I principi sociali come struttura fondamentale
della società moderna: personalità, solidarietà e sussidiarietà
di Wilhelm Korff e Alois Baumgartner
Ludwig-Maximilians-Universität – München

La sussidiarietà, indirizzata alla libertà e al sostengo delle prime strutture sociali immediatamente connesse al principio di personalità – la sua relazionalità sia religiosa che familiare – assicura la garanzia della “dignità umana” anche alle istituzioni riconosciute come “Chiesa” o come “famiglia”. Oltre ad essere identificato con la decentralizzazione federale, il principio di sussidiarietà comprende quindi anche quelle istituzioni che “ospitano” la realtà personale, come il suo habitat sociale: in queste istituzioni, poi, si sviluppano le dimensioni umane specifiche di “dono” e di “perdono”, che non possono essere prodotte dalla politica e dall’ordinamento pubblico, ma che da esse vengono presupposte. La strutturazione fondativo-giuridica, ossia i diritti liberal-negativi, democratico-positivi e social-partecipativi , [22] per la loro struttura non sono in grado di sostituire queste istituzioni, e tantomeno il loro fondamento, la dignità umana. La tutela social-etica, e quindi giuridica, di queste istituzioni fondamentali (si potrebbe caratterizzare in questo senso la dignità umana come istituzione-istituzione), viene realizzata attraverso l’applicazione del principio di sussidiarietà. I valori delle relazioni umane, ossia “dono” e “perdono”, non rimangono poi solo all’interno di queste strutture, ma penetrano le relazioni sociali in quanto tali: diventa chiaro, in questo modo, perché il principio cristiano sociale è la persona e si realizza tramite la sua realtà sociale, e non un principio di rivoluzione politica. Pur non essendo rivoluzionario, esso ha degli effetti eminentemente rivoluzionari, ma nella veste di principio giuridico di un ordinamento secondo la libertà istituzionalizzata della dignità umana dimostra una maggiore sostenibilità. Al fondamento di questo sviluppo “sostenibile” stanno le dimensioni di benevolenza e carità sociale, che non sono istituzionalizzabili e che quindi non possono essere costruite, gestite e garantite dall’ordinamento politico – ossia le già citate dimensioni di “dono” e di “perdono” – che da sempre costituiscono la forza motrice che ha fatto fermentare il principio della dignità dell’uomo nelle società e che oggi sono quel “fondamento” che lo Stato liberal-secolare «non può garantire». Significativamente, è stato sin dalla Rerum novarum che la Dottrina sociale della Chiesa ha associato, come differenza specifica del suo annuncio, al termine di “giustizia” come principio dell’ordine, quello della “carità” per esprimere la qualità specifica che il Cristianesimo, attraverso la promozione della dignità dell’uomo, aggiunge .[23] In questa chiave, la sussidiarietà rinforza la società civile, senza renderla un’entità metafisica. E soprattutto libera la logica politica dall’illusione del perfettismo. E’ stato il Cristianesimo, appunto, con il suo principio politico storico del Caesaris Caesari, Deo Dei, ad aver sottratto alla politica tale illusione, che non può non sfociare in strutture politiche despotiche e di oppressione. Secondo Rosmini, l’etica sociale cristiana è caratterizzata, perciò, dal principio dell’antiperfettismo: «il perfettismo, cioè quel sistema che crede possibile il perfetto nelle cose umane, e che sacrifica i beni presenti (cioè la dignità umana) alla immaginata futura perfezione, è un effetto dell’ignoranza. Egli consiste in un baldanzoso pregiudizio, pel quale si giudica dell’umana natura troppo favorevolmente. In certo ragionamento io parlai del gran principio della limitazione delle cose e ivi dimostrai, che vi sono de’ beni la cui esistenza sarebbe al tutto impossibile senza l’esistenza di alcuni mali» . [24] Come si evince da questa citazione, anche la dimensione dell’antiperfettismo deriva dall’antropologia dell’immagine cristiana dell’uomo ed identifica quindi una dimensione originaria dell’etica sociale cristiana: nella prospettiva del “principio di personalità”, la “perfezione” non è una categoria sistemica o ideologica, ma personale: innanzitutto all’uomo deve essere aperta la possibilità per il suo sviluppo e per la perfezione del sistema – la misura di quest’ultima è sempre ed esclusivamente la persona. D’altro canto, dalla fallibilità della natura umana deriva anche l’antiperfettismo politico come esigenza della dignità dell’uomo. In questa chiave, il pensare la struttura politica a partire dal principio di personalità bandisce sin dall’inizio qualsiasi pericolo di una «tirannia dei valori» ,[25] e di qualsiasi ideologia o utopia che si potesse appoggiare su quest’ultima. E’ questa la dimensione espressa dalla Caritas in veritate, sull’apporto positivo della fede alla ragione politica, cioè di impedire che quest’ultima possa essere lasciata a se stessa, producendo delle disfunzionalità (ideologie, utopie) equivalenti a quelle che potenzialmente può fornire una fede senza l’apporto della ragione (fondamentalismi) .[26] A questo punto, si evince nuovamente la dimensione profondamente “liberale” dell’etica sociale cristiana – “profondamente liberale” nel senso dell’affermazione che proprio il liberalismo nei sistemi sociali ha bisogno di una forte base, per non perire per le conseguenze del liberalismo stesso. Per l’etica sociale cristiana, questa base forte non deve contraddire al principio di personalità e della libertà morale dell’individuo, per cui essa la riconosce nella relazione trascendente dell’uomo stesso. E’ emblematico rilevare un’affermazione di von Hayek proprio in questo senso: «Questo liberalismo intollerante ed aggressivo è il principale responsabile dell’abisso che, particolarmente in Europa, ha portato molto spesso le persone religiose ad allontanarsi dal movimento liberale. Sono convinto che, se non si riesce ad abbattere questo muro che divide il liberalismo dalla religione, è impossibile sperare in una rinascita delle forze liberali. Molti segnali, molti indizi lasciano pensare che in Europa una simile riconciliazione sia oggi più vicina rispetto al passato, e che molti vedano in essa l’unica speranza di sopravvivenza degli ideali della civiltà europea. È per questo motivo che mi sembrava così importante riservare ai rapporti tra liberalismo e cristianesimo una sessione specifica dei lavori del nostro incontro» . [27] In questo senso, il principio personalistico dell’etica sociale cristiana, davanti all’antropologia cristiana, propone un concetto di libertà morale: la libertà non è individualisticamente o libertinisticamente riducibile, perché solo in quanto espressione della persona essa può essere il punto fondamentale dell’ordinamento pubblico. Proprio per questo, i diritti individual-liberali non sono di per sé diritti “individualistici” o “egoistici” , [28] ma diritti morali ed i primi elementi fondamentali dell’ordinamento sociale basato sul principio di personalità.
In questo senso, all’etica sociale cristiana spetta oggi una sorta di “lavoro archeologico” , [29] ” , ossia di ricomprendere e di far capire di nuovo, come l’immagine cristiana dell’uomo, quell’effetto rivoluzionario del principio storico del Cristianesimo che è la carità , [30] , ha formato, nei principi di personalità, solidarietà e sussidiarietà, la società moderna. In questo senso, i principi della Dottrina sociale cristiana ci aiutano a comprendere la forma e la struttura dei nostri ordinamenti – dalla costituzione fino ai singoli ordinamenti politico-sociali – , che sulla base della dignità umana realizza ciò che Sebastiano Maffettone ha definito la «libertà istituzionalizzata» . [31] Senz’altro, Wilhelm Korff ed Alois Baumgartner svolgono quei ragionamenti fondamentali intorno a questi principi, che sono indispensabili per una comprensione profonda e competente di essi. I due autori presentano un ragionamento rigorosamente sistematico che dimostra nel primo passaggio come nella dignità umana l’immagine cristiana dell’uomo diventa criterio per la formazione e la gestione – per la responsabilità – dell’ordinamento sociale. Per loro due, la società moderna si contraddistingue, a differenza a quella pre-moderna, per il fatto che l’uomo non si deve assumere soltanto la responsabilità per le sue azioni al di sotto e all’interno di un determinato ordinamento, prestabilito e sempre già dato (Gehorsamsverantwortung), ma anche per l’ordinamento e i suoi punti cardini stessi (Gestaltungsverantwortung).
Questa dimensione della Gestaltungsverantwortung vorrei esplicitare, infine, attraverso tre concretizzazioni della triade di principi personalità, solidarietà e sussidiarietà, tema-tizzando la domanda del “bene comune”, l’“opzione per i poveri” e la “globalizzazione” – tutti e tre temi di attualizzazione per la stessa etica sociale cristiana.
(1) Dopo queste considerazioni, ora siamo in grado di esplicitare il concetto difficile del “bene comune” attraverso la relazione di reciprocità tra solidarietà e sussidiarietà, cioè di questi principi che esprimono la Gestaltungsverantwortung dell’uomo nei confronti dell’ordinamento giuridico. La dimensione del bene comune si può esplicitare, in que-sto contesto, in una duplice dimensione: inter-personale (solidarietà) e strutturale (sussidiarietà). Da un lato, il bene comune ha una dimensione inter-personale e in essa si realizza attraverso la solidarietà. Infatti, la solidarietà “è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti” . [32] Il bene comune, quindi, non è un’entità metafisica che potrebbe essere disciolto dal principio fondamentale della persona. Anzi, esso si riferisce alla persona e significa che certi beni l’uomo non può mai raggiungere da individuo, ma soltanto attraverso la solidarietà. Questa dimensione (inter-)personale viene sottolineata anche dalla Gaudium et spes che lo definisce «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono, sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente» . [33] D’altro canto, è la sussidiarietà che esprime il fatto che il “bene comune” ha anche una dimensione dell’ordinamento sociale, in altre parole del “buon ordinamento” che spesso viene definito «secondo la giustizia sociale» . [34] Questo è un risultato importante dell’approccio “di principio” della Dottrina sociale della Chiesa: la struttura formale-giuridica della società può essere considerata “neutra”, ma deve essere strutturata nel rispetto della dignità umana. In questo momento, però, essa diventa un “bene comune”, anche se la concretezza e la materialità del “bene” non sono sviluppate, in quanto si tratta di una struttura formale di ordinamento. Ma questo non vuole dire che questa struttura sia “neutrale”: anche le strutture possono favorire o impedire lo sviluppo umano, e quindi possono essere anch’esse “buone” o “cattive”, come sottolineano bene Korff e Baumgartner.

Pages 1 2 3 4 5 6 7