p. 52). Ora la geometria legale è fondamentalmente aporetica nei suoi snodi fondamentali: l’individualismo dello stato di natura hobbesiano, la volontà generale rousseauiana, la Grundnorm kelseniana. Tuttavia «il passaggio al mondo delle aporie della geometria legale, può essere mediato da due testi, dai quali significativamente emergerà non solo la necessità di misurare la propria opinione con l’opinione degli altri, ma anche che il superamento di una prospettiva meramente convenzionale ed operativa, qual è quella geometrica, non si pone in termini di mera opzione, ma sorge logicamente necessaria dai problemi che ci pone la realtà […] I due testi [l’Antigone di Sofocle e l’Introduzione al Cristianesimo di J. Ratzinger], nella loro successione, dimostrano come il superamento di una prospettiva meramente convenzionale ed operativa qual è quella geometrica non si può dare in termini di opzione seguendo un’altra prospettiva come se si trattasse di un altro sapere convenzionale: in questo modo semplicemente si vorrebbe sostituire una geometria ad un’altra»: così diceva nelle belle lezioni di Filosofia del diritto, raccolte dai suoi allievi più cari: Alberto Berardi, Giovanni Caruso, Federico Casa, Giovanni Ferasin, Torquato Tasso (pp. 112-113). Ne deriva la conseguente necessità di ripensare concetti basilari come quello di ordinamento giuridico e di sovranità: «In effetti, mediante l’ordinamento giuridico delle condotte dei singoli soggetti, geometricamente concepito, non si evita l’interferenza degli appetiti individuali e quindi la conflittualità, cosa affatto impossibile stante la postulata gratuità delle motivazioni individuali e l’assenza di regole condivise nell’ipotetico stato di natura, ma si neutralizzano le conseguenze della relazione intersoggettiva, vero e proprio evento dannoso per l’uomo, da cui derivano, per continuare a usare le espressioni hobbesiane, dispute, conflitti e infine la guerra […] Ora, per assicurare il funzionamento di questo meccanismo, rudimentale ma coerente ed estremamente efficace dal punto di vista operativo, la geometria legale deve postulare la sovranità del soggetto pubblico e la sudditanza dei soggetti privati)» (Legalità, giustizia, giustificazione, pp. 54-55). Acquista così più forte risalto un’altra tematica cara a tutto il pensiero gentiliano, come quella del consenso: «Non v’è dubbio, infatti, che sia possibile intendere il consenso come concorso di volontà, ma non è il solo, né il primo modo di intenderlo; ché, infatti, il concorso di volontà presuppone, per attuarsi operativamente, una comunanza di vedute. Il consenso evidenzia così una ragione comune, che non è il prodotto della volontà di stare insieme bensì la condizione logica di ogni convivenza volontaria e quindi non alienata. Ma un ulteriore passo s’impone. Svariate possono essere le ragioni che spingono gli uomini a convivere. Sono ragioni fisiche, economiche, estetiche, culturali, ecc. La condizione, tuttavia, perché la convivenza si instauri è data da una considerazione complessiva dell’uomo e delle sue ragioni tale da consentire la collocazione di ciascuna di esse in un ordine unitario» (Intelligenza politica e ragion di stato, p. 37).
Negli ultimi mesi della sua vita, in Gentile, l’ispirazione religiosa si era con tutta evidenza rafforzata e come purificata. Ne sono stato direttamente testimone nel viaggio in Terrasanta che Franco con grande tenacia aveva voluto organizzare nel luglio 2009 con un gruppo di amici e di colleghi. Era tenero ed ammirevole insieme vederlo precedere imperterrito il gruppo per le salite e discese della Palestina, anche quando i segni della sofferenza del male che internamente lo minava apparivano con tutta evidenza. E’ sullo sfondo di questa luminosa immagine (e in particolare di quello splendido pomeriggio sul Monte Tabor) che mi permetto di chiudere questo breve ricordo dell’amico scomparso con quelle che credo siano state le sue ultime parole pubblicate a stampa (in appendice a Legalità, giustizia, giustificazione), e che suonano quasi come un grido lanciato verso l’Assoluto: «Non nobis; Domine, non nobis . Inciso sulla facciata del Palazzo Loredan in Canal Grande [a Venezia], ancor oggi l’incipit del Terzo Salmo dell’Hallel ci ricorda di quanto forte sia stato il “timor di Dio” nei governanti di questa straordinaria città che “serenissima” non ha mai temuto gli eventi umani, essendosi in ultima istanza affidata sempre al Redentore. Ma ci ammonisce anche a riflettere sul timore degli uomini che, “una volta preteso di fare a meno del timor di Dio, è il principio d’ogni follia” perché, come dice il teologo Ratzinger, “a bandire Dio dalla città si finisce per bandire la giustizia e anche il diritto”. Non sarà che il compito laicissimo del giurista di oggi, che abbia il dono d’essere cristiano, sia quello di recuperare la iuris prudentia, intravista dal giurista di un tempo pagano veluti si Deus non daretur, con una consapevolezza razionale resa più radicale e profonda dalla “buona novella” di Gesù Cristo?».
Franco Todescan
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* Contributo pubblicato anche per “RIFD – Rivista Internazionale di filosofia del diritto” 2010. Si ringrazia l’Editore per la gentile concessione.