Il ruolo della filosofia nella formazione del giurista•
di Francesco Gentile

45 Cedam, Padova, 2005, pp. 424.

46 F. CASA, Sulla giurisprudenza come scienza, cit., pp. 1-2.

47 Dalla II Prefazione di A. Berardi, G. Caruso, F. Casa, G. Ferasin e T. Tasso a F. GENTILE, Filosofia del diritto. Le lezioni del quarantesimo anno raccolte dagli allievi, Cedam, Padova, 2006, p. XI.

48 E. OPOCHER, Il diritto senza verità, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, Padova 1950, I, p.182.

49 Cfr. il mio Ricordo di Enrico Opocher, Istituto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 2006.

50 Op. cit., p.181.

51 “Ecco qual è molto probabilmente la ragione profonda della singolare fortuna che il formalismo e le posizioni filosofiche che vi si riconnettono, hanno trovato tra i teorici del diritto, anche se poi questi teorici amano attribuire un simile formalismo all’essenza stessa del diritto” (Op. cit., pp. 185- 186)

52 Op. cit., pp. 184-185. Opocher a questo proposito polemizza direttamente con Bobbio, il quale dopo aver sostenuto che la filosofia del diritto aveva due compiti distinti, quello di sviluppare una teoria del metodo della conoscenza giuridica e quello di porre e chiarire il problema della giustizia, aveva definito metodologico il primo e il secondo inevitabilmente ideologico (Lezioni di filosofia del diritto, Torino, 1945), concludendo peraltro con un’affermazione di assoluto relativismo storicistico, che verrà fissata in una recensione al De la justice di Chaim Perelmann: “Diverse formule di giustizia (..) corrispondono a diverse situazioni di fatto” (Sulla nozione di giustizia, Modena, 1952, p. 15 dell’estratto; cfr. A. ZACCARIA, Norberto Bobbio, cit., pp. 31 ss.). “Ciò che Bobbio va sostenendo sul contenuto ideologico della filosofia del diritto – osserva Opocher, allargando la polemica – anche se è, come io credo, molto discutibile sul piano generale, esprime indubbiamente in modo esatto la tragedia dei moderni filosofi del diritto, la tragedia di quei chierici che sentono come la verità giuridica, il valore giuridico, non possa, senza contraddire al suo stesso concetto, contrapporsi alla storia come una mera forma priva di contenuto, ma che, d’altra parte, non riescono a dare un contenuto a questa forma vuota, senza cadere in un’affermazione ideologica, ossia, in definitiva, senza sacrificare alle istanze della storia il concetto stesso di verità giuridica. (..) Quanto più si è sentita la necessità di dare un contenuto concreto alla verità giuridica e quindi di non opporla alla storia, tanto più l’affermazione di questa verità è andata trasformandosi in una mera affermazione ideologica” (E. OPOCHER, Il diritto senza verità, cit., pp. 184-185).

53 Op. cit., p. 185.

54 Alla “crisi del diritto” venne dedicato, nel 1951, un corso di conferenze presso la Facoltà giuridica dell’Università di Padova in cui si intrecciarono interventi di giuristi come Giacomo Delitala (La crisi del diritto nella società contemporanea), Arturo Carlo Jemolo (La crisi dello Stato moderno), Giorgio Balladore Pallieri (La crisi della personalità dello Stato), Piero Calamandrei (La crisi della giustizia), Francesco Carnelutti (La morte del diritto) e di filosofi come Georges Ripert (Évolution et progrès du droit), Giuseppe Capograssi (L’ambiguità del diritto contemporaneo) d Adolfo Ravà (Crisi del diritto e crisi mondiale), poi raccolte nel volume La crisi del diritto, acura della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, Cedam, Padova, 1953.

55 E. OPOCHER, Il diritto senza verità. cit., pp. 188 e 189 passim.

56 Potrebbe essere interessante e suggestivo confrontare questa riflessione, di sessant’anni fa’, sul “diritto senza verità” con la recentissima professione di nichilismo giuridico di Natalino Irti: “Non c’è da stupire che la formula del nichilismo, appena enunciata e ragionata, si sia diffusa nel mondo degli studi giuridici. Che cosa è il nichilismo giuridico se non sciogliere il diritto da ogni condizione sovra-positiva? Che cosa, se non risolverlo nell’efficienza del funzionare e nella regolarità del procedere? Il formalismo è fraterno al nichilismo, insieme fattore determinante e conseguenza ineluttabile. (..) Il nulla, che s’insedia nel diritto e ne attraversa le forme, è proprio nell’assenza di presupposti immutabili. Qui non c’è luogo a soluzioni transattive o eclettismi consolatori, ma duro e schietto aut-aut: o la radicale immanenza nella storia, nella finitudine, nella temporalità del divenire; o l’uscita verso l’alto, che sia divinità, o eterna natura, o stabilità ontologica delle ‘cose’. Il dovere di sincerità incombe – ammonisce Irti, e non si può non dargli ragione – anche sui critici del nichilismo” (In dialogo su Nichilismo giuridico, in “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, 2006 (LXXXIII), pp. 179-180. Del medesimo autore cfr Nichilismo giuridico, Laterza ed., Roma- Bari, 2004.). Ma anche sul i suo fautore, dobbiamo aggiungere per correttezza e coerenza, il quale dovrebbe dire su che cosa poggiano la “efficienza del funzionare” e la “regolarità del procedere”, di cui il giurista dovrebbe essere garante, e decidersi, aut-aut: o su qualcosa che sta in alto guardando alla quale l’uomo si orienta e si regola; oppure sul nulla, ma allora dovrebbe riconoscere che nulla è l’efficienza, nulla la regolarità, nullo l’ordinamento giuridico!.

57 “I teorici del diritto hanno una responsabilità profonda di fronte alla crisi contemporanea e non potranno condurre validamente la loro lotta per la verità del diritto se non riusciranno a superare l’orientamento laico che li ha finora guidati”. “Anche nel campo dell’esperienza giuridica, il fallimento del laicismo giuridico o, se si vuole, della metafisica dell’antimetafisica, implica, per le sconvolgenti conseguenze alle quali apre la via, la possibilità di un valido superamento”. “La stessa scienza del diritto, nel suo travaglio interiore, ponendo il problema della sua essenza, sente prepotente il bisogno di superare la sua premessa laicistica, di fondare la sua stessa dignità di scienza sulla verità del diritto”. “Un compito immane attende i teorici del diritto nel mondo storico: uscire dal comodo rifugio del laicismo e scendere tra i tumulti e le risse di questo mondo” (E. OPOCHER, Il diritto senza verità, cit., pp. 189-191 passim. .

58 Op. cit., p. 187. Si tratta dell’affermazione che si trova in GROZIO, De iure belli ac pacis, Prolegomena, § 11. Si veda in proposito quanto scrive F. TODESCAN, Etiamsi daremus. Studi sinfonici sul diritto naturale, Cedam, Padova, 2003.

59 Cfr. E. OPOCHER, Il diritto senza verità, cit., p. 187, dove si fa riferimento a THOMASIO, Fondamenta iuris naturae et gentium ex sensu communi deducta in quibus secernuntur principia honesti, iusti ac decori, L. I, C, VI, § XL-XLII. Si veda in proposito A. VILLANI, Christian Thomasius illuminista e pietista, Napoli, 1997.

60 Per una puntuale distinzione tra la concezione classica, metafisica, del giusnaturalismo e quella moderna, scientistica, è utile vedere la voce Giusnaturalismo della Enciclopedia del diritto, a cura di Sergio Cotta.

61 E. OPOCHER, Il diritto senza verità, cit., pp. 188-189.

62 Cfr. il nostro Filsofia e scienza del diritto, Acc. Mil., Modena, 1988, pp. 29 ss.

63 Scrive in proposito Opocher: “Quella di Capograssi, per quanto profonda e importante sia, è solo una delle direzioni in cui la concezione del diritto come esperienza può essere svolta” e se una specie di priorità va riconosciuta in questo campo a Capograssi, ciò dipende “dal fatto che il carattere della prospettiva che gli fu peculiare, il suo temperamento speculativo e la funzione formativa che egli seppe esercitare sulla filosofia del diritto e la scienza giuridica del suo tempo riuscirono ad esprimere in modo incomparabile tutta le fecondità problematica della nozione di esperienza giuridica e a svolgerne alcuni temi fondamentali che (..) segnano la misura del contributo che la scienza e la filosofia del diritto possono attendersi, per il loro sviluppo, dalla nozione del diritto come esperienza” (E. OPOCHER, Esperienza giuridica, voce della Enciclopedia del diritto, Giuffré, Milano. Con Enrico Opocher, allievi diretti di Capograssi furono Flavio Lopez de Oñate, Pietro Piovani, Antonio Villani e Ruggero Meneghelli ma, seppure di riflesso, tanti altri filosofi, tra i quali va ricordato Francesco Mercadante, e giuristi, tra cui emerge la figura di Salvatore Satta.

64 Nell’altro emisfero, quello australe, la medesima intuizione si trova nella ricerca di Felix Adolfo Lamas, filosofo e giurista argentino (Cfr. F.A. LAMAS, Experiencia jurídica, IEF ed., Buenos Aires, 1991.

65 Cfr. E. OPOCHER, La filosofia dell’esperienza giuridica, in La filosofia del diritto in Italia nel secolo XX, cit., vol. I, p. 81.

66 G. CAPOGRASSI, Analisi dell’esperienza comune, in Opere, Giuffré ed., Milano, vol. II, p. 4

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