BREVI NOTE SULLE RADICI DELLA «SELVA» DEI DIRITTI UMANI.
L’EVOLUZIONE DEI DIRITTI TRA RELIGIONE E POLITICA
di Torquato G. Tasso
Università degli Studi di Padova
Posizioni sostanzialmente confermate anche nella successiva enciclica di Pio IX Sillabo del 1864 dal quale inizia, però, un lento e progressivo riavvicinamento grazie innanzitutto a Leone XIII che con la sua enciclica Rerum novarum del 1891, l’enciclica definita sociale, auspicava un’armonia sociale e, in particolare nel mondo del lavoro, tra ceti operai e il capitalismo, chiamando i padroni al rispetto dei diritti umani e gli operai all’osservanza dei propri doveri e al ripudio della lotta di classe. Significativo, in questo avvicinamento, fu la posizione di Benedetto XV che intervenne nella politica pubblica definendo la Guerra una «inutile strage» e «suicidio dell’Europa civile» per giungere poi al «rivoluzionario» Concilio Vaticano II, che iniziò un nuovo e definitivo cammino che vide come tappe più significative la posizione fondamentale illustrata nell’enciclica Pacem in Terris del 1963 di Giovanni XXIII e che è giunto ai giorni nostri, attraverso i vari pontefici succedutesi fino al recente e fondamentale insegnamento di Benedetto XVI.
A questo proposito è emblematica (e per certi versi personale) la posizione che la Chiesa Cattolica ha espresso nel proprio Catechismo del 1992 (numero 1930): «Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale. Se manca tale rispetto, un’autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l’obbedienza dei propri sudditi. È compito della Chiesa richiamare alla memoria degli uomini di buona volontà questi diritti e distinguerli dalle rivendicazioni abusive o false. (…) Il rispetto della persona umana non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: « I singoli » devono « considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come "un altro se stesso", tenendo conto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente».
5. La nascita dello Stato Moderno. La traslazione della rotta.
Se questa appena illustrata è stata l’evoluzione che ha caratterizzato il ruolo della religione nell’ambito della realtà dei diritti umani, si deve però evidenziare come si sia verificata una parallela evoluzione del ruolo e del significato delle organizzazioni politiche in rapporto agli stessi diritti umani.
Come avevamo avuto modo di illustrare, l’organizzazione politica, fin dalle lontane origini, non pareva avere un ruolo particolarmente rilevante. Certamente non aveva alcun ruolo nella determinazione dei diritti, che erano sostanzialmente dei diritti unanimemente riconosciuti e riconoscibili come essenziali alla convivenza umana e non frutto di un atto di imperio del potere politico di loro determinazione.
Per altro verso, la natura pubblica dell’organizzazione politica non aveva un ruolo discriminante nella possibile violazione dei detti diritti, nel senso che, nelle testimonianze antiche, si comprende come la violazione dei diritti fondamentali avveniva ad opera esclusivamente di altri uomini e non ad opera (solo ed esclusivamente quanto meno) dell’organizzazione politica.
Lo Stato, se mi viene concesso di usare questo termine, aveva semmai un ruolo di garante dell’osservanza e della diffusione di tali diritti e si poneva, in questa prospettiva, come esecutore della volontà divina, unica forse legittimata a dare indicazione specifica di quali diritti erano da considerarsi effettivamente essenziali alla pacifica convivenza degli uomini .
[13] Successivamente, però, con la nascita dello Stato come modernamente inteso, la posizione dello stesso, in relazione ai diritti umani, muta profondamente.
Da una idea dello Stato (inteso come organizzazione politica) che si colloca in una posizione di rispetto, tutela e promozione dei diritti umani, si passerà gradualmente ad una idea di Stato (sempre inteso come organizzazione politica) che si oppone e contrappone al loro stesso sviluppo e promozione, come possibile violatore dei diritti umani. Ovviamente la posizione dello Stato, in rapporto conflittuale con gli stessi diritti, potrà maturare solamente nel tempo quando, gradualmente, nel panorama politico internazionale, verranno a nascere i c.d. Stati Moderni.
Come è stato osservato da Francesco Gentile, lo Stato, aporeticamente, assume una posizione centrale da un lato nella determinazione ed enucleazione dei diritti, oltre che di possibile loro tutela, attraverso la costituzionalizzazione e l’internazionalizzazione degli stessi, e dall’altro, però, una posizione di loro potenziale violatore, come presupposto e conseguenza della stessa costituzionalizzazione, in quanto la loro enunciazione viene proprio posta in essere in volontaria contrapposizione, come limite al potere dello Stato moderno che si poneva come principale violatore dei diritti stessi .
[14] Anzi, da questo si può forse desumere che proprio con la costituzionalizzazione dei diritti lo Stato «ha mirato maliziosamente a depotenziarne gli effetti introiettando i diritti fondamentali nel suo sistema giuridico. Ancora un paradosso» . Anzi, da questo si può forse desumere che proprio con la costituzionalizzazione dei diritti lo Stato «ha mirato maliziosamente a depotenziarne gli effetti introiettando i diritti fondamentali nel suo sistema giuridico. Ancora un paradosso» .
Anzi, da questo si può forse desumere che proprio con la costituzionalizzazione dei diritti lo Stato «ha mirato maliziosamente a depotenziarne gli effetti introiettando i diritti fondamentali nel suo sistema giuridico. Ancora un paradosso» .6. Per una dialettica interculturale e pluralista dei diritti. Il ruolo di Stato e religione in una prospettiva futura.
La recente evoluzione che sta caratterizzando la nostra realtà in termini di globalizzazione pone certamente uno spunto di riflessione relativamente alla possibile necessità di rivisitazione, per non dire, rifondazione concettuale dei diritti umani; non si può non considerare la circostanza che la globalizzazione ha portato ad un incontro sempre più frequente fra varie e sempre più numerose culture e religioni le quali tutte, secondo la proprio prospettiva, rivendicano il diritto di partecipare al momento individuativo del contenuto dei diritti umani e delle modalità di loro tutela.
Punto di partenza, comunque, che rimane, a nostro avviso, imprescindibile è la centralità della religione o, se vogliamo, dell’elemento religioso nella determinazione ed individuazione del concetto di diritti umani, in quanto è (e continua ad essere) la religione che offre il mitema assimilante della vita e il panorama ove si svolge la vita umana. Malgrado ci siano stati e continuino ad esserci delle evidenti divergenze (e a volte contrasti) nella scelta delle modalità attuative[16] , è certamente di natura religiosa la problematica attinente l’individuazione del fine dell’uomo.
Si deve però inevitabilmente osservare che nel presente non vi è una tradizione culturale o religiosa che riesca da sola a promettere una soluzione ai problemi relativi alla condizione dell’uomo e al suo destino e fine.
Nell’attuale contesto che si caratterizza per uno sviluppo in termini di interculturalità e pluralismo, diviene ineludibile e necessitato un dialogo e un reciproco riconoscimento fra le diverse culture, tradizioni umane e le loro religioni. Se questo non verrà fatto, non si potrà instaurare un vero dialogo tra le culture relativamente all’idea dei diritti umani.
E’ indubbio che il contributo delle varie religioni all’edificazione, individuazione e sviluppo dei diritti umani è stato caratterizzato da una partecipazione parziale delle varie culture e ad un dialogo molto limitato. Dato che l’idea così come individuata di diritto dell’uomo ha origini culturali prevalentemente occidentali e legate ad una matrice cristiana, l’opera di dialogo e di uniformità dovrà partire da questo presupposto per poi evolversi autenticamente nel dialogo con le altre religioni e culture.
E’ sempre più necessario, infatti, che le varie (anche distanti) culture e le rispettive (anche molto lontane) religioni comincino un dialogo profondo al fine di individuare un terreno comune, che si fonda sostanzialmente proprio sull’idea (inevitabilmente comune ed unica) di uomo.
In una società quale quella moderna, nella quale, anche all’interno della medesima organizzazione politica convivono in una situazione di sostanziale uguaglianza di diritti le varie diverse religioni, la posizione dello Stato deve (come in parte ha già fatto) evolversi a svolgere una funzione di equidistanza che consenta, grazie alla garanzia da questo offerto, il dialogo, il dialogo mirante ad individuare, nel rispetto delle inevitabilmente diverse prospettive, un’idea unica (rectius comune) di fine e di senso della vita umana.
Solo così riusciremmo nell’opera necessaria e necessitata, anche nell’ambito dei diritti umani, di “riconoscimento del bene comune” che altro non è che “il riconoscimento in comune del Bene” .
[17]
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1 Inutile dire che la suggestiva immagine della «selva dei diritti dell’uomo» è mutuata da Francesco Gentile. Vedi infatti GENTILE F., La selva dei diritti dell’uomo e i suoi sentieri seconda nota in Intelligenza Politica e Ragion di Stato, Milano, 1984, p. 73 e ss.
2 Per una analisi critica dei diritti e delle relative dichiarazioni si veda GENTILE F., Sulle aporie dei c. d. diritti umani, equivoci e paradossi delle Dichiarazioni, dalla statunitense del 1776 tredicesimo codicillo in Politica aut/et statistica. Prolegomeni di una teoria generale dell’ordinamento politico, Milano 2003.
3 GENTILE F., Intelligenza Politica e Ragion di Stato, Milano, 1984, p.75.
4 Per una attenta analisi si rinvia a LANFRANCHI G.B., Il “codice” di Hammurabi, promulgazione di norme o celebrazione del buon regno?, in The Cardozo Electr. Law Bull, 2005, n. 20.
5 Cfr. sul punto LIVERANI M., Antico Oriente. Storia società economia, Roma – Bari, 1990, p. 413
6 ARISTOTELE, La politica, I, 4 e ss.
7 Lo stesso Platone, ad esempio, sembra essere più tollerante nei confronti del sesso debole pur nella evoluzione delle sue tesi. Nella Repubblica egli sembra riconoscere alla donna un ruolo di primo piano quasi pari a quello degli uomini, nelle Leggi, invece, sembra desistere da questa impostazione sposando posizioni più tradizionali.
8 Cfr. POLIBIO, Storie, II, 57-58.
9 Rimanendo in questa prospettiva, si deve anche dire, che nel diritto romano uno spunto interessante ci viene offerto dallo ius gentium (inteso come istituti e regole comuni a varie comunità), distinto dallo ius civile (inteso come il diritto proprio dei soli cittadini di Roma). Nella idea maturata nel diritto romano, si può tranquillamente dire che lo ius gentium costituisce la fonte comune a cui si riferiscono i singoli ordinamenti, ponendosi, quindi, rispetto a questi come più completo.
10 GENTILE F., Intorno al fondamento dei diritti fondamentali in L’Ircocervo, 2006, 1.
11 BOBBIO N., L’età dei diritti, Torino, 1990 p. 57
12 Per una analisi profonda e completa dell’idea di dignitas e della sua centralità nell’edificazione del concetto di diritto umano si rinvia a VINCENTI U., Diritti e dignità umana, Roma-Bari, 2009.
13 Pensiamo, come già detto, a Hammurabi che raccoglie i diritti di natura consuetudinaria ma, sempre, assume che il suo compito è di esecutore della volontà di Dio.
14 Come abbiamo avuto modo di dire in precedenza, ad ogni modo, ruolo fondamentale nella nuova collocazione rispetto ai diritti dello Stato, si è avuta grazie riflessione teoretica cristiana relativa all’idea fondamentale del diritto e della legge naturale che si pone come limite al potere temporale del nascente Stato Moderno.
15 GENTILE F., Intorno al fondamento dei diritti fondamentali in L’Ircocervo, 2006, 1.
16 Celeberrimo ed emblematico l’episodio raccontato da Francesco Gentile in Intorno al fondamento dei diritti fondamentali in L’Ircocervo, 2006, 1, che riporta una affermazione di Jacques Maritain raccolta ne I diritti dell’uomo, Testi raccolti dall’Unesco, Milano, 1960: «Si racconta che in una riunione della Commissione, in cui si discuteva dei diritti dell’uomo, qualcuno si meravigliasse che si fossero trovati tutti d’accordo, nel formulare una lista di Diritti, vari campioni d’ideologie violentemente avverse – Si, risposero, noi siamo d’accordo su questi Diritti, ma a condizione che non ci si domandi il perché (n. d. a.: il che significa a condizione che non ce se ne chieda il fondamento!). Col perché comincerebbe la baruffa».
17 GENTILE F., Intelligenza Politica e Ragion di Stato, Milano, 1984, p. 47.