UN MODELLO DI ARGOMENTAZIONE GIURIDICA:
LE QUAESTIONES DISPUTATAE DEI GIURISTI MEDIEVALI*
di Elvio Ancona
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UN MODELLO CLASSICO – E’ notorio che la tecnica normalmente praticata per la risoluzione del conflitto tra diritti di pari rango è il cosiddetto bilanciamento.
Meno noto è che questa tecnica non è che una particolare realizzazione di un modello di ragionamento che è tipico della giurisprudenza classica e comunemente, anche se non sempre consapevolmente, praticato dai giuristi di ogni epoca. La manifestazione più compiuta di questo modello è probabilmente rivenibile nelle quaestiones disputatae dei giuristi medievali.
IL METODO SCOLASTICO DELLA QUAESTIO – Questioni e articoli costituivano infatti una delle espressioni più tipiche del metodo scolastico medievale.Definitasi a partire dalla metà del XII secolo, la loro struttura rifletteva lapratica del coevo insegnamento accademico, in particolare delle dispute che si tenevano nelle facoltà delle arti, di teologia, diritto e medicina e che erano certo meno frequenti ma non meno importanti delle lectiones.
Per avere un’idea del loro svolgimento possiamo considerare lo schema tipico di un articolo della Summa tomistica. Come scrive M.D. CHENU(Introduction a l’étude de Saint Thomas d’Aquin, Montreal-Paris 1954, p. 78),infatti, l’articolo è la trasposizione letteraria più elementare del processo di elaborazione necessario per la formulazione, la discussione e la soluzione del problema che comporta la disputa.
L’articolo rappresenta dunque la disputa nel suo sviluppo essenziale,riprodotto per iscritto a scopo didattico.
LE PARTI DELL’ARTICOLO – Conviene pertanto, al fine di individuare le basi teoriche della sua struttura argomentativa, considerarne brevemente le principali parti.
La quaestio (problema) – Il primo elemento che occorre prendere in considerazione è la posizione del problema, che assume invariabilmente laforma di una domanda introdotta dall’avverbio utrum. Utrum è la tipica espressione che qualifica l’interrogazione disgiuntiva (“è vero che è così?”) ed in quanto tale, mentre risulta corrispondente al p?´te??? di Aristotele, si differenzia dagli altri tipi di domanda individuati dallo Stagirita nei Topici e negli Analitici secondi.
Ammettendo infatti due possibili risposte (sic aut non), non può essere assimilata né alla proposizione interrogativa semplice (“non è forse vero che è così?”) che obbliga ad una sola risposta, né alla domanda sull’essenza (“che cos’è?” e “perché?”) che si apre a infinite risposte.
La domanda disgiuntiva è peraltro strettamente legata alla domanda sull’essenza, poiché concerne tutte quelle tematiche i cui principi propri e la cui natura specifica ci sono sconosciuti oppure appartengono costitutivamente al dominio del mutevole e del contingente e possono quindi dar luogo a un numero imprecisabile di opinioni probabili, per ciascuna delle quali si dovrà riproporre l’utrum. L’utrum, a sua volta, non solo non esclude ma conduce dasé alla domanda sull’essenza poiché implica la ricerca delle ragioni della risposta, affermativa o negativa che sia.
La disputatio (argumenta e obiectiones) – E precisamente nella ricercadelle ragioni del sic e del non consiste la seconda parte dell’articolo, la disputatio propriamente detta. Dopo l’enunciazione del problema segue unaserie di argomenti a favore di una delle due possibili risposte, cui si contrappongono nel sed contra gli argomenti a sostegno dell’altra.
In effetti, è stato opportunamente notato che la seconda serie di argomentinon è tanto avverso la prima, è piuttosto per la seconda parte dell’alternativa enon si oppone che indirettamente agli argomenti prodotti in appoggio alla parte contraria. Il pro e il contra non si fronteggiano dunque come una tesi adun’antitesi ma svolgono fino in fondo le ragioni delle soluzioni prospettate conducendo l’intelligenza a scoprire le cause ultime del sorgere del problema. Spesso questa ricerca viene sostenuta dal rimando ad una o più auctoritates,personalità o testi che erano considerati meritevoli di credito e che pertanto,pur senza avere alcun valore conclusivo, costituivano comunque un fattore di prova delle posizioni assunte nei confronti dell’alternativa iniziale. Si trattava,in ogni caso, di riferimenti e allegazioni che erano solo ausili per la discussione,scelti esclusivamente per la loro utilità dialettica, in funzione esplicativa,giustificativa o al massimo confutativa, poiché l’Aquinate aveva la chiara consapevolezza che se l’autorità della parola di Dio è decisiva nelle questioni teologiche, il locus ab auctoritate, quae fundatur super ratione humana, èinfirmissimus e rappresenta la forma più debole di argomentazione.
I veri argomenti conclusivi si trovano nella determinatio della questione,laddove Tommaso proponeva la sua soluzione e la dimostrava sillogisticamente.
La determinatio (solutio) – Giungiamo così alla terza parte dell’articolo, la determinatio appunto, in cui il nostro autore assumeva come premesse del proprio ragionamento dei principi generalmente accettati e in ogni caso comuni ai disputanti, per costruire in base ad essi, sillogisticamente, sia la sua personale risposta al problema posto, sia la confutazione di tutti gli argomenti precedentemente addotti che risultavano opporvisi.
In realtà, è raro che una posizione contraria venga respinta del tutto,ricusata a motivo della sua irrilevanza o della sua intrinseca contraddittorietà.Il più delle volte – osserva ancora lo CHENU – ci troviamo davanti a una distinctio, una precisazione concettuale o terminologica, tale da cogliere laparte di verità che pur quell’argomentazione esprime, il punto di vista da cui bisogna porsi per riconoscerne la validità, collocandola in una sintesi che la garantisca anziché respingerla. La determinatio, in questo caso, più che a rigettare l’una o l’altra delle due tesi antagoniste, tende a coordinarle.
LA RIFLESSIONE TOMISTA SULLA QUAESTIO – Tommaso è uno degli autori che,oltre ad utilizzare ampiamente questo metodo, dimostra una consapevolezza particolarmente acuta del suo valore euristico ed epistemico.Forse il documento più significativo di questa consapevolezza si trova nell’expositio del libro III della Metafisica di Aristotele. Ivi, tra le ragioni per cuiad veritatis considerationem occorre procedere modo disputativo, ostendens eaquae sunt dubitabilia circa rerum veritatem, il nostro Autore enuncia la seguente, quae sumitur ex parte auditoris: colui che ascolta, il discente, deve infatti giudicare le cose udite (auditorem enim oportet iudicare de auditis).
Come tuttavia nei processi (in iudiciis) nessuno può giudicare senza aver ascoltato le ragioni di entrambe le parti (rationes utriusque partis), così colui che studia la filosofia potrà giudicare meglio se avrà considerato tutte le obiezioni o i dubbi come potrebbero essere sollevati da eventuali avversari(rationes quasi adversariorum dubitantium) [1].
I VANTAGGI DELLA METODOLOGIA DISPUTATIVA – Evidente era infatti l’utilità pedagogica della disputa, quale prassi che abilitava gli studenti alla formulazione, alla discussione e alla soluzione dei problemi proposti.
Ma altrettanto importante era anche la funzione euristica della disputa, quale strumento di individuazione della soluzione più corrispondente al problema posto in quanto, tenendo conto degli argomenti di entrambe le parti, era tendenzialmente comprensiva di tutti gli aspetti del problema stesso.Infine, si deve constatare il suo valore epistemico. E’ costitutivo infatti delsapere non appena il giudicare correttamente in merito ad una materia controversa, ma anche, e per la stessa ragione, il confutare le affermazioni al riguardo erronee. Solo con la risoluzione delle istanze negative, quando gli argomenti contrari sono stati penetrati nella loro insussistenza, solo allora si ha vero sapere e non semplice opinione [2].
E ciò è dovuto ad una ben precisa ragione epistemologica: nelle materie i cui principi propri ci sono sconosciuti o i cui oggetti sono mutevoli e contingenti,materie che quindi risultano intrinsecamente problematiche, la validità di unasoluzione si dimostra proprio nella sua capacità di confrontarsi vittoriosamente con gli argomenti dei contraddittori.
DISPUTA SCOLASTICA E CONTROVERSIA GIUDIZIARIA – Le parole citate contengono peraltro un’indicazione non meno interessante. Tommaso, infatti,basandosi sul menzionato passo di Aristotele, faceva un preciso riferimento alla pratica forense (in iudiciis) per giustificare l’adozione del metodo “disputativo”nella ricerca della verità.
Tale riferimento è giustificato certamente dall’ormai riconosciuta origine giuridica delle dispute scolastiche. Le dispute infatti si affermarono e si svilupparono nelle scuole di diritto del XII secolo, in quei centri di insegnamento da cui sarebbero sorte le prime università e che maggiormente contribuirono alla rinascita della giurisprudenza nell’Europa cristiana [3].