NOTE DI STUDIO SUL RUOLO DELLA PRUDENZA NELLA RAZIONALITA’ GIURIDICA CONTEMPORANEA
di Andrea Favaro
9 P. FILIASI CARCANO, Epistemologia delle scienze umane, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana» 55 (1976), p. 166.
10 Vedansi alcune tra le disamine più recenti: B. ROMANO, Fondamentalismo funzionale e nichilismo giuridico, Torino 2004; nonché il già noto ai più N. IRTI, Nichilismo giuridico, Roma-Bari 2004, e la recensione critica di O. DE BERTOLIS, Il “nichilismo giuridico”, in «La Civiltà Cattolica» (2005), pp. 399-410; A. PUNZI, Può il giurista essere nichilista?, in «RIFD – Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto» (2004), pp. 715 ss.; nonché già A. CARRINO, Esperienza giuridica e nichilismo, in «Democrazia e Diritto» (1987), soprattutto pp. 297-298.
11 PLATONE, Leggi, (tr. it. a cura di A. ZADRO), in Opere complete, Bari-Roma 2001, vol. VII, 903 B-C, p. 342.
12 Cfr. PLATONE, Politico, in Opere complete, cit., 294 a-b.
13 H. KELSEN, Die Gleichheit vor dem Gesetz in Sinne des Art. 109 der Reichsverfassung, in Veröffentlichung der Vereinigung der Deutschen Staatsrechtslehrer, Berlin-Leipzig 1927, III, p. 55; tr. it. in A. CARRINO, L’ordine delle norme. Politica e diritto in Hans Kelsen, Napoli 1990, pp. 33-34.
14 Cfr. quanto afferma circa la razionalità del diritto e alcune sue interpretazioni L. CAIANI, La filosofia dei giuristi italiani, Padova 1955, pp. 40-58.
15 Cfr., inter alios, N. IRTI – E. SEVERINO, Dialogo su diritto e tecnica, Roma-Bari 2001.
16 Vedansi, a guisa di prosecuzione anche della disamina di L. CAIANI, La filosofia dei giuristi italiani, cit., passim, B. ROMANO, Fondamentalismo funzionale e nichilismo giuridico, Torino 2004; ID., Scienza giuridica senza giurista, cit.; nonché il già a tutti noto N. IRTI, Nichilismo giuridico, Roma-Bari 2004.
17 P. GROSSI, Scienza giuridica italiana, cit., p. 281.
18 M. GENTILE, Umanesimo e tecnica, Milano 1943, p. 175.
19 Cfr. F. GENTILE, Ordinamento giuridico tra virtualità e realtà, Padova 2005, p. 37.
20 T. CENTI, Introduzione a Tommaso d’Aquino, La Somma teologica, cit., p. 215.
21 Sarà interessante nel prosieguo della presente Ricerca riflettere su come la quaestio scolastica affondi le sue radici nell’esperienza giuridica medioevale. Cfr. E. ANCONA, Un modello di argomentazione giuridica: le quaestiones disputatae dei giuristi medievali, in «L’Ircocervo» (2008), in www.filosofiadeldiritto.it.
22 Da M. VILLEY, De l’indicatif dans le droit, in ID., Seize essais de philosophie du droit, Paris 1961.
23 F. GENTILE, Il ruolo della filosofia nella formazione del giurista, in «L’Ircocervo» (2008), in www.filosofiadeldiritto.it.
24 Sull’argomento potrebbe essere utile vedere W. WALSTEIN, Saggi sul diritto non scritto, Padova 2002 e U. VINCENTI, L’universo dei giuristi, legislatori, giudici. Contro la mitologia giuridica, Padova 2003.
25 D’altra parte, non è forse San Tommaso ad insegnare che «Unde oportet quod ille sit praecipuus actus prudentiae qui est precipuus actus rationis agibilium. Cuius quidem sunt tres actus. Quorum primus est consiliari [ndt: deliberare] […]. Secundus actus est iudicare […]. Sed pratica ratio, quae ordinatur ad opus, procedit ulterius, et est tertius actus eius praecipere: qui quidem actus consistit in applicatione consiliatorum et iudicatorum ad operandum. Et quia iste actus est propinquior fini rationis practicae, inde est quod iste est principalis actus rationis practicae, et per consequens prudentiae» (S. TOMMASO, Summa Theologiae, II-II, q. 47, a. 8).
26 Come insegna Cotta «Il tema della verità […] è dominante […] proprio nel momento più altamente critico della giuridicità: quello in cui la controversia (privata… pubblica…) mettendo a confronto convinzioni veridiche e interpretazioni diverse e opposte, solleva la questione della verità della legge da applicare e quindi della sua vigenza» (S. COTTA, La legislazione tra il divino e l’umano, in A. FILIPPONIO – R. COPPOLA, Diritto divino e legislazione umana, Torino 1998, p. 25).
27 B. LEONI, Lezioni di filosofia del diritto, Soveria Mannelli 2003, p. 162.
28 In tal senso pare la sintesi che Mauro Barberis propone circa due autori tra loro prossimi come Hayek (economista) e Leoni (giurista) nel suo M. BARBERIS, Libertà, Bologna 1999, p. 128, ove si legge: «Raccogliendo un’idea giuridica di Haek, o piuttosto della sua principale fonte giuridica, Bruno Leoni, gli anarco-capitalisti scindono l’associazione fra Stato e diritto […], e immaginano un diritto non-statale, diverso dalla legislazione e amministrato da tribunali privati in libera concorrenza fra loro», ma subito il Barberis osserva molto criticamente «Per la verità, il migliore esempio storico sinora fornito di istituzioni siffatte è il diritto islandese dell’alto Medioevo: e non è affatto chiaro come la libertà negativa – perché è sempre di questa di parla – possa essere meglio garantita da istituzioni che finiscono per somigliare, nei casi migliori, alle giurisdizioni feudali, nei casi peggiori, alla mafia».
29 La vexata quaestio per la quale la prudentia secondo taluni non si dovrebbe estendere alla dimensione collettiva, perché attinente al solo bene privato dato che «existimabant quod non oportet hominem quaerere nisi bonum proprium» trovava in San Tommaso questa replica: «Quia igitur ad prudentiam pertinet recte consiliari, iudicare et praecipere de his per quae pervenitur ad debitum finem, manifestum est quod prudentia non solum se habet ad bonum privatum unius hominis, sed etiam ad bonum commune multitudinis» (SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, II-II, q. 47, a. 10).
30 Cfr., inter alios, J.M. BUCHANAN, Freedom in Constitutional Contract: Perspectives of a Political Economist, [1977], tr. it., Milano 1990.
31 Un espressione foriera di un concetto simile circa il limite dell’errore del giudice, si può leggere anche in Hayek: «Il giudice può sbagliare. Può non riuscire a scoprire che cosa richiede la ratio del sistema di norme esistenti. O può farsi fuorviare dalla sua preferenza per un particolare risultato del caso in esame. Ma tutto ciò non muta il fatto che egli ha un problema da risolvere, per il quale, nella maggior parte dei casi, esisterà una sola soluzione giusta, e che questo è un compito nel quale non c’è posto per la sua “volontà”, o la sua partecipazione emotiva. Se spesso sarà la sua “intuizione”, piuttosto che il suo ragionamento strettamente logico, a guidarlo verso la giusta soluzione, ciò non significa che i fattori decisivi che determinano la decisione siano emotivi e non razionali, non diversamente da ciò che accade allo scienziato il quale pure è di norma guidato dall’intuizione verso l’ipotesi giusta che solo in seguito è in grado di sottoporre a controllo rigoroso. Come la maggior parte degli altri compiti intellettuali, quello del giudice non consiste in una deduzione logica da un numero limitato di premesse, ma consiste piuttosto in un controllo di ipotesi cui si giunge mediante un processo mentale solo in parte cosciente. Ma sebbene egli possa non sapere che cosa l’ha inizialmente condotto a pensare che una certa soluzione era giusta, egli può sostenerla solo se può difenderla razionalmente contro tutte le obiezioni che possono venir sollevate contro di essa» (F.A. HAYEK, Law, Legislation and Liberty, London 1973, p. 150).
32 In merito al diritto giurisprudenziale e ancor più specificatamente circa la giurisprudenza quale fonte del diritto, vedansi pure: C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, vol. I, Padova 1991; A.M. SANDULLI, Natura, funzioni ed effetto delle pronunce della Corte Costituzionale sulla legittimità delle leggi, in «Riv. Trim. di Dir. Pubblico» 9 (1959), p. 24; A. PIZZORUSSO, Lezioni di diritto costituzionale, Roma 1984, pp. 581 e 682.
33 Anche in questa analisi della figura del diritto spontaneo nascente dall’operare concreto del giudice, estrema rilevanza opera la nozione di probabilità, per il quale si rinvia a B. LEONI, Lezioni di filosofia del diritto, cit., pp. 73 ss. dove si legge «Ciò che mi consente di fare previsioni sul pagamento di un debito da parte di un debitore non è l’unicità di quel caso, bensì il fatto che io, in fondo, cerco di ridurre questo caso unico a un anello in una catena di casi simili, cioè lo metto in relazione con tutte le altre scadenze in cui il debitore mi ha pagato, ovvero con tutti gli altri casi analoghi in cui gli altri debitori hanno pagato me o altri creditori»; e proseguendo poi a p. 76, «La pretesa illegittima diviene la pretesa avente a oggetto un comportamento che è considerato meno probabile, mentre la pretesa legittima diviene la pretesa relativa a un comportamento considerato più probabile in un certo ambito»; ma si veda l’intero cap. II dell’opera citata; cfr. pure le pp. 236-238, sulla differenza tra i concetti di «generalizzazione» e di «assolutezza» e sulle implicazioni che essi involgono. Per una analisi approfondita cfr., in prospettiva più ampia, C. LOTTIERI, Prefazione a B. LEONI, Lezioni di filosofia del diritto, cit., pp. 25-40.
34 F.A. HAYEK, Law, Legislation and Liberty, cit., p. 87.
35 Vedansi le stimolanti, seppur fugaci, riflessioni abbozzate in S. COTTA, La legislazione tra il divino e l’umano, cit., pp. 19-31.