APPLICAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO ANTITRUST
E (IN)CERTEZZA DEL DIRITTO: IL CASO ASTRAZENECA
di Vincenzo Grasso
Università Commerciale L. Bocconi – Milano
Apparentemente, questa decisione potrebbe sembrare contraria ai principi fondamentali del diritto: nel momento in cui l’impresa in questione ha tenuto i comportamenti contestati dalla Commissione, infatti, era sicura di compiere atti leciti, in quanto non vietati da alcuna norma giuridica(18).Si potrebbe giustamente obiettare che, secondo un costante orientamento in tema di abuso di posizione dominante, l’impresa che detenga tale posizione sul mercato(19), sia gravata da una particolare responsabilità: quella di non permettere che il suo comportamento ostacoli una concorrenza realmente priva di distorsioni nel mercato comune(20). La Commissione, nella pronuncia in commento, conferma appieno questo orientamento, aggiungendo, inoltre, che pur essendo in generale pienamente consentito, anche ad una impresa in posizione dominante sul mercato, proteggere i propri interessi commerciali nei confronti dei suoi concorrenti, attuali o potenziali(21), ad essa non è tuttavia permesso compiere tutte le azioni che sarebbero invece pienamente lecite se compiute da un’altra società. Secondo la Commissione, l’AIC (pubblica o privata che sia) comporta una “speciale responsabilità” (un’altra!) all’impresa in posizione dominante, che le impone di farne un uso “ragionevole”, e non un uso che comporti chiaramente come fine quello di escludere i concorrenti dal mercato(22). A ciò si aggiunga che le peculiarità del mercato farmaceutico, in particolar modo il regime dei brevetti e la forte regolamentazione, impongono ulteriori cautele a carico delle imprese operanti nel settore.
Neanche tali motivazioni, tuttavia, sembrano chiarire in via definitiva (e a priori) quali comportamenti possano considerarsi leciti e quali no, complicando anzi ulteriormente un quadro già di per sé nebuloso. La definizione del mercato rilevante, punto di partenza di qualsiasi valutazione in ambito concorrenziale, oltretutto, viene effettuata caso per caso dall’autorità giudicante, sebbene espressamente disciplinata da una comunicazione della Commissione Europea(23), e non può quindi essere conosciuta a priori dall’impresa coinvolta nel procedimento (se non, in alcuni casi, sulla base delle decisioni relative allo stesso mercato). Lo stesso dicasi per la posizione dominante, per la quale non è sufficiente neppure l’analisi delle singole quote di mercato delle imprese operanti all’interno del mercato medesimo(24). Da ciò deriva che, ex ante, un soggetto economico non ha mai l’assoluta certezza di operare conformemente alle norme sulla concorrenza, senza incorrere nelle sanzioni (tutt’altro che lievi) comminate dalle autorità antitrust.
La comunicazione della Commissione Europea del febbraio 2009(25)
Proprio per fare chiarezza sul modus decidendi proprio della Commissione(26), nel febbraio del 2009 quest’ultima ha adottato, sul tema oggetto della decisione in commento, una comunicazione con la quale vengono definite le modalità con le quali essa intende interpretare l’art. 102 TFUE in relazione alle condotte escludenti (finalizzate, cioè, ad eliminare i concorrenti dal mercato).
Prescindendo dal merito delle indicazioni fornite(27), tale comunicazione costituisce senz’altro un passo in avanti dal punto di vista della certezza del diritto. Due disposizioni, tuttavia, rischiano in qualche modo di svilire la portata (chiarificatrice) della comunicazione. In primo luogo, tale comunicazione non è destinata ad avere valenza giuridica e non pregiudica una diversa interpretazione dell’art. 102 TFUE da parte degli organi giurisdizionali di appello (Tribunale di Primo Grado e Corte di Giustizia)(28). La Commissione, quindi, non si ritiene vincolata a quanto indicato nella comunicazione, dai quali principi ben potrebbe discostarsi senza incorrere in violazione di una norma giuridica. E il medesimo discorso vale (a maggior ragione) per il Tribunale di Primo Grado e la Corte di Giustizia, che non sono affatto tenuti ad uniformarsi ai principi indicati dalla Commissione. In definitiva, dunque, se da un lato si emana un atto volto ad agevolare il comportamento delle imprese, specificando il contenuto di una norma giuridica primaria, dall’altro viene espressamente precisato che tale interpretazione, oltre a non essere vincolante per lo stesso organo che ha fornito tali indicazioni, potrebbe anche essere diversa da quella di chi si troverà a decidere, della medesima controversia, in grado di appello. Chapeau!
La precisazione secondo la quale è necessario, in ogni caso, tener conto delle peculiarità dei singoli casi concreti(29), poi, se da un lato costituisce senza dubbio un aspetto positivo, in quanto consente di decidere con maggiore equità, completa uno scenario nel quale è doveroso (per lo meno) adoperare cautela per comprendere sino a che punto potrebbe spingersi la decisione di una autorità antitrust.
Il giudizio del Tribunale di Primo Grado(30)
Ritornando al caso in esame, in seguito all’appello promosso da AstraZeneca nei confronti del giudizio della Commissione, il 1 luglio 2010 si è pronunciato sulla questione anche il Tribunale di Primo Grado, confermando, a grandi linee, la decisione impugnata(31).
Il Tribunale ha ribadito, in particolare, il principio in base al quale le imprese in posizione dominante, in particolar modo nel settore farmaceutico, devono porre particolare attenzione quando intendono avvalersi di sistemi e procedure pubbliche che riguardano l’esercizio di diritti di proprietà intellettuale, potendo alcune condotte essere ritenute abusive nonostante l’esercizio di un proprio diritto(32). Secondo il Tribunale, inoltre, per determinare l’illiceità delle condotte in oggetto è sufficiente rilevare che queste risultino anche solo idonee a restringere o alterare la concorrenza(33),
senza dunque la necessità di verificare concretamente gli effetti che le stesse producono nel mercato(34).
Conclusioni
Il quadro che emerge dalle disposizioni analizzate in questo articolo risulta molto poco incline a contemperare l’esigenza di certezza del diritto che pure costituisce, per espressa indicazione della Corte di Giustizia, uno dei principi generali del diritto comunitario. La fattispecie dell’abuso di posizione dominante, qui analizzata, costituisce forse il punto più estremo di questo scarso interesse delle autorità antitrust per tale -fondamentale- principio. L’origine recente del diritto antitrust, come anche l’inclusione delle decisioni giurisprudenziali tra le fonti del diritto comunitario, non possono costituire una valida attenuante a tal fine.
In ambito farmaceutico, ciò è tanto più vero quanto più si considerino i notevoli costi di ricerca e sviluppo sostenuti dalle imprese innovative, che richiedono piani di rientro dell’investimento a medio-lungo termine(35). L’indipendenza delle autorità preposte alla tutela della concorrenza non è in discussione (anche se lo stesso non si può dire delle autorità con funzioni di regolamentazione del mercato, troppo spesso influenzate dalla lobby delle imprese farmaceutiche(36)) ma in considerazione delle conseguenze delle loro decisioni, come anche delle sanzioni (in alcuni casi piuttosto rilevanti) comminate nei confronti delle imprese che abbiano violato le norme sulla concorrenza, è necessario fornire agli operatori economici strumenti chiari ed affidabili, in base ai quali poter orientare le proprie scelte di mercato senza temere conseguenze nefaste per la propria attività economica non adeguatamente ponderabili ex ante.
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(1) In Canada, le leggi contro gli accordi restrittivi della concorrenza furono approvate nel 1889, mentre lo Sherman Act statunitense fu emanato nel 1890, ma concretamente applicato, con il celebre caso Rockefeller, nel 1911.
(2) Con la legge n. 287/1990.
(3) Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, come modificato, da ultimo, dal Trattato di Lisbona. Tra gli articoli di questo capo, poi, basti pensare che appena due sono dedicati alla fattispecie (rilevantissima) delle intese restrittive della concorrenza (l’art. 101, che definisce l’illecito e l’art. 103, che contiene la disciplina delle esenzioni) e uno soltanto alla fattispecie, altrettanto rilevante, dell’abuso di posizione dominante (l’art. 102).
(4) Con la conseguenza che anche comportamenti che producono vantaggi per l’impresa, qualora non espressamente vietati, dovrebbero considerarsi leciti.
(5) L’importanza del principio di certezza del diritto, peraltro, è stata anche più volte ribadita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Si vedano, ex plurimis: CGCE, 15 dicembre 1987, causa 325/85, Irlanda c. Commissione delle Comunità Europee, in raccolta della giurisprudenza 1987, p. 5041, punto 18 (“la normativa comunitaria deve essere certa e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. Questa necessità di certezza del diritto s’impone con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, al fine di consentire agli interessati di riconoscere con esattezza l’estensione degli obblighi ch’essa impone”); CGCE, 13 febbraio 1996, causa C 143/93, Gebroeders van Es Douane Agenten BV c. Inspecteur der Invoerrechten en Accijnzen, in raccolta della giurisprudenza 1996, p. I 431, punto 27 (“Si deve ricordare […] che il principio della certezza del diritto costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario […], il quale esige c he la normativa che impone oneri al contribuente sia chiara e precisa, affinché esso possa conoscere con certezza i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza ”); CGCE, 15 febbraio 1996, causa C 63/93, Fintan Duff e a. c. Minister for Agriculture and Food, in raccolta della giurisprudenza 1996 p. I 569, punto 20 (“[t]ale principio [del legittimo affidamento, ndr], che fa parte dell’ ordinamento giuridico comunitario […], costituisce il corollario del principio della certezza del diritto, che esige che le norme giuridiche siano chiare e precise, ed è diretto a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario”); CGCE, 7 giugno 2005, causa C-17/03, Vereniging voor Energie, Milieu en Water e altri c. Directeur van de Dienst uitvoering en toezicht energie, in raccolta della giurisprudenza 2005, p. I-4983, punto 80 e CGCE, 14 gennaio 2010, causa C-226/08, Stadt Papenburg c. Bundesrepublik Deutschland, in raccolta della giurisprudenza 2010, punto 45 (“[q]uanto al principio di certezza del diritto, esso esige, in particolare, che una normativa che comporta conseguenze svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati”).
(6) Commissione Europea, 15 giugno 2005, caso COMP/A. 37.507/F3 – AstraZeneca. Per commenti, si veda: F. MURPHY, F. LIBERATORE, Abuse of Regulatory Procedures – the AstraZeneca Case: Part 1, in E.C.L.R., 5/2009, pp. 223-229; F. MURPHY, Abuse of Regulatory Procedures – the AstraZeneca Case: Part 2, in E.C.L.R., 6/2009, pp. 289-300; F. MURPHY, Abuse of Regulatory Procedures – the AstraZeneca Case: Part 3, in E.C.L.R., 7/2009, pp. 314-323; S. LAWRANCE, P. TREACY, The Commission’s AstraZeneca decision: delaying generic entry is an abuse of a dominant position, in Journal of Intellectual Property Law & Practice, 1/2005, pp. 7-9; N. FAGERLUND, S. B. RASMUSSEN, AstraZeneca: the first abuse case in the pharmaceutical sector, in Competition Policy Newsletter, 3/2005, pp. 54-56; N. DE SOUZA, Competition in pharmaceutical: the challenges ahead post AstraZeneca, in Competition Policy Newsletter, 1/2007, pp. 39-43.
(7) Tribunale di Primo Grado, 1 luglio 2010, causa T-321/05, AstraZeneca AB e AstraZeneca plc contro Commissione europea, in raccolta della giurisprudenza 2010.
(8) Quest’ultima impresa deriva, a sua volta, dalla fusione, avvenuta il 6 aprile 1999, tra la società Astra AB e la Zeneca Group Plc.