I principi sociali come struttura fondamentale
della società moderna: personalità, solidarietà e sussidiarietà
di Wilhelm Korff e Alois Baumgartner
Ludwig-Maximilians-Universität – München

Un terzo modo, speciale e straordinario, con cui la solidarietà si fa valere come un’entità strutturante l’ordinamento giuridico, si intravvede nel sistema delle previ-denze pubbliche sociali. Anche se qui la comunità politica non funge direttamente come latore, e quindi come soggetto, tuttavia essa pone le condizioni di contorno che definiscono, in modo giuridicamente vincolante, gli obblighi come anche le aspirazioni dell’individuo nei confronti della comunità degli assicurati. Il criterio di orientamento è l’idea della redistribuzione, risultato dalla pretesa universale-onnicomprensiva della solidarietà, come esso appare nelle previdenze sociali singole, ad es. nella previdenza sanitaria, di disoccupazione, delle pensioni, oppure per gli anziani inabili come proce-dura di redistribuzione solidale tra sani e ammalati o bisognosi di cura, tra lavoratori e disoccupati, tra la generazione che si trova attiva nel processo economico, e quelli che ne sono usciti.
Ciò che singole comunità giuridiche statali – e ciò vale almeno per una serie di società moderne industriali – hanno avviato in campo di strutture giuridiche di solidarietà, in un modo almeno parzialmente esemplare, a livello globale ancora manca quasi com-pletamente. Nonostante gli aiuti molteplici di sviluppo, ispirati dalla pretesa di solida-rietà come principio sociale, l’idea direttrice di solidarietà come principio giuridico, nel-la collaborazione internazionale per lo sviluppo, ha tuttora effetto soltanto in modo marginale. Qui giacciono sfide importanti e decisive per il futuro.

3. Sussidiarietà come principio sociale
Non solo lo sviluppo del principio di solidarietà, ma anche quello del principio di sus-sidiarietà deve essere interpretato innanzitutto in riferimento alle esperienze etico-politiche della storia moderna e contemporanea europea . [48]
Entrambi i principi mirano alla salvaguardia e alla realizzazione dell’uomo in quanto persona. Mentre nel caso del principio di solidarietà si tratta prevalentemente della forza morale della comunità, basata su libertà e uguaglianza, che trova la sua espressione istituzionale determinante nello Stato di diritto liberale e sociale, nel caso del principio di sussidiarietà si assiste ad un dato fondativo della strutturazione sociale funzionale. Lo sviluppo concreto personale non solo si nutre dalle condizioni di obbligazioni morali vicendevoli – “Uno per tutti, tutti per uno” – che il principio di solidarietà intende assicurare, ma pure in modo ugualmente essenziale da premesse che riguardano la struttura istituzionale della società. Se questa struttura deve rendere giustizia alla pluriformità delle iniziative, aspirazioni e aspettative umane, e se quindi essa deve assicurare la capacità della società per il futuro, allora essa deve essere indirizzata, nella sua strutturazione interiore, necessariamente ad una molteplicità strutturale.
Di tutto questo tiene conto il principio di sussidiarietà. Con esso viene prende forma la prospettiva per la quale la molteplicità delle unità sociali che si costituiscono a partire dal basso, deve essere rispettata, assicurata e rinforzata nella sua funzionalità propria, ovunque e fin quando si dimostrano le più competenti in relazione a ciò che l’unità so-ciale relativamente superiore può realizzare. L’enciclica Quadragesimo anno (Pio XI, 1931), in cui questa idea viene formulata per la prima volta, lo esprime in questo mo-do: ciò che contraddice alla giustizia ed è decisamente controproducente per lo svi-luppo sociale – ossia letteralmente: «un grave danno» – sarebbe il «rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare» . [49]
Proprio nell’applicazione di questo principio non si dovrebbe tralasciare un aspetto importante, come ha confermato l’esperienza: abbiamo a che fare con un principio. Principi, però, non sono norme direttamente da eseguire, non sono prescrizioni né norme di attuazione, ma – come è stato già rilevato all’inizio di questo saggio – direttive fondamentali rilevanti per la strutturazione e le procedure nella società. Per l’agire umano essi indicano un indirizzo fondamentale richiesto dalla struttura complessiva della realtà d’azione umana, e quindi non esprimono niente in merito alla domanda come si deve procedere nello specifico. Ciò vale anche per il principio di sussidiarietà. Secondo le intuizioni fondamentali della Quadragesimo anno esso non deve essere inteso nella maniera che bloccherebbe ogni assunzione di compiti e competenze da parte dell’unità di livello superiore, assegnando all’unità di livello inferiore un diritto proprio inviolabile, possibilmente nella forma di un diritto essenziale inalienabile e dato per natura. Proprio in questo modo, però, è stato interpretato il principio di sussidiarietà dalla neoscolastica, con il tentativo conseguente di realizzarlo politicamente, ad es. riguardo a questioni specifiche della politica di educazione, di formazione e del sociale. A ragione, si è formata la protesta, non solo da parte dei teologi (anche evangelici), ma pure dei giuristi, tra cui un gruppo di giudici costituzionali al quale già nel 1963 apparteneva Roman Herzog . [50] Non per ultimo potrebbe essere stata una conseguenza di tali interpretazioni essenzialistiche sbagliate, in definitiva non conciliabili con il Grundgesetz (la costituzione tedesca), il fatto che per tanto tempo il principio di sussidiarietà non è stato riconosciuto al livello costituzionale come principio giuridico universale, anche se esso ha determinato nella sua dimensione autentica sin dall’inizio la realtà costituzionale tedesca come principio implicitamente strutturante. Thomas Oppermann lo ha dimostrato recentemente con un’analisi di una serie di «decisioni costituzionali» della Corte costituzionale tedesca . [51] Con il 1992, nel contesto della ratifica della Trattato di Maastricht, il principio di sussidiarietà è diventato, per decreto, una parte del Grundgesetz tramite il nuovo articolo 23. Quest’ultimo afferma che la Repubblica Federale Tedesca contribuisce allo sviluppo dell’Unione Europea «in ordine al principio di sussidiarietà».
Non si può che accogliere con favore e senza riserve questo sviluppo, in quanto si ravvisa qui la riabilitazione definitiva di un principio sociale d’azione sgomberato dai vari fraintendimenti. La sua importanza per il futuro dello sviluppo sociale complessivo certamente non può essere sopravvalutata. Non si tratta né di un nuovo diritto tabù, né solamente di una regola di prudenza politica, ma di un principio fondamentale in chiave sia etica che giuridica, che non esonera dalla difficoltà della ponderazione, su quale livello sociale le cose concretamente – per parlare con la Quadragesimo anno – sono raggiungibili nel modo migliore e come sono da «perfeziona[re]». Questo principio indica senz’altro, in riferimento generale, la direzione giusta ossia la via verso un’unità tramite la reale molteplicità.
Proprio in questo aspetto, si evince anche il legame interiore del principio di sussidiarietà con il principio di solidarietà. La pluralità strutturale non è per niente deficitaria, ma il mezzo necessario del fine unico, indirizzato alla solidarietà di tutti con tutti. Se non si vuole frenare la dinamica del processo sociale di sviluppo e se allo stesso momento deve essere mantenuta l’unità del fine, la soluzione non può consistere nell’esproprio statuale-centralistico delle iniziative molteplici individuali e specifiche dei vari “gruppi”. Alla struttura della società, determinata dal principio di sussidiarietà e aperto alla pluralità, è immanente l’idea universale di solidarietà, orientata alla pretesa del soggetto umano di essere persona.

 

——————————————————————–

1 Cfr. W. Korff / A. Baumgartner, Sozialprinzipien als ethische Baugesetzlichkeiten moderner Gesellschaft: Personalität, Solidarität und Subsidiarität, in: dies. et al. (ed.), Handbuch der Wirtschaftsethik, vol. 1: Verhältnisbestimmung von Wirtschaft und Ethik, Gütersloh 1999, 225-237.
2 Infatti, in chiave storico-genetica, ossia come questi principi si sono fatti valere concretamente nella modernità, ci si trova davanti alla si-tuazione paradossale che, soprattutto nel XIX secolo e nella prima metà del XX secolo, si sono dovuti imporre per grandi parti in un confronto tra-gico con la Chiesa e il Cristianesimo stesso.
3 Cfr. M. Krienke, Il Cristianesimo come forza ispiratrice del progresso umano (Il Cristianesimo come motore della modernità, 1), in: http://wp1192463.wp215.webpack.hosteurope.de/wordpress_it/wp-content/uploads/2010/07/0-Introduzione-Krienke.pdf; 1.11.2010.
4 A.Rosmini, Filosofia del diritto, 6 voll., a c. di R. Orecchia (Ediz. Naz., 35-40), Padova 1967-69, IV, 854 (II, 496).
5 Benedetto XVI, Enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 9; cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, 1 maggio 1991, 43.
6 Il “principio di personalità”, nella riflessione dell’etica sociale cristiana, significa che la persona umana è “principio, soggetto e fine” di tut-te le istituzioni sociali. E’ il principio base della riflessione etico-sociale cattolica e pone i fondamenti per la riflessione sistematica lungo i principi di solidarietà e sussidiarietà. Per la sistematicità della triade dei principi “personalità, solidarietà, sussidiarietà” questo concetto si presta a rivestire, anche se possiede molteplici significati lessicali, sia nel linguaggio quotidiano sia in ambito specificamente giuridico, il ruolo di fondamento e base dell’etica sociale cristiana. Con esso viene espresso in maniera scientifico-sistematica ciò che il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa de-finisce “la persona umana” come soggetto dei “suoi diritti” (cfr. Compendio, 105-159).
7 Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae I/II, Prologus.
8 W. Röpke, Umanesimo liberale, a c. di M. Baldini (I Grandi Liberali, 5), Soveria Mannelli 2000, 113. Per la questione del “liberalismo” in riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa cfr. M. Krienke, Giustizia sociale e carità. Il liberalismo della Caritas in veritate, in: Rivista teologica di Lugano 15 (2010) 27-52.
9 A. Rosmini, Il comunismo ed il socialismo, in: id., Opuscoli politici, a c. di G. Marconi (Ed. Crit., 37), Stresa-Roma 1978, 81-121, qui 99, cfr. ibid. 107. Cfr. la formulazione di Hayek, molto simile, in F.A. v.Hayek, La via della schiavitù, tr. it. di D. Antiseri e R. De Mucci, Milano 1995, 127.
10 A. Rosmini, Antropologia in servizio della scienza morale, a c. di F. Evain (Ediz. Crit., 24), Stresa-Roma 1981, 833, n. 50.
11 Cfr. M. Krienke, Essere – conoscere – agire. I presupposti teoretici dell’antropologia di Antonio Rosmini, in: Studia Patavina 56 (2009) 577-596.
12 Caritas in veritate, 55.
13 Cfr. Gaudium et spes, 6.
14 Caritas in veritate, 58.

Pages 1 2 3 4 5 6 7