Il ruolo della filosofia nella formazione del giurista•
di Francesco Gentile

23 Croce investì Del Vecchio duramente: “Del Vecchio è un professore di filosofia del diritto, uso perciò a dar valore speculativo alle distinzioni meramente pratiche e solo praticamente giustificabili dei giuristi e a riverire l’universale giuridico, come lo chiamano, un filosofico ircocervo, che sarebbe giuridico ma avrebbe un carattere etico, e che, in fondo, a dempie al solo ufficio di fornire una base alle cattedre di filosofia del diritto” (Conversazioni ccritiche, 1951). Per la verità Del Vecchio aveva provocato il Croce nel suo libro Diritto ed economia (1935) dove paragonava le argomentazioni crociame sulla Riduzione della filosofia del diritto alla filosofia dell’economia (1905) a quelle del manzoniano Don Ferrante sulla peste. Per la verità non senza qualche fondamento sostenendo, il Del Vecchio, che l’errore di Don Ferrante era quello di non “aver abbandonato o corretto le sue categorie che la sua stessa esperienza (la peste che aveva sotto gli occhi) gli dimostrava erronee o insufficienti”. Al che Croce, in maniera assai curiosa ma significativa del suo modo di concepire la filosofia come sistema, replicava: “Quel buon peripatetico, più filosofo in questo del prof. Del Vecchio, intendeva ragionare con la mente e non con le impressioni sensitive dell’occhio; e non negava già quel che aveva sott’occhio ma negava che fosse ciò che altri diceva e che ripugnava ai suoi concetti e alle sue categorie (la peste come contagio). (..) L’osservazione e l’esperienza facevano in Don Ferrante, com’era logico, tutt’uno con le premesse concettuali del suyo ragionare. Così non serve arrecare i miracoli che accadono a Lourdes o alla Madonna di Pompei per confutare colui che nega i miracoli perché tiene contraddittorio e vuoto il concetto stesso di miracolo: per affermare un miracolo è necessario affermare nell’atto stesso il concetto di miracolo” (Conversazioni critiche, cit.). Magnifico esempio di sofisma, cioè di argomentazione in cui si nasconde un argomento scorretto dietro ad un argomento corretto. Cfr. in proposito il mio La filosofia del diritto nella Napoli di Adriano Tilgher, in AA.VV., Adriano Tilger, a cura di G.F. Lami, Giuffré ed., Milano, 1992, pp141 ss. , nel quale si possono anche ritrovare, con la critica alla filosofia del diritto praticate nell’accademia, anche le dure critiche alla applicazione del “sistema dei distinti”alla filosofia del diritto del giovane Tilgher, crociano fedelissimo, il quale riteneva di aver fatto essere la filosofia del diritto “logicamente” deducendola “dall’attività stessa dello spirito”, secondo l’insegnamento di Croce. Con esiti che lo stesso Croce non poteva non rifiutare!

24 L’attuale filosofia del diritto in Italia, in Momenti della filosofia giuridico-politica italiana, Giuffré ed., Milano, 1951.

25 Maestri italiani di filosofia del diritto del secolo XX, Bulzoni ed., Roma, 1978.

26 Storia delle filosofia del diritto. III: Ottocento e Novecento, Il Mulino ed., Bologna, 1970.

27 Iusnaturalismo y positivismo juridico en la Italia moderna, Pubb. Del Real Collegio de España en Bolonia, 1971.

28 Cfr. La filosofia del diritto in Italia nel secolo XX, Atti dell’XI Congresso Nazionale della Società italiana di filosofia giuridica e politica, Giuffré, Milano, 1977, in due volumi.

29 Cfr. di D. QUAGLIO, Giorgio Del Vecchio. Il diritto tra concetto e idea, ESI, Napoli, 1984.

30 Cfr, di Piovani l’intervento su La filosofia dell’esperienza giuridica in La filosofia del diritto in Italia nel secolo XX, cit., vol. II, pp.156.

31 In “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, II (1922), pp. 234-258. Cfr. in proposito di T. SERRA, Angelo Ermanno Cammarata. La critica gnoseologica della giurisprudenza, ESI, Napoli, 1988. Sulla polemica tra giuristi e filosofi cfr. di A. DE GENNARO, Crocianesimo e cultura giuridica italiana, Giuffré ed., Milano, 1974.

32 Cfr. di D. COCCOPALMERIO, Francesco Carnelutti. Il “realismo giuridico italiano”, ESI, Napoli, 1989.

33 Qualche anno prima Pietro Bonfante, sulla base di un evidente pregiudizio positivistico, aveva definito la filosofia del diritto “il simbolo di una fase prescientifica nello studio del diritto” (Il metodo naturalistico nella storia del diritto, in “Rivista Italiana di Sociologia” XXI (1917). Va inoltre detto che, in seguito ad un “parere” del Consiglio di Stato, della cui paternità il Bonfante fece esplicita confessione proprio in occasione della polemica sulla RIFD, veniva notevolmente ridimensionata la funzione della filosofia del diritto nelle Facoltà di Giurisprudenza (P. BONFANTE, Filosofia del diritto e Scienza del diritto, in “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, III (1923). Non bisogna peraltro dimenticare che già nel 1875 il Ministro Borghi aveva preso il provvedimento di abolizione della filosofia del diritto come materia obbligatoria, sostituendola con l’Introduzione alle scienze giuridiche o l’Enciclopedia del diritto da un lato e con la Sociologia dall’altro. Il provvedimento verrà abrogato dal Ministro Coppino l’anno successivo; l’abolizione della disciplina verrà in seguito riproposta dal Borselli nel 1890 e dal Nasi nel 1902, tuttavia senza successo. Dal 1938 la filosofia del diritto è compresa tra le materie fondamentali della Tabella di Giurisprudenza e dal 200

34 Cfr. di L. ALOISI, Alessandro Levi. La crisi del “sottosuolo” positivistico, ESI, Napoli, 1982.

35 Cfr. di G. MARINI, Giuseppe Maggiore. L’interferenza di filosofia e diritto, ESI, Napoli, 1983.

36 A.E. CAMMARATA, Su le tendenze antifilosofiche della giurisprudenza, cit., p. 241.

37 Si pensi solo alle polemiche tra Croce e Del Vecchio, cfr. più sopra la nota 23.

38 Op. cit., p 244.

39 B. LEONI, Per una teoria dell’irrazionale nel diritto. Giappichelli ed., Torino, 1942, p. 106.

40 Puntuali ed efficaci le considerazioni in proposito di Teresa Serra sul “tentativo di offrire una rigorosa elaborazione del formalismo giuridico” senza la quale “un’interpretazione speculativa dell’esperienza giuridica risulterebbe per necessità monca e unilaterale” (Cfr. T. SERRA, Angelo Ermanno Cammarata, cit., pp. 114 ss.).

41 Come sempre lucido nella schematizzazione, Norberto Bobbio scrive: “Ci limitiamo a presentare una esposizione schematica di quelle che potrebbero essere considerate le tre fasi di sviluppo della giurisprudenza, quando per giurisprudenza si intenda appunto l’analisi linguistica che ha per oggetto le proposizioni normative di un determinato ordinamento giuridico. a) Il linguaggio del legislatore non è necessariamente rigoroso: il primo compito del giurista è quello di renderlo rigoroso; b) il linguaggio del legislatore non è necessariamente completo: il secondo compito del giurista è di completarlo quanto più è possibile; c) il linguaggio del legislatore non è necessariamente ordinato: il terzo compito del giurista è di ridurlo a sistema. La prima fase è di purificazione, la seconda di completamento, la terza di ordinamento del linguaggio giuridico” (Scienza del diritto e analisi del linguaggio, in “Rivista trimestrale di diritto e procedura civile”, IV (1950), p. 355).

42 Due discussioni occupano la scena, quella “sulla natura dei concetti giuridici” che vede gli interventi di Salvatore Pugliatti e Arturo Carlo Jemolo da un lato, Widar Cesarini Sforza e Guido Calogero dall’altro (Cfr. G. CALOGERO, W. CESARINI SFORZA, A.C. JEMOLO, S. PUGLIATTI, La polemica sui concetti giuridici , a cura di N. Irti, Giuffré ed., Milano, 2004), e quella su “i principi generali del diritto”, innescata da una celebre prolusione di Giorgio Del Vecchio, con l’intervento di giuristi tra i quali Calogero Gangi, Biagio Brugi, Aldo Checchini, Tullio Ascarelli, Francesco Orestano, (Cfr. P. GROSSI, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950, Giuffré ed., Milano, 2000 e, specificamente A. FALZEA, I principi generali del diritto. Relazione introduttiva, in “Atti dei Convegni Lincei”, 1992 ora anche in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, Giuffré ed., Milano, 1999)

43 Ne I fondamenti della filosofia del diritto (1916) Giovanni Gentile aveva scritto testualmente: “La filosofia del diritto avrà diritto a vivere finché si manterrà filosofia, alla quale non si perviene muovendo dal diritto, come non vi si perviene da nessun altro concetto empirico” (G: GENTILE, I fondamenti della filosofia del diritto, Sansoni ed., Firenze, 1961, p. VIII) . Cfr. in proposito di G. CAPOZZI, Teoria della conoscenza e conoscenza giuridica nella filosofia del diritto di Gentile, Firenze, 1977.

44 A proposito della Riduzione della filosofia del diritto a filosofia dell’economia (1909) di Benedetto Croce, Vittorio Frosini scrive: “Il punto di forza del pensiero crociano è costituito dalla dimostrazione filosofica, che egli ha indubbiamente dato, seguendo la logica di Don Ferrante, secondo la quale la legge giuridica è una irrealtà, giacché gli atti pratici sono etici e universali ovvero economici e particolari, tertium non datur, e dunque il diritto, giacché non è moralità, si riduce e si risolve in un’astrazione di schemi e di pseudoconcetti derivati dalle concrete volizioni economiche” (L’idealismo giuridico italiano, Giuffré ed., Varese, 1978, p. 10). Ma già Guido Calogero aveva puntualmente aveva in evidenza che “il processo mentale, con cui Croce ha ridotto la giuridicità ad economicità, è con ciò, più esattamente, un processo di eliminazione della stessa giuridicità” (G. CALOGERO, Croce e la scienza giuridica, in “Rivista italiana per le scienze giuridiche”, III-IV (1952-53), p. 2).

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