I principi sociali come struttura fondamentale
della società moderna: personalità, solidarietà e sussidiarietà
di Wilhelm Korff e Alois Baumgartner
Ludwig-Maximilians-Universität – München
Al di là dell’importanza centrale di queste linee di sviluppo per una comprensione ap-profondita della solidarietà in termini di etica sociale, in termini fenomenologici si ren-derebbe difficilmente giustizia a questo termine, se lo si pensasse dall’inizio in riferi-mento a questa dimensione universale della dignità umana e dei diritti umani. Infatti, il concetto di solidarietà – e ciò si può riferire certamente a contesti sociali diversi e mol-to differenti l’uno dall’altro – significa qualsiasi esperienza cosciente di appartenenza reciproca, inclusa la volontà motivata di fare ciò che uno deve all’altro in quanto en-trambi membri di una comunità .
[46] Come coscienza di questa affinità la solidarietà può risultare nella comunità di vita di una famiglia allo stesso modo come in una comunità di interessi di assicurati, di azio-nariati o di proprietari, nell’unione di un’amicizia allo stesso modo come in una società di interessi di un gruppo di ricerca, nei rituali e nelle feste di una comunità religiosa co-sì come nelle azioni di battaglia di un sindacato. Il momento scatenante per l’attuazione di una tale presa di coscienza di solidarietà spesso è un pericolo congiun-tamente sperimentato o una sfida comune. Così si realizza lo “spalleggiamento”, si svi-luppa uno “spirito di corpo”. L’esperienza di “trovarsi nella stessa barca”, costringe i soggetti a farsi garanti l’uno per l’altro. Anche se si tratta di una relazione sporadica e spontanea, di tipo superficiale, gli uomini si possono unire strettamente e immedia-tamente in una comunità di destino nei confronti di pericoli incombenti. Ma l’attuazione di solidarietà non è per niente limitata a situazioni di pericolo o di combat-timento. Anche l’esperienza comune di sicurezza, di gioia condivisa, di una fortuna comunemente ricevuta, di un successo raggiunto in comunità desta e procura la co-scienza di solidarietà che spesso spinge ad un’articolazione solenne. Non esiste quindi soltanto una solidarietà “critica”, come risposta a diritti di cui si è stati privati, come re-azione a offese e lesioni proprie o altrui, ma anche una solidarietà “enfatica” che viene a significare proprio il contrario e che si fonda su esperienze di armonia e di afferma-zione.
La solidarietà rimanda quindi sempre a un presupposto di una base comune che uni-sce gli uomini e che li fa agire l’uno per l’altro, sia che si tratti di una gioia condivisa, di un’utilità comune, di un compito collettivo o di una miseria comune. La solidarietà si può basare ugualmente su interessi come su convinzioni, sulla simpatia reciproca co-me sull’ostilità mutua. Può ricollegarsi in particolar modo a valori oppure seguire sem-plicemente la ragione in base allo scopo. Ciò che conduce alla coesione relativa, e che obbliga ad essa, può essere determinato, quindi, da finalità molto diverse e di conse-guenza può interpretarsi sempre di nuovo in un modo peculiare e contestualizzato. In riferimento alla molteplicità di comunità solidali si tratta, allora, in un primo modo di una solidarietà strutturalmente limitata.
Ma già in queste forme molteplici di solidarietà particolare una cosa si evince innega-bilmente: la solidarietà è un avvenimento di identificazione reciproca, all’interno del quale le differenziazioni sociali date, che in altre condizioni possono essere di grande importanza – come la funzione, l’età, il rango o la competenza – retrocedono e diven-tano irrilevanti. Il singolo, in questi casi di solidarietà, s’identifica con il destino altrui nella forma di compassione e di gioia condivisa, di responsabilità comune e di garan-zia reciproca. Ciò che accade agli altri, il singolo lo sperimenta come se gli succedesse in prima persona. E vice versa, il suo destino diventa la sfida comune di tutti gli altri. La solidarietà significa quindi un atteggiamento che motiva la responsabilità reciproca. Si basa sulla coscienza elementare di affinità ed esprime o attualizza in questa stessa nel-la particolarità delle relative finalità una dimensione essenzialmente umana della con-vivenza.
Tutto ciò, però, ancora non lascia intravvedere perché il concetto di solidarietà diventi un concetto chiave dell’etica sociale: questo momento mancante è il suo indirizzo fon-damentale all’uomo in quanto persona. Solo il ricorso alla dignità che appartiene a tutti gli uomini apre lo sguardo a quel “comune” che richiama al dovere il singolo e la socie-tà in un modo incondizionato inserendoli in un orizzonte comune. In questo modo si schiude un nesso di ragioni che rende la solidarietà un principio sociale. Ma ciò implica una duplice conseguenza: da un lato, la solidarietà si comprende come un principio di azione a cui si addice l’universalità. In questo contesto, la solidarietà non tollera nessu-na esclusività. Essa si estende per essenza sua a tutti quelli che portano il volto umano. In quanto tale, la solidarietà pretende strutturalmente validità universale. Soltanto in questo contesto fornito dal principio di personalità la solidarietà acquisisce la dimen-sione universale-umanitaria, che nei processi reciproci di identificazione, nei quali si invera la solidarietà, palesa la sua forza di creare comunanza nei legami umani più di-versi. Allo stesso modo, la solidarietà si scopre essere un principio che necessariamen-te deve comprendere anche i più deboli, se il processo di identificazione reciproca vuole essere incondizionato e completo. Al livello concreto d’azione, questo è da comprendere nel senso di un’opzione che garantisce la precedenza ai “perdenti” della competizione sociale, all’emarginato e a chi ha delle deficienze fisiche, psichiche o spi-rituali, per assicurare l’ottimo delle condizioni di possibilità dello sviluppo di ciascuno. A questa condizione, appunto, la solidarietà diventa il movente morale per l’unità del genere umano .
[47] Allo stesso tempo tutte le forme parziali e particolari di solidarietà umana ricevono da questa dimensione il loro quadro universale di riferimento. Qualunque espressione di comunità solidale che si realizza, deve essere indirizzata a questo orizzonte universale di solidarietà. Ciò ha delle conseguenze immediate per la legittimazione di tali espres-sioni di comunità solidali. Ogni forma di solidarizzazione che tiene conto della pretesa della dignità umana di fatto solo in riferimento al proprio gruppo e alle sue finalità, ri-mane eticamente deficitaria. Essa si sottrae alla sua funzione specifica solidale come parte della comunità universale, alla quale essa appartiene e dove trova l’orizzonte u-niversale della solidarietà: la forma superiore di riferimento per qualsiasi realizzazione dio solidarietà è l’umanità intera.
La solidarietà di gruppo porta con sé il costante pericolo di avvilupparsi nell’egosimo di gruppo. I diritti, “ben compresi”, dell’individuo o di un gruppo non si lasciano definire senza aver riguardo ai diritti di tutti che oltrepassano le persone e i gruppi e li com-prendono al loro interno. Detto in un altro modo: la realizzazione del bene dell’unità piccola si deve evincere allo stesso tempo quale condizione per la realizzazione del bene del tutto. Questo principio vale anche e soprattutto laddove nei modi molteplici del perseguimento del bene proprio si aggiunge l’ulteriore criterio della concorrenza. Questo concerne soprattutto l’ambito dell’economia. Anche la concorrenza economi-ca come condizione per la forza di prestazione e per la prosperità sia degli imprendito-ri singoli che delle economie nazionali differenziandosi gli uni dagli altri, deve, in ulti-ma analisi e in vista del tutto, essere dispiegato in un modo che si evince in tutto ciò al-lo stesso modo come il promotore de facto ed insostituibile del bene del tutto. Alla concorrenza è attribuita, quindi, in ogni tempo e a ogni livello, il peso giustificatorio della sua ragione morale. La sua giustificazione eticamente sufficiente per le strutture solidali in concorrenza gli uni con gli altri, essi la derivano soltanto dalla loro funzione di promuovere il bene comune. E questa è una funzione che è socialmente onnicom-prensiva in quanto l’orizzonte della solidarietà universale ed è così promotrice del be-ne comune. Un discorso equivalente vale in riferimento a quelle forme di solidarizza-zione che risultano da una solidarietà ferita e alle quali si uniscono degli uomini con le intenzioni di dar battaglia per rivendicare le loro pretese, per salvarle e per poi impor-le. Tutti gli interessi che vengono fatti valere nelle battaglie distributive, nelle azioni dei sindacati o delle associazioni di categoria, sottostanno al medesimo onere della prova: il bene individuale conseguito deve essere riconoscibile come un’entità effetti-vamente indirizzata al bene di tutti.
Ora, senz’altro è ovvio che per il conseguimento del fine inerente al principio di solida-rietà è richiesto molto di più che alcuni semplici appelli morali che raccomandano il benessere dell’uomo in quanto persona. Come principio sociale-etico, la pretesa della solidarietà si deve inverare allo stesso momento in termini strutturali nelle istituzioni.
Ciò significa, di conseguenza, che il principio sociale di solidarietà deve diventare allo stesso momento principio giuridico. Così esso acquisisce un’ulteriore forza che incide sui processi sociali. Il fatto che, per il paradigma di solidarietà, l’individuo deve contri-buire alla società , dovrebbe diventare in parti considerevole un dovere giuridico. La stessa cosa vale anche viceversa: tanto di ciò che egli può aspettarsi nella chiave mora-le della solidarietà per indigenza e bisogno, non può rimanere un atto di grazia sovra-na, ma deve diventare una pretesa giuridicamente garantita al singolo soggetto.
Infatti, in questa condensazione normativa del principio sociale della solidarietà quale principio giuridico sussistono le condizioni determinanti per quella rete differenziata di regole come sono state sviluppate sotto le condizioni dello Stato moderno di diritto e dello Stato sociale. Si considera ancora troppo poco che la solidarietà in questo sen-so sta alla base, per ampia parte, delle forme giuridiche della convivenza sociale come fondamento strutturante. Grazie ad essa, queste regole possono essere sperimentate come armoniche e giuste, conferendo a loro in questo modo l’accettazione. Questo si deve riferire, da un lato, a quelle forme giuridiche relative a domande di obblighi so-ciali che in linea di massima riguardano tutti, ma che devono essere rivendicate allo stesso modo in maniera differente secondo la capacità individuale di poter contribuire. L’esempio più significativo è probabilmente l’onere tributario con il suo carattere uni-versalmente vincolante e la sua organizzazione necessariamente differenziata.
La stessa pretesa di solidarietà come principio giuridico strutturante si manifesta an-che laddove la comunità di diritto si sente tenuta non di chiedere prestazioni ma di concederle, secondo la necessità individuale. L’espressione più emblematica sta nella molteplicità dei transfer sociali con i quali la comunità di diritto deve reagire, in modo differenziato secondo gli stati di vita differenti sia per quanto riguarda il reddito sia per quanto riguarda il patrimonio, e con i quali essa vuole, approfittando degli effetti di redistribuzione implicati in essi, servire allo scopo della compensazione sociale.