U. Grozio, Il diritto della guerra e della pace, Prolegomeni e Libro primo,
a cura di F. Arici e F. Todescan, Introduzione di G. Fassò,
Cedam, Padova, 2010, pp. I-XLVI – 1-240
(«LEX NATURALIS. Classici del diritto naturale moderno», 2)
di Plinio Blandini

Scarica l’articolo >

 

Fresco di stampa è disponibile un altro libro della Collana «Lex naturalis» curata e diretta da Franco Todescan, edita dalla Cedam. Il volume si intitola: Il diritto della guerra e della pace. E’ parte del De iure belli ac pacis di Ugo Grozio, ed è per ora limitato ai Prolegomeni e al Libro I dell’opera. L’Introduzione e la traduzione dei Prolegomeni hanno come autore il compianto Guido Fassò, mentre la traduzione del Libro I e le note sono di Fausto Arici e di Franco Todescan. Per i Prolegomeni esiste qualche traduzione ormai introvabile, mentre la traduzione moderna del Libro I (se si esclude quella settecentesca del Porpora) rappresenta una novità; inoltre il corredo di note, complete e concise, è cospicuo e rivela una notevole attività di ricerca.

Ugo Grozio nasce in Olanda a Delft nel 1583 e viene considerato il fondatore della Scuola del diritto naturale moderno; il concetto di ius naturale ritorna spesso nella storia del diritto, particolarmente nelle epoche di crisi, come sottolineava il Rommen nel suo celebre saggio su L’eterno ritorno del diritto naturale. In Italia (e non solo) prevale il principio della statualità del diritto e pertanto non c’è spazio teoricamente per il diritto naturale. Ma si parla di diritto naturale fin dall’antichità con Aristotele e con gli Stoici. Nel medioevo il diritto naturale era quello voluto da Dio tramite la natura; poi il concetto si laicizza e il diritto naturale sarà inteso come quello creato dalla ragione universale e che risiede nell’anima di ciascuno. Sarà proprio Grozio ad affermare nel famoso Proleg. 11 che il diritto naturale avrebbe sempre valore anche se per ipotesi assurda Dio non esistesse. I Prolegomeni sono dedicati nel loro complesso al programma che l’autore seguirà. Il Libro I tratta invece prevalentemente del diritto pubblico (lo Stato, i rapporti dei cittadini con lo Stato, e i rapporti tra Stati), il tutto suffragato da una dovizia di citazioni, tratte dai classici latini, greci e dalla Bibbia. Grozio si pone anche nel capitolo IV il delicato problema della guerra dei sudditi contro i loro superiori: il diritto dei cittadini alla ribellione esiste solo in determinati casi «di pericolo molto grande e certo». Non parla espressamente di contratto sociale, ma solo di persone che danno vita alla società civile perché i più deboli vogliono tutelarsi dalla violenza dei più forti. Il De iure belli ac pacis è importante anche perché in esso vengono poste le basi del moderno diritto internazionale, cosa lodevole per l’Europa secentesca sconvolta dalle guerre di religione.