La laicità nell’esperienza politico-giuridica
di Francesco Gentile
38 Guardini acutamente rileva che, “nella sicurezza della sua fede nel progresso, il secolo diciannovesimo ha deriso la figura del demonio, diciamo più onestamente e più esattamente, di Satana; ma chi è capace di vedere – continua il teologo – non ride. Sa che egli esiste ed è al lavoro. Certo anche il nostro tempo non si pone di fronte alla sua realtà effettiva. Quando parla di ‘demoniaco’, come tanto spesso avviene, non c’è serietà nelle sue parole. Per lo più sono vane chiacchiere e dove se ne parla sul serio si esprime una paura indistinta o si intende qualche stato psicologico, ovvero qualcosa di simbolico. Quando la scienza delle religioni, e la psicologia del profondo, il dramma, il film, il romanzo d’appendice parlano di demoniaco, esprimono semplicemente il sentimento che ci sia nella esistenza un elemento di disarmonia, di contraddizione, di malizia, qualcosa di estremamente incomprensibile e sinistro che emerge con particolare evidenza in date situazioni individuali e storiche ed al quale corrisponde una particolare angoscia. In realtà si tratta non del ‘demoniaco’ ma di Satana. E chi sia Satana lo dice in modo competente solo la Rivelazione” (R. GUARDINI, Die Macht. Versuch einer Wegweisung (1951), tr. it. Di M. Paronetto Valier, Morcelliana ed., Brescia, 1999³, p. 124). A mero titolo d’informazione, va ricordato che nel linguaggio giuridico della Bibbia Satan sta per “accusatore”.
39 Op. cit., pp. 122-123.
40 N. IRTI, In dialogo su Nichilismo giuridico, in “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, 2006 (LXXXIII), p. 179. Del medesimo autore cfr Nichilismo giuridico, Laterza ed., Roma-Bari, 2004.
41 N. IRTI, In dialogo su Nichilismo giuridico, cit., pp. 179-180.
42 Parrebbe che lo stesso Irti se ne fosse accorto, quando scrive: “L’individuo è stretto e piegato in se stesso, consegnato per intero alla capacità di volere e di recare ad effetto propositi e desideri. Ognuno obbedisce al proprio demone (..), s’impegna e lotta per una data visione del mondo, osserva e giudica le cose da un personale (forse sarebbe più corretto dire: particolare) punto di vista. Ma questo ribollire, questa efflorescenza, che spesso dà immagine di tenebre e di caos, non soggiace a nessun tribunale, e non ad altro si piega che all’effettività del corso storico (ossia al potere diremmo noi). Qui il giurista – poiché non possiede alcun criterio che si sollevi oltre il temporale accadere di norme – non ha nulla da dire: egli, al pari di qualsiasi uomo, prende partito tra ideologie e passioni e visioni del mondo, ma, tosto che la norma sia prodotta secondo le convenute forme, china il capo e tace” (Op. cit., p 181). Il giurista dunque, in questa prospettiva nichilistica, è ridotto ad “enzima” del potere perché nulla può fare e fa se non “digerire” il potere del più forte a chi è più debole (Si veda in proposito il mio Come il potere si trasforma in diritto, in: AA.VV., Scritti in onore di Elio Fazzalari, Milano, Giuffrè, 1994, vol. 1, pp. 111-129).
43 P. PERLINGERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale. Secondo il sistema italocomunitario delle fonti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2006³, p. 125.
44 Da Die Frage nach der Bedeutung des Wortes “Gott” (1972) di Robert Spaemann citata da Joseph Ratzinger in Grundsatz-Reden aus fünf Jahrzehnten, tr. it. Di F. Schuller, Rizzoli ed., Milano, 2008, pp. 108 ss. “Il fanatico si trova in una fattività senza senso e prende il partito del senso, il partito dell’amore, della comunicazione e della ragione contro la realtà. Se mai esiste un senso, dipende dal suo comportamento. E lui perciò non si pone alcun tipo di criteri morali nel perseguire il suo scopo, poiché proprio il suo scopo costituisce la morale prima fra tutte. Il suo fallimento sarebbe il peggiore di tutti i mali, poiché il mondo, così com’esso è, è il peggiore dei mondi possibili. L’antipode del fanatico è il cinico. Senso, ragione, felicità sono per lui epifenomeni di una fattività insensata. Egli parteggia, agendo attivamente o guardando con sufficienza, per questa fattività, per la forza contro il senso, che è solo un’illusione. Anche a lui, come al fanatico, è tutto permesso, solo che egli non ha bisogno di alcuna giustificazione morale o storico-filosofica. Fanatismo e cinismo sono opposti l’uno all’altro ma si toccano, come tutti gli estremi. Il cinico è spesso il fanatico deluso, che ha perso la fede nella realizzabilità del suo scopo e ora cerca solo la forza e non più il senso”.
45 Si veda di R. GUARDINI, Es lebe die Freiheit (1958), tr. it. di m. Nicoletti, Morcelliana ed., Brescia, 1994, p. 56. “Ora si fa avanti, con allarmante consequenzialità, qualcosa che è stato presente come possibilità fin dall’inizio in ciò che chiamiamo ‘opera dell’uomo’, ‘ ominio della natura’ ‘cultura’ nel senso più ampio, qualcosa che però per lungo tempo veniva riequilibrato nella totalità dell’esperienza. E questo qualcosa cerca ora di instaurare una nuova legge dell’esistenza, che afferma: l’uomo non è libero, ma sottostà alle necessità dell’apparato creato da lui stesso. Deve conformarsi alle esigenze di questo apparato. La sua struttura personale deve adattarsi a queste. Deve perfino farsi comprendere dalle apparecchiature che sono state concepite dalla razionalità e fabbricate dalla tecnica, come sembra rivelare il fenomeno della cibernetica. (..). Di questa mancanza di libertà l’ordinamento statale totalitario costituisce l’espressione più evidente”. Ma non la sola.
46 A. SCOLA, Una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio ed., Venezia, 2007, p19.
47 Il riferimento è a 1Pt 5, 13.
48 J. RATZINGER, Kirke, Ökumene und Politik (1981), tr. it. Di E. Guerriero, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987pp. 142-143.
49 Op. cit., pp. 143-144.
50 G.W.F. HEGEL, Die Philosophe des Rects: Mitschr. Wannenmann (Heidelberg 1817/18), tr. it. di P. Becchi, con il comm. Di K.H. Ilting, Ist. Suor Orsola Benincasa ed., Napoli, 1993, p. 199.
51 Dalla lettera enciclica Deus caritas est, data in Roma, il 25 dicembre, solennità del Natale del Signore, dell’anno 2005, primo del Pontificato, II, 28.
52 Dal discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa Italiana, dato in Verona, il 19 ottobre 2006.
53 Per una considerazione più approfondita della complessità dei problemi connessi alla nozione stessa di sovranità, così come essa si è andata definendo alle sue origini cfr. E. ANCONA, All’origine della sovranità. Sistema gerarchico e ordinamento giuridico nella disputa sui due poteri all’inizio del XIV secolo, Giappichelli ed., Torino, 2004.
54 Dall’enciclica Deus caritas est, II, 28.
55 Dal discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa Italiana..
56 Dal discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, dato in Roma, il 12 maggio 2005.
57 Dal discorso tenuto da Benedetto XVI al LVI Convegno nazionale dell’Unione Giuristi Cattolici, in Roma il 9 dicembre 2006.
58 R. GUARDINI, Der Herr. Betrachtungen über die Person und das Leben Jesu Christi (1937), tr. it. di G. Canobbio, Morcelliana ed., Brescia, 2005, p. 225.
59 Op. cit., p 226.
60 Op. cit., p. 227.
61 Scrive Joseph Ratzinger: “Se si può dire da un lato in forma accentuata che la chiesa è la comunità in quanto comunione sotto la presidenza del vescovo di Roma, il quale detiene l’ufficio di primo testimone istituito dal Signore, che essa come tale è visibile ed unica, dotata di confini chiaramente delineabili, da un altro lato, la teologia cattolica deve anche dire con molta più chiarezza che non finora che con la effettiva presenza della parola al di fuori dei suoi confini c’è anche la ‘chiesa’ in una qualche forma, e che i confini dell’azione dello Spirito santo non si identificano con quelli della chiesa visibile. Da un lato, lo Spirito, la grazia, alla cui piena signoria è ordinata la chiesa, può infatti mancare anche a uomini che vivono nella chiesa; da un altro lato, può invece agire efficacemente in uomini che vivono al di fuori della chiesa. Sarebbe pazzesco e falso, come disse giustamente Congar (Vraie et fauste riforme dans l’église, Paris, 1950, p. 482), identificare semplicemente l’opera dello Spirito santo con il lavoro dell’apparato ecclesiastico” (J. RATZINGER, Das neue Volk Gottes, cit.p. 131).
62 R. GUARDINI, Der Herr, cit., p. 226.
63 J. RATZINGER, Cantate al Signore un canto nuovo, Jaca Book, Milano, 1996, p. 58.
64 Ibid.