Il ruolo della filosofia nella formazione del giurista•
di Francesco Gentile
67 Guido Fassò, nella sua monumentale storia della filosofia del diritto, dopo aver ricordato come anche un “rigoroso assertore del formalismo”, come Pietro Calamandrei, “proprio per l’esperienza della storia” avesse criticato “l’abuso della logica astratta” e invitato i giudici a”mettersi con coraggio sulla strada del giudizio di equità”, afferma tassativamente che “la riconciliazione tra scienza e filosofia del diritto avvenne però per altra via, grazie all’opera mediatrice di una singolare figura di pensatore che esercitò, forse con la sua personalità più ancora che con la sua dottrina, una forte suggestione sui giuristi italiani: Giuseppe Capograssi, il quale, pur filosofo – anzi, filosofo a tendenza mistica, profondamente sensibile al fatto religioso – assunse verso la scienza giuridica, di contro al ‘metodo della superbia’ degli idealisti, un atteggiamento di modestia e di umiltà” (G. FASSÒ, Storia della filosofia del diritto. III. Ottocento e Novecento, Laterza ed., Roma-Bari, 2001, pp. 323-324).
68 Op. cit., p. 324.
69 E. OPOCHER, Legge e verità: riflessioni su di un passo platonico, in “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, L (1973), p. 758.
70 Ibidem. Cfr. altresì di E. OPOCHER, A proposito di diritto e analisi del linguaggio, in “Rivista di diritto civile”, XXIII (1977), pp. 156-163.
71 Cfr. L. CAIANI, La filosofia dei giuristi italiani, Cadam, Padova, 1955.
72 M. GENTILE, Come si pone il problema metafisico, Cedam, Padova, 1965², p. 43. Per intendere questo magnifico simbolo, “occorre naturalmente essersi fermati qualche volta ad osservare realmente un fiume e avere colto, almeno fuggevolmente, il senso profondo che esso dà della continuità e dell’intensità del movimento. Occorre, anche, essersi fermati, almeno brevemente, a riflettere sulle condizioni di tale sentimento elementare e quindi constatare che il fiume può essere segmentato nelle singole gocce che lo costituiscono e divenire tema di una scomposizione infinitesimale, come quella che effettivamente ne fanno gli scienziati idraulici per ricavare il disegno di dighe, di ponti, di condotte forzate, di turbine: ma se in tal modo il fiume può diventare tema di un’analisi portata all’estremo degli infinitesimi, questa, per esserci, deve riportarsi all’intuizione sintetica di un processo unitario, nel quale ogni punto deve ricorrentemente risolversi ed annullarsi. Resta alla fine l’immagine di quell’incessante incalzarsi e trascorrere, che è la condizione dell’esperienza come matrice del sapere. Perciò è necessario liberare quel coacervo di rappresentazioni che viene spesso considerato come autentica esperienza, sia dalle risonanze emotive che ne alterano il carattere conoscitivo, sia dalle aggiunte e superfetazioni che sono il residuo di precedenti elaborazioni concettuali, le quali vengono confuse con la rappresentazione diretta e immediata del divenire. Sicché una delle fatiche maggiori per guadagnare la posizione di partenza della filosofia consiste, anziché in una precoce e perciò intempestiva formazione di concetti, nel ripulire l’esperienza dalle sovrapposizioni di precedenti elaborazioni concettuali. Per quest’opera di chiarificazione e di purificazione sono ancora specialmente attuali alcune pagine di Bergson, rivolte a far scoprire sotto la crosta gelata degli irrigidimenti intellettualistici la corrente liquida dell’esperienza. La copertura di ghiaccio è prodotta da quella che Bergson chiama l’intelligenza febbrile, cioè la scienza rivolta al sapere operativo, mentre gli strati protetti dal gelo fluiscono con la libertà dell’intuizione, cioè dell’esperienza non adulterata dall’operatività scientifica” (M. GENTILE, Breve trattato di filosofia, Cedam. Padova, 1974, pp. 45-46).
73 All’origine di Come si pone il problema metafisico sono dieci lezioni che Marino Gentile tenne ai corsi estivi di Bressanone nell’estate del 1954. Non sapendo manovrare il registratore, mio padre mi chiese di aiutarlo. E così, per ragioni “tecniche” e “familiari”, anch’io le ascoltai, mentre trascorrevo le vacanze dopo la maturità alle pendici della Plose!
74 M. GENTILE, Breve trattato di filosofia, cit., p. 18. L’affermazione è sostenuta da una considerazione etimologica del termine greco antico “epistasthai” e del tedesco “verstehen” che indicano entrambi il sapere, riferendosi alla medesima immagine, dello “stare”, inteso come una posizione di sicurezza e di stabilità. Va altresì notato che, prima di diventare transitivi ed indicare un’operazione che passa da un soggetto ad un oggetto, i due verbi designavano semplicemente una condizione del soggetto.
75 Nell’Istituto di filosofia del diritto della Facoltà di Giurisprudenza di Padova, dove ho trascorso la più parte della mia vita, posso dire senza iattanza d’aver esercitato disinteressatamente, sin dai primi tempi tesi e turbolenti, una funzione di equilibrio e di distensione, forse per questo Opocher mi trovò il soprannome di “doctor heroicus”. E con me e dopo di me in questo luogo privilegiato della ricerca sono cresciute e hanno trovato fruttuosa ospitalità più generazioni di studiosi, da Francesco Cavalla, Franco Todescan e Alberto Andreatta a Giuseppe Zaccaria e Giovanni Fiaschi, da Giampiero Calabrò e Michele Donataci a Nereo Tabaroni, Dario Quaglio, Stefano Fontana a Gaetano Marini, Liliana Aloisi e Francesca Zanuso; da Alberrto Scerbo, Ugo Pagallo, Marco Cossutta, Ottavio De Bertolis e Lucio Franzese a Marcello Fracanzani, Torquato G. Tasso, Elvio Ancona e Domenico Menorello; da Federico Casa, Giovanni Caruso e Alberto Berardi a Giovanni Ferasin, Enrica Cozza, e Federico Costantini; da Marco Greggio, Massimo Tringali e Daniele Corrado, ad Andrea Favaro, Sara Todesco e Cristina Bislacco; da Gabriele Civello, Giuseppe Perini ed Elisa De Belvis a Cristiano Antonini, Carmelo Leotta, Francesca Fabris, Stefano Favaro ed Eliana Cappuzzo; dall’argentina Maria de Lezica al cileno Gonzalo Letelier Widov. Tra questi un posto particolare, per me, ha trovato Anna Lisa Zaccaria Gentile, mia consorte e mia Fortuna, nel cui amore geduldig ho riconosciuto il riflesso dell’Amore che consente all’uomo di cantare col Salmo 39: “Ho sperato: ho sperato nel Signore / ed egli su di me si è chinato, / ha ascoltato il mio grido. (…) Beato l’uomo che spera nel Signore / e non si mette dalla parte dei superbi, / né si volge a chi segue la menzogna”.
76 Cfr. i miei Dalla concezione illuministica alla concezione storicistica della vita sociale. Saggio sul concetto di società nel pensiero di C. H. de Saint-Simon, Cedam, Padova, 1960 e Che cosa ha veramente detto Saint-Simon, Ed. Astrolabio, Roma, 1973, oltre ai tanti saggi minori e alle traduzioni..
77 Cfr. i miei L’esprit classique nel pensiero di Montesquieu, Cedam, Padova, 1965 e Saggi su Montesquieu, La Garangola ed., Padova, 1971, oltre tanti altri saggi minori.
78 Cfr. le mie Lezioni di dottrine sociali, Dispense dell’Istituto Superiore di Scienze Sociali, Trento, 1967.
79 Un interessante documento di quella stagione è offerto dal volume La società criticata. Revisioni fra due culture (Morano ed., Napoli, 1974), in cui sono raccolti i saggi di un gruppo di giovani ricercatori riuniti intorno a Sergio Cotta nella critica della “mentalità tecnologica” dominante: Francesco D’Agostino, Alberto Andreatta, Pierfranco Ventura, Bruno Romano Gaetano Carcaterra, Franco Todescan, Paolo Pasqualucci, Giuseppe Zaccaria, Francesco Cavalla ed io.
80 Cfr. di G. CAPOGRASSI, Impressioni su Kelsen tradotto (1952), in Opere, cit., vol. V, p. 314.
81 “Un modo davvero curioso questo di preservare l’ordinamento giuridico dall’insolenza della storia! Nel torbido delle volontà individuali e dei giudizi soggettivi di valore, che secondo l’ipotesi kelseniana caratterizza il corso irrequieto della storia, la scienza positiva manterrebbe il diritto puro e incontaminato, sottratto alla lotta delle singole parti, mettendolo immediatamente a disposizione di quella che di fatto sia riuscita ad affermarsi sulle altre e che di fatto riesca a mantenere il predominio. Con l’artificio della norma fondamentale, principio unificatore e garante della funzionalità del sistema normativo, si attua la ‘trasformazione del potere in diritto’. ‘Chi ha vinto diventa padre della costituzione, legislatore e la sua volontà in quanto e fino a quando ha la forza di farsi obbedire, diventa valida’ è l’amara considerazione di Capograssi” (cfr. il mio La cultura giuridica contemporanea fra scienza e storia, in “Incontri culturali”, XIII(1980), fasc. 1-2. p. 41). Potrebbe altresì vedersi il mio Il problema del rapporto tra operatività e fondamento delle norme nel pensiero kelseniano, in AA.VV., Hans Kelsen nella cultura filosofico-giuridica del Novecento, Enciclopedia Italiana ed., Roma, 1983, pp. 93 ss.
82 U. SCARPELLI, Il diritto nella società industriale, in “Atti del IX Congresso nazionale della Società Italiana di Filosofia giuridica e politica”, Giuffré ed., Milano, 1974, p. 11.
83 Op. cit., p.38.
84 Op. cit., p. 28. Cfr. altresì in proposito il mio Per fare il punto sulla filosofia giuridica e politica italiana degli anni Settanta, in “Archivio Giuridico”, CXCIII (1977), fasc. 1, p. 14..
85 G. TARELLO, Il diritto come ordinamento, in “Atti del X Congresso nazionale della Società Italiana di Filosofia giuridica e politica”, Giuffré ed., Milano, 1976, p. 236
86 Op. cit., p. 237.
87 G. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna. I: Assolutismo e codificazione del diritto, Il Mulino ed., Bologna, 1976, p. 17.