Arcipelago di autorità, per quale libertà?
di Andrea Favaro[1]

[36] In merito al concetto di “ordine spontaneo”, oltre alle ricerche svolte da Hayek (per le quali si rinvia anche a U. PAGALLO, Teoria giuridica della complessità, Giappichelli 2006, pp. 97-113) è interessante il parallelo con il libero mercato svolto anche da Polanyi seguendo l’insegnamento smithiano, il quale scrive: «L’esempio più rilevante di ordine sociale spontaneo – il prototipo di un ordine stabilito da una “mano invisibile” – è quello della vita economica basata su un aggregato di individui in competizione» (M. POLANYI, The Logic of Liberty. Reflections and Rejoinders [1951], tr. it. La logica della libertà, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, p. 311).

[37] C. SCHMITT, La condizione della scienza giuridica europea [1958], tr. it., Pellicani, Roma 1996, p. 84. A parere di Schmitt, difatti, una caratteristica essenziale della civiltà giuridica dell’occidente è la presenza di un “duplice conflitto”: «nel suo sviluppo secolare la scienza del diritto europea è stata infatti sempre caratterizzata da due tipi di opposizioni: l’opposizione nei confronti della teologia, della metafisica e della filosofia da un lato, e l’opposizione nei confronti di una mera tecnica normativa dall’altro» (Op. cit., p. 80). Il giurista tedesco, riconosciuto come uno dei più grandi del secolo scorso, prosegue la sua disamina aggiungendo che «a partire dal XIX secolo la situazione della scienza del diritto europea è determinata dallo scindersi del diritto in legalità e legittimità. Il pericolo che oggi minaccia lo spirito della scienza del diritto europea non viene più dalla teologia, e solo occasionalmente da una metafisica filosofica, bensì dallo scatenarsi di un tecnicismo che si serve della legge dello Stato come di uno strumento» (Op. cit., p. 82). In termini utili alla comprensione della disamina suesposte, si vedano le osservazioni svolte da Marco Cossutta per le quali l’ente che usufruisce di mezzi (non propri), anzi li sfrutta a sua unico vantaggio è proprio lo stato dal momento che «All’interno della prospettiva giuridica e politica moderna l’idea di nazione riveste (…) un carattere artificiale, funzionale al ruolo strumentale assegnatogli nell’operazione volta al controllo sociale, dominata e diretta del centro del potere sovrano» (M. COSSUTTA, Stato e nazione. Un’interpretazione giuridico-politica, Giuffrè, Milano 1999, p. 161, ma vedansi pure pp. 51-62) che, grazie anche alla elevazione di nazione a “patria”, si palesa novella divinità (mortale) (cfr. op. cit., pp. 77-91 su «Lo stato: il “dio mortale”»).

[38] Paradossalmente, da queste analisi è quantomeno curioso, ma non per questo azzardato, asserire che un autore come Schmitt possa con le sue posizioni offrire argomenti a sostegno dell’idea leoniana per cui la formazione spontanea del diritto è elemento essenziale per proteggere la libertà del singolo.

[39] In effetti, pare evidente in queste formulazioni, seppure icastiche, proposte da Smith, Hayek e Leoni, una sorta di rischio di astrazione, vista come necessità. In tema un utile rinvio è a U. PAGALLO, Teoria giuridica della complessità, cit., p. 113, nota 43, ove si legge «Per la fondamentale nozione di “astrazione” si v. F.A. HAYEK, [Legge, legislazione e libertà. Una nuova enunciazione dei principi liberali della giustizia e della economia politica [1973-1979], tr. it., Il Saggiatore, Milano 1986, p. 42], per cui essa appare come “l’unico strumento tramite cui la nostra mente può divenire capace di trattare con una realtà che essa non può comprendere appieno”; ossia, “come il fondamento stesso della capacità dell’uomo di muoversi con successo in un mondo che egli conosce molto imperfettamente – come un adattamento alla sua ignoranza della maggior parte dei fatti particolari che costituiscono il proprio ambiente” (op. cit., p. 43)».

[40] Per ciò che concerne il significato di “cosmos” in Hayek è stato sottolineato come nel definire il “cosmos” come catallassi, «si tenga presente che il verbo katallattein o katallassein vuol dire “scambiare” ma anche “ammettere alla comunità” e, soprattutto, “diventare da nemici, amici”» (U. PAGALLO, Teoria giuridica della complessità, cit., p. 102 ove alla nota 17 il richiamo è a F.A. HAYEK, Law, Legislation and Liberty, cit., p. 315, «Non è un caso se, nel primo volume dell’opera, Hayek prende esperessamente di mira Carl Schmitt e la sua dottrina della politica come relazione scandita dal dualismo amico/nemico: cfr. op. cit., p. 92.» (Op. cit., p. 102 nota 17). Per la nota tesi del filosofo tedesco vedasi C. SCHMITT, Le categorie del “politico”, [1922-1963], tr. it., Mulino, Bologna 1986, p. 108 ove si legge: «La specifica distinzione politica alla quale è possibile ricondurre le azioni e i motivi politici, è la distinzione di amico e nemico».

[41] Tale prospettiva critica è stata proposta anche da Mauro Barberis: «l’argomento dell’evoluzione, proprio come quello della mano invisibile, non può giustificare la superiorità del diritto spontaneo, ma non può neppure giustificare la superiorità del diritto legislativo. Anche ove si dimostrasse che la legislazione ha soppiantato il diritto spontaneo per ragioni attinenti alla stessa evoluzione – e non per qualche “intrusione” esterna – ciò non costituirebbe ancora una ragione sufficiente per preferire la prima al secondo» (M. BARBERIS, Diritto e legislazione. Rileggendo Bruno Leoni, cit., p. 249).

[42] Cfr. C. KUKATHAS, The Liberal Archipelago. A Theory of Diversity and Freedom, Oxford University Press, Oxford 2007. Molte delle argomentazioni del Kukathas a sostegno di questa tesi si sono sviluppate nel corso degli ultimi dieci anni e costituiscono molta parte della monografia citata supra. Tale opera, quindi, a buon diritto può rappresentare il punto di arrivo delle sue indagini sul tema, dove il percorso relativo alle sue argomentazioni, specialmente in materia di libertà di associazione (e “dissociazione”), tolleranza e libertà di coscienza, è spiegato e illustrato in una generale «teoria della diversità e della libertà», come recita il sottotitolo. Se l’arma teoretica impugnata da K. è una lettura “avanzata” della teoria liberale (tanto avanzata che gli è valso addirittura l’appellativo di “anti-liberale perfezionista”), gli sfidanti sono i communitarians in buona compagnia con altri esponenti della prospettiva liberale tra i quali, solo per citarne alcuni, Kymlicka, Sen, Rawls, Raz, Fitzmaurice e Dworkin. Simpatizzante, come egli stesso confessa, per alcune forme di anarchismo, K. evidenzia però come le sue posizioni non potrebbero mai conciliarsi con quelle che esplicitamente «condannano lo stato come incapace di avere alcuna legittimità» (C. KUKATHAS, The Liberal Arcipelago, cit., p. 8, nota 12 – trad. nostra).

[43] C. KUKATHAS, The Liberal Archipelago, cit., pp. 4-5 (trad. nostra).

[44] C. KUKATHAS, The Liberal Archipelago, cit., p. 22 e p. 262 (trad. nostra).

[45] C. KUKATHAS, The Liberal Archipelago, cit., p. 21, nota 11 (trad. nostra).

[46] C. KUKATHAS, The Liberal Archipelago, cit., p. 128 (trad. nostra).

[47] La “relazione intersoggettiva” è proprio la dimensione essenziale dell’universo giuridico. In tema di “fonti del diritto” Ugo Pagallo ha espresso ripetutamente tale rilevanza, dopo aver giustificato che «Riconoscere vuol dire soprattutto conoscere “nuovamente” il nuovo nella radicale problematicità dell’esperienza», affermando pure che «In fin dei conti, sin dalla notte dei tempi del mito la metafora della fonte ha indicato il luogo in cui il tempo irrompe nella vita degli individui, con ciò stesso chiamando in causa il grado di consapevolezza che il soggetto (giuridico) ha raggiunto. Alla luce di questa prospettiva, è possibile ritrovare il criterio controfattuale del giudizio inerente al rapporto tra individui “liberi” ed “eguali”. Qui ed ora siamo sempre in grado di stabilire se gli ordinamenti di diritto positivo sono riusciti a superare l’orizzonte dei rapporti servili di potere, nel reticolo dell’interazione umana» (U. PAGALLO, Alle fonti del diritto, cit., p. 3 e p. 254).

[48] Per una introduzione e al contempo una acuta analisi sul rapporto, felicemente inevitabile, tra l’unico e gli altri a partire dalla ipotesi dello “stato di natura” così come proposta da Rousseau, vedasi F. GENTILE, Politica aut/et statistica, Giuffrè, Milano 2003, pp. 72-79, ove si legge: «Nella personalità e nell’opera di Rousseau l’uomo di oggi può ben riflettersi, con tutte le sue convulsioni logiche e psicologiche. Ritrovarvi le premesse del suo senso acuto dell’indipendenza come della dipendenza dalla sguardo altrui, i prodromi della sua ricerca della solitudine come del suo bisogno esasperato di contatto. In breve può percepirvi i tratti caratteristici della sua crisi, nel gioco assurdo dell’unico e degli altri, autentico miti di Sisifo; ma deve, nel medesimo tempo, riconoscerne l’ineluttabilità, una volta assunto, per ipotesi, il protocollo della “geometria politica” e si sia stabilito di attenervisi rigorosamente. Come Narciso, l’uomo d’oggi può cadere innamorato dell’immagine che vi vede riflessa e perdersi in essa; ma può anche scoprirne l’aporia intrinseca e, imboccata la strada della filosofia, superarla» (Op. cit., p. 79 – corsivo nostro).

[49] Tale esigenza umana non può mai venire soddisfatta con lo scambio di cose, finanche nemmeno con il dono di res, giacchè ciò che l’essere umano (pur essendo individuo) desidera è essere per gli altri un “tu”, essere in sunto riconosciuto non solo come “uomo”, ma come “quel preciso essere umano” (cfr. R. GUARDINI, Welt und Person. Versuche zur christlichen Lehre vom Menschen, Werkbund, Würzburg 1955, pp. 198-199; tr. it., Mondo e persona : saggio di antropologia cristiana, Morcelliana, Brescia 2002).

[50] In tal senso crediamo opportuno il giudizio espresso da Lottieri: «il “modello Leoni” non va assolutamente inteso come una pura e semplice difesa del common law, sia del passato che – ancor peggio – del presente. Allo studioso torinese interessa il diritto evolutivo (della tradizione romana come del mondo anglosassone) al fine di delineare un’ipotesi che sia valida oggi, e quindi in grado di rispondere alle esigenze presenti e meglio in condizione di tutelare la libertà umana» (C. LOTTIERI, Le ragioni del diritto, cit., pp. 364-365 nota 69).

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