P. Consorti, Diritto e religione, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 228
di Silvia Fanari

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La recente opera di Pierluigi Consorti Diritto e religione, riveste particolare interesse sotto diverse prospettive: in particolare, essa ha il merito di affrontare con onestà intellettuale temi alquanto dibattuti in questo periodo storico. Il testo, innanzi tutto, palesa una onestà intellettuale evidente perché non cerca la compiacenza del lettore, non si lascia tentare da facili soluzioni a questioni di grande spessore, ma indaga i profili più problematici della materia con competenza e acume.

L’Autore, Pierluigi Consorti (Roma 1960), si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Roma “La Sapienza”, ha ottenuto la licenza di diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense ed ha poi conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università “Federico II” di Napoli. È docente di Diritto Ecclesiastico nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, dove peraltro dirige il Centro di Ateneo “Scienze per la pace” e il Master in Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi.

Il primo capitolo dell’opera, “Diritto ecclesiastico o diritto e religione?”, è dedicato ad un’introduzione al diritto ecclesiastico: in particolare l’Autore sottolinea come sia oramai necessario passare da un approccio “verticale” alla materia, che porta cioè inquadrarla secondo un “impianto interordinamentale” (p. 8), ad uno più prettamente “orizzontale”, che rispecchi la funzione primaria di questo particolare ramo del diritto, ovvero l’assicurare la libertà religiosa come elemento fondamentale della libertà personale. Diritto ecclesiastico, quindi, come legislatio libertatis: “la cifra attuale del diritto ecclesiastico sta in questa prospettiva complessa di tutela e promozione delle libertà spirituali” (p. 14). Legislatio libertatis che per essere effettiva deve fondarsi sul principio di laicità (da non intendersi come mera separazione tra sfera civile e sfera religiosa) tanto con riferimento al metodo con cui vengono assunte le decisioni giuridicamente vincolanti quanto al contenuto delle stesse. Principio di laicità che, pur fondamentale, e forse proprio per tale ragione, appare di ben difficile applicazione: con una curiosa metafora, l’Autore afferma che “esso non si presenta come uno degli ingredienti della pietanza, ma riguarda il metodo di cottura” (p. 14).

Il secondo capitolo, “La Costituzione repubblicana e la religione”, inizia con un excursus storico riguardante i rapporti tra fattore religioso e Costituzione della Repubblica, all’interno della quale la libertà di religione si presenta come madre di tutte le libertà, non solo da un punto di vista storico (si ricordi che la costruzione dell’Europa moderna e la nascita degli Stati nazionali derivano dall’affermazione della libertà religiosa), ma anche in quanto investe tutte le possibili opzioni connesse all’espressione della coscienza personale (“credere e non credere; cambiare credenza, anche più volete nel corso della propria vita; appartenere a un gruppo religioso ovvero recedervi e così via”, p. 19). In particolare, viene evidenziato come l’intero disegno costituzionale, e soprattutto il nucleo costituito dai principi fondamentali, rispecchi la necessità di garantire la libertà individuale e collettiva, in un’ottica secondo cui “il fatto religioso non può essere costituzionalmente riguardato nella logica dei privilegi concessi alla Chiesa cattolica o alle confessioni religiose: deve essere visto come necessità di garantire un bisogno personale e collettivo di libertà” (p. 23). L’ultimo paragrafo di questo capitolo approfondisce il tema – centrale – del principio di laicità, principio che, è più volte sottolineato, non è espressamente previsto dalla Carta Costituzionale (in effetti esso è presente solo nelle Costituzioni di Francia e Turchia), circostanza che ha determinato un grande sforzo dottrinale e giurisprudenziale (si veda la fondamentale sentenza n. 203 del 1989 della Corte Costituzionale) per definirlo compiutamente. Tale definizione non è stata ancora “ufficialmente” raggiunta (per citare solo alcune delle diverse enunciazioni giurisprudenziali, essa è stata intesa come “espressione del pluralismo culturale e religioso”, “sostanziale parità di trattamento delle diverse confessioni religiose”, “aconfessionalità dello Stato”), ma la lettura che ne offre Consorti (servendosi anche dei contributi di importanti studiosi come Ventura, Onida e Jemolo) appare, quantomeno a chi scrive, più che rispondente alla realtà e ai bisogni del mondo contemporaneo: “lo Stato è laico quando nel risultato e nel metodo dimostra di saper disciplinare i rapporti giuridici senza assecondare un principio guida precostituito e rispettando le diverse etiche individuali […] il principio giuridico della laicità dello Stato non si risolve nella semplice indicazione di un metodo, ma si sostanzia in una più precisa indicazione di valori condivisi, perché la legge dello Stato deve imporsi a credenti e non credenti, senza offendere i sentimenti né degli uni né degli altri” (p. 36), cosicché un diritto sarà autenticamente laico ove sia libero dal rispetto di ideologie precostituite.

Il terzo capitolo, “La libertà religiosa individuale”, va letto in connessione al successivo, “La libertà religiosa collettiva”, dal momento che essi analizzano il problema della libertà religiosa da due prospettive diverse ma chiaramente interdipendenti. Nel primo di questi due capitoli, dopo aver ribadito che quello di libertà religiosa non è solo un concetto politico , filosofico o sociologico ma anche giuridico, ne viene messa in luce la differenza rispetto a quello di libertà di coscienza (data la “pacifica affermazione di una possibile coscienza non religiosamente qualificata”, p. 45), ma anche l’essere, entrambe, libertà fondamentali, inviolabili, insopprimibili (p. 49). Segue poi una disamina della normativa in materia in ambito internazionale (che ha, in diversi casi – si pensi alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 o al Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 –, formalizzato tale libertà alla stregua di un diritto individuale che gli Stati sono tenuti a rispettare) e comunitario (in particolare, viene sottolineato come oggi la posizione europea sia in linea con la tradizionale idea di presidio della libertà, per cui “essa risponde alla domanda di libertà degli europei garantendo quella religiosa come libertà individuale senza precludere altre libertà (o libertà di altri) e senza costruire spazi di privilegio”, p. 59). Infine, largo spazio (pp. 59-69) è concesso all’analisi del tema della libertà religiosa individuale nella Carta Costituzionale: a partire dall’art. 19 Cost. (rispetto al quale vengono analizzati i tre distinti diritti pubblici ivi previsti: diritto dei singoli alla professione di fede, diritto alla propaganda religiosa, diritto all’esercizio del culto), viene tracciato un quadro comprendente gli artt. 2, 3, 4, 7, 8, 20 Cost., da cui emerge una lettura della libertà religiosa non come confinata entro confini settoriali, quanto piuttosto quale modo di essere della persona umana, non come semplice fatto privato, ma in una dimensione sociale, con riferimento alle relazioni con gli altri, come modo “in cui ciascuno può esprimere pubblicamente la propria spiritualità” (p. 60).
A tale capitolo è strettamente collegato, come sopra accennato, il capitolo quarto, nel quale l’Autore si sofferma sul concetto di libertà religiosa collettiva, propria, cioè, di soggetti giuridici collettivi che l’ordinamento tratta in modo unitario. Il riferimento è alle confessioni religiose, per le quali la tutela della libertà è garantita dall’art. 8 Cost. (“punto di collegamento circa la garanzia della tutela dei diritti collettivi di libertà”, da leggersi accanto agli artt. 2, 3, 7, 10, 11, 17, 18, 19, 20, 21, 51 Cost.). Attraverso la disamina delle nozioni di “confessione religiosa”, “uguale libertà” e “autonomia confessionale”, nonché una breve analisi della disciplina degli enti ecclesiastici, Consorti traccia un quadro dell’attuale sistema normativo da cui emerge il costante tentativo del legislatore di garantire un’effettiva autonomia e libertà a siffatti soggetti nel rispetto del – lo si ripete – fondamentale principio di laicità.

Il capitolo quinto, “Contenuti e limiti della libertà religiosa”, è, oltre che il più corposo (pp. 87-158), senza dubbio il più interessante dell’intera opera dal momento che nello stesso sono condensati alcuni tra i temi più “scottanti” dell’attuale momento storico. Si parla infatti innanzitutto di riservatezza (con un inevitabile richiamo al D. Lgs. 196/2003) e ciò in connessione tanto al principio di non discriminazione, che comporta norme tese ad evitare che vengano raccolte e conservate informazioni sull’appartenenza religiosa degli individui, quanto alla necessità che vi siano politiche che rimuovano ostacoli alla libertà religiosa, con un accenno al tema del c.d. “sbattezzo” (ovvero al caso in cui un cittadino, già battezzato ma non più cattolico, richieda la cancellazione del proprio nominativo dal registro dei battesimi).
Altro tema di grande attualità trattato è poi quello del matrimonio e della famiglia: in particolare, viene evidenziato il distacco, tipico dell’epoca attuale, tra questi due concetti, che parrebbero paradossalmente essere divenuti oramai indipendenti (si pensi alle numerose convivenze non fondate sul matrimonio e alla possibile nascita di prole nei cui confronti permangono però una serie di doveri). A conferma del coraggio dell’Autore di cui si diceva inizialmente, egli si sofferma poi sulla questione delle unione omosessuali e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso: dopo una disamina delle diverse normative in materia, l’Autore, senza pretendere di offrire facili soluzioni a questa difficile questione, osserva, partendo dalla constatazione che la regolamentazione per legge di una certa disciplina non comporta l’obbligo di modificare il giudizio morale di ciascuno, che “una sana applicazione del principio di laicità impone di legiferare anche in casi simili secondo il desiderio della maggioranza e senza anteporre verità morali di alcun tipo” (p. 105). Illuminante poi una riflessione di Consorti che ammonisce circa il fatto che “il diritto tende a sottovalutare l’elemento che invece è comunemente al centro della scelta matrimoniale e, per certi versi, della sua continuità: ossia l’amore. […] nella prospettiva di un diritto ecclesiastico inteso come presidio delle libertà spirituali, non si [può] fare a meno di accennare a questo elemento in chiave problematica. La base del matrimonio e delle convivenze di cui ci occupiamo è costituita infatti da un legame affettivo. Qualcosa che uno «sente», e desidera esternare, fino al punto di attribuirgli rilevanti conseguenze pratiche. Senza l’esistenza di questo legame affettivo non avrebbe senso parlare di convivenze paragonandole al matrimonio” (p. 101). Con riferimento alle dinamiche familiari, vengono poi affrontate le questioni della poligamia, del matrimonio concordatario e dell’educazione dei figli.
Segue la trattazione del tema “scuola”, e ciò con riguardo all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche (“insegnamento apertamente confessionale e pertanto «obbligatoriamente facoltativo»”, p. 115), allo status giuridico degli insegnanti di religione cattolica (con un’attenta analisi della normativa in materia, come la recente Legge 186/2003) e alle scuole di tendenza confessionale, con riguardo all’art. 33 Cost. (in particolare si evidenzia il problema legato alla richiesta di istituzione di scuole private islamiche, richiesta negata, secondo l’autore, non per motivi giuridici ma per “valutazioni politiche tese a emarginare la presenza islamica nello spazio pubblico”, p. 123).
Dopo una breve disamina di due istituti rilevanti all’interno dell’odierna vita di relazione, ovvero quello dell’associazionismo/volontariato (rispetto al quale occorre “assicurare a tutti il diritto costituzionale a fondare e a partecipare ad associazioni, comitati, enti di assistenza o di istruzione ecc.”, p. 124) e dell’assistenza religiosa e spirituale (sottolineando le difficoltà che talvolta possono sorgere nel conciliare tali concetti col principio di laicità), Pierluigi Consorti si sofferma ampiamente sulla questione dei costi della religione. Viene così ripercorsa la poco conosciuta disciplina del sistema di finanziamento pubblico delle confessioni religiose, sottolineando come la ragion d’essere dello stesso riposi sulla necessità di “promuovere il soddisfacimento di bisogni religiosi della popolazione” (p. 128) ed evidenziando come tale sistema debba oggi essere rivisto: in primis perché, escludendo alcune confessioni, realizza una disparità di trattamento contrastante coi principi di uguale libertà confessionale e di parità di trattamento ed in secundis, e soprattutto, perché appare oggi opportuno ripensare un sistema che non riesce, mancando l’equilibrio tra costo sostenuto e scopo prefissato, a “garantire che il prezzo pagato determini benefici effettivi e non ingiustificati privilegi” (p. 141). Viene quindi affrontato il tema della tutela della libertà religiosa a livello privatistico, con riferimento agli artt. 629 (“Disposizioni a favore dell’anima”) e 831 (“Beni degli enti ecclesistici ed edifici di culto”) c.c.: interessante la lettura che viene fornita del primo dei due articoli, quando, osservando che esso protegge “la capacità di rendere giuridicamente azionabili decisioni connesse alle proprie scelte di vita spiritualmente indirizzate” (p. 142), si propone di valorizzarne la prospettiva anche con riferimento alla questione del testamento biologico.

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