Legami, con luci ed ombre: patriottismo repubblicano, patriottismo costituzionale e costituzione del patriottismo [1]
di Alberto Nones
United Arab Emirates University

Dai suoi sostenitori, però, il patriottismo costituzionale non viene presentato come astratto (né tanto meno come positivistico, in quanto di natura prettamente dialogica); almeno non come astratto con connotazione negativa, per due motivi principali. Innazitutto, in quanto quei principi universali, a prescindere dalla presenza viva o meno, in essi, di un’anima storica, pur sempre diventano diritti particolari attraverso il loro essere calati in un determinato contesto istituzionale e politico di formulazione, applicazione, interpretazione e revisione, dove formulazione, applicazione, interpretazione e revisione sono opera non di attori astratti, ma dei cittadini stessi nella veste di autori/autorità normative. Ciò non per accidente ma attraverso codificate procedure istituzionali, nelle quali l’azione politica—solitamente coniugata in varie forme di rappresentanza popolare—viene riconosciuta come legittima. Più profondamente, perché la nozione di diritti è tutt’altro che astratta, fondata come è su una duplice accezione di autonomia dell’individuo: l’autonomia privata, che attiene a quella sfera di libertà personali—gli eguali diritti dei cittadini—che viene tradizionalmente tutelata attraverso i principi dello stato costituzionale; e l’autonomia pubblica, che attiene a quella sfera di azione e comunicazione politica che, attraverso la democrazia, intesa essenzialmente come sovranità popolare nella formazione delle leggi, tale stato costituzionale partecipativamente esprime.
Tra le due dimensioni menzionate esistono gradi di interazione che, attraverso processi critici [12] di negoziazione e continua rinegoziazione mediante il dibattito pubblico, sia all’interno sia all’esterno delle istituzioni, vanno a costituire identità razionalizzate, post-convenzionali (per usare gergo habermasiano). Tali gradi di interazione tra persona e collettività, quindi, vengono riconosciuti e protetti dai diritti sociali e culturali, importanti anch’essi, ma tanto in quanto caratterizzanti la persona, o caratterizanti le condizioni per l’interagire politico della persona con altre persone. Conseguentemente, sulla falsariga della tradizione rawlsiana, il patriottismo costituzionale sostiene di poter mantenere una neutralità di fondo rispetto alle forme di vita specifiche dei vari gruppi sociali e delle varie comunità culturali. Esso, infatti, assume una valenza sopra-culturale rispetto ai vari sotto-gruppi, e trova il suo massimo valore al cospetto dei cittadini proprio nella sua capacità di fungere da collante pubblico e tessuto connettivo, ossia da legame, a prescindere dalle differenze culturali presenti nella società. Il patriottismo costituzionale sembrerebbe dunque raggiungere risolutiva e chiarificatrice manifestazione del patriottismo attraverso la sua enfasi su quell’ordine materiale o documento formale da tutti i cittadini accettato, esplicitamente o implicitamente, che è la costituzione, in cui la relazione tra diritti (dei vari tipi su accennati, mentre più velato, in quanto derivativo, è un esplicito richiamo ai doveri) e impianto politico-istituzionale (qui, semmai, si esplicherebbero più manifestatamente i doveri) si dispiegherebbe in maniera più chiara rispetto al coacervo cultural-politico del patriottismo repubblicano.

2.

Che la distinzione tra patriottismo repubblicano e patriottismo costituzionale sia chiara, tuttavia, è discutibile. Riluce già nella separata presentazione delle due concezioni di cui sopra come il patriottismo repubblicano partecipi del patriottismo costituzionale, nella misura in cui si richiama alla costituzione della repubblica in questione e non primariamente all’identità etnica della nazione (se non in certe varianti che però i suoi sostenitori teorici stigmatizzerebbero come nazionalistiche). Allo stesso tempo, il patriottismo costituzionale partecipa del patriottismo repubblicano, nella misura in cui la costituzione su cui esso si fonda risulta da processi storici come sedimento culturale, e non da astrazioni (se non forse nelle argomentazioni un po’ troppo filosofiche dalle quali i suoi sostenitori, in fase di difesa dalla critica, si distanziano). [14] Ma discutibile, e a mio avviso più interessante da discutere, è la stessa pretesa che abbia senso voler in qualche modo creare elaborazioni del patriottismo appunto “chiare”, e perfino chiarire troppo (attraverso semplificazioni o teorizzazioni) che cosa il patriottismo sia. Innanzitutto, vorrei notare che il nesso tra patria, repubblica / stato e costituzione, di fatto prima che nella teoria, è per sua natura tutt’altro che riassumibile in maniera inequivoca. A titolo esemplificativo, per prendere un caso specifico di repubblica e di costituzione, possiamo accennare a come i termini “repubblica” e “patria” siano utilizzati nella Costituzione italiana. Il primo termine, “repubblica”, ricorre numerose volte. Innanzitutto (art. 1 in primis), in ambito definitorio dell’Italia e della sua forma di governo e di Stato, e quindi a vario titolo di articolazione ulteriore (ad esempio agli art.12 e 52). Nel resto del testo, il termine viene utilizzato come sinonimo dell’entità Stato ogni qual volta questa è, riguardo sia ai diritti dei cittadini sia all’organizzazione della cosa pubblica, agente di azione (per esempio agli art. 2, 3, 4, 5, 6, 9, 29, 31, 32, 33, 34, 35, 37, 45, 46, 47 e 51), o teatro a vario titolo dell’azione degli individui cittadini e non (ad esempio agli art. 10, 16, 51 e 54), o ancora, più in generale, nella parte II della Costituzione, soggetto dei principi che ne caratterizzano l’ordinamento—tenendo presente che lo Stato, inteso come amministrazione centrale, è parte della Repubblica, entità che tutto racchiude (art. 114). Il termine “patria” compare invece solo due volte, all’art. 52 (“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”) e all’art. 59 (“Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”). Ciò che non compare mai sono i termini “patriota”, “patriottico” e, ciò che è qui particolarmente significativo, “patriottismo”.
Rimanendo all’interno di considerazioni di teoria politica, cioè senza inoltrarsi in un esame dei lavori della Costituente che esorbiterebbe dalle finalità di questo lavoro, [15] occorre una prima considerazione con riguardo al significato, senso e uso delle parole: [16] la parola “patria” sembra essere stata usata le due volte in cui serviva un termine che non solo trascendesse lo Stato (leggi ordinamento centrale) e la Nazione (leggi cittadinanza con i suoi principi e le sue forme di rappresentanza e di amministrazione, art. 67 e art. 98, o cittadinanza con il suo patrimonio, art. 9), casi in cui il termine “Repubblica” sarebbe stato sufficiente, ma che trascendesse anche la stessa “Repubblica”, entità che, come detto sopra, tutto—da impianto costituzionale—dovrebbe racchiudere. Voglio suggerire cioè come il termine viene usato da una parte, nell’art. 52, per indicare la difesa del nesso insondabile tra territorio, popolo e autogoverno, eventualmente anche a prescindere dalla forma di ordinamento specifica in cui questo è costituzionalmente organizzato; [17] dall’altra, nell’art. 59, per indicare quegli aspetti culturali che nemmeno il termine “Nazione” riesce esaustivamente a rappresentare, perché vanno al di là di una mera identificazione con il corpo attuale della cittadinanza, e al di là di una immediata identificazione con l’italianità, e rimandano piuttosto ad una caratura spirituale che fa della patria un’entità trascendente, riconoscibile dall’interno, cioè dai cittadini per così dire in perpetuo ad essa legati e da essa legati, e dall’esterno, cioè dal resto del mondo inteso come “altro” culturale e politico. Ma v’è di più: il termine “patria” viene usato le due volte che i sentimenti evocati dal contenuto degli articoli costituzionali in questione tendono, seppur non esplicitamente, al “patriottismo”, ovvero sono quei sentimenti suscitati dal menzionare la difesa della patria e dal sollecitare il senso di orgoglio per conseguimenti sociali e culturali dei figli della patria: della patria-Italia, come terra di libertà, e non solo della gente italiana, né solo dello stato italiano, né solo (paradossalmente) della repubblica italiana. Si parla di patria, qui, cioè si parla di patria nei due momenti più prettamente politici in senso schmittiano:[18] il richiamo al rapporto (di distinzione) con i nemici, e il richiamo a ciò (uno spirito, un’essenza) che sta dietro l’essere amici. Non si parla di patria, invece, tutte le volte che, secondo la dottrina del patriottismo costituzionale, si potrebbe o si dovrebbe logicamente farlo, cioè ogni qualvolta sono in gioco diritti e istituzioni che quei diritti tutelano.
Che cosa significa questo? Da una parte che patriottismo repubblicano e nazionalismo, perfino in una civilissima costituzione come quella italiana, sono forse meno distanti di quanto un’illustre dottrina cerca di sostenere—ma non è tanto questa la tesi che mi interessa sostenere qui; dall’altra, che il patriottismo costituzionale molto spiega tranne perché di patriottismo costituzionale, e non semplicemente di qualche altra forma di relazione all’ordinamento costituzionale, o semplicemente di costituzionalismo, si debba parlare—ma nemmeno questa è la tesi che di per sé mi sembra troppo rilevante portare avanti qui. Ciò che mi preme notare, piuttosto, è come sia necessaria una problematizzazione del termine “patriottismo”, termine a cui sia patriottismo repubblicano sia patriottismo costituzionale si riferiscono senza spiegarne in modo pienamente soddisfacente né il significato, né le implicazioni che da quel significato seguono. Il patriottismo repubblicano è convincente, e a suo modo indispensabile, per la ricostruzione diacronica che offre della complessa evoluzione del patriottismo—patriottismo contestualizzato, situato, storicamente radicato. Il patriottismo costituzionale, dal canto suo, è convincente e a suo modo indispensabile per il disvelamento del rapporto tra universale e particolare che circonda il rapporto tra principi-diritti e ordinamento-diritto. Ciò che nessuno dei due patriottismi offre è, paradossalmente, una convincente analisi filosofica di ciò che il patriottismo in prima istanza sia, omissione da cui conseguono gran parte delle debolezze delle due concezioni, che infatti quasi sempre su questo punto debole sono state attaccate.
Consideriamo una critica fondamentale mossa al patriottismo costituzionale, infatti, quella proveniente, guarda caso, dal patriottismo repubblicano: il primo non riuscirebbe, a detta del secondo, a motivare i cittadini al sentimento di attaccamento alla patria, né tanto meno all’azione in sua difesa, perché troppo incentrato su un discorso universalistico di diritti. E consideriamo ora una critica fondamentale mossa al patriottismo repubblicano da un individualismo liberale che non poggia su qualcosa di troppo diverso da una versione di costituzionalismo a tutela di diritti e principi: il patriottismo, in nome di un’astrazione, la patria—astrazione perché composta più da fattori immaginari che fattuali—motiverebbe perfino ad uccidere e morire per quell’astrazione.[19] Senza entrare qui nel merito delle due critiche, è sufficiente evidenziare come esse siano possibili perché, rispettivamente, sono rivolte a due diverse definizioni di patriottismo sulle quali le concezioni oggetto della critica sembrano reggersi, ma che non esplicitano chiaramente. Il fatto è che le due concezioni non riescono ad esplicitare chiaramente cosa intendano per patriottismo perché—questa è la mia tesi—cosa sia il patriottismo, e cosa esso debba essere, non si può tanto chiaramente, cioè a dire univocamente, esplicitare.

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