La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’ in Vittorio Frosini[1]
di Federico Costantini
[9] «il progresso tecnologico va oggi inteso nel senso di una sua polivalenza, o per meglio dire in senso globale, giacché esso coinvolge il progresso scientifico di ampliamento e di verifica delle conoscenze, il progresso tecnico di applicazione pratica delle invenzioni, il progresso sociale di aumento della relazionalità fra gli uomini e il progresso morale di autonomia dell’uomo in quanto individuo dotato di coscienza e di libertà», Frosini, La società tecnologica e i diritti di libertà, in Id, II diritto nella società tecnologica, cit., p.198. Vedasi inoltre «il concetto di “progresso tecnologico” va dunque adoperato con le seguenti necessarie precisazioni di significato: a) esso non va inteso nel senso di una fatalità, di carattere metafisico o provvidenziale, impressa sulla storia della umanità, com’era ritenuto il «progresso » nella cultura positivista o idealista, ma va collocato in un determinato ambito spaziale [quello delle società industriali avanzate] e temporale [quello dell’odierna età tecnologica, finché dura]; b) esso non va inteso in una accezione puramente ed esclusivamente positiva, meliorativa, apologetica, giacché va esaminato e giudicato come un fenomeno complesso, ambiguo, comprensivo di aspetti contraddittori e di oscillazioni di valori, che ha il suo dritto e il suo rovescio; c) esso non va inteso in un senso limitativo, materiale o strumentale soltanto, applicativo di invenzioni scientifiche, giacché esso coinvolge una scelta di valori, rappresenta una forma di vita collettiva", un ideale di attuazione difficile», Id, La società tecnologica e i diritti di libertà, in Id, II diritto nella società tecnologica, cit., p.202. Da notare che l’Autore non concorda con Spengler, il quale vede nel progresso tecnologico il sintomo del “tramonto dell’occidente”, Id, Sociologia dei diritti umani, in Id, Teoria e tecnica dei diritti umani, cit.,p.52.
[10] Frosini, La società tecnologica e i diritti di libertà, in Id, II diritto nella società tecnologica, cit., p.198.
[11] Ivi, p.202.
[12] In questo senso, Frosini si distacca notevolmente da Perticone, uno dei suoi Maestri pisani, il quale ebbe a scagliarsi – con notevole vis polemica – contro l’alienazione prodotta sull’individuo dalla tecnologia contemporanea, Giacomo Perticone, Il problema del potere e della partecipazione, in “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto” (1970), p.32. Mi sembra che tuttavia si possa trovare una certa consonanza di vedute nell’opposizione al materialismo ed alle sue manifestazioni politiche, come dimostra l’intervento successivo in cui l’Autore precisa – in senso critico – il rapporto tra due forme di partecipazione politica, quella al sindacato e quella al partito comunista.
[13] «un’affermazione di libertà dell’intelligenza, contro la servitù, avvelenata ed oscura, ai miti della violenza e dell’irragionevolezza», Frosini, Cibernetica, diritto e società, cit., p.85.
[14] Con riferimento all’informatica giuridica, poiché Frosini eleva a mutamento antropologico il progresso informatico, ritiene essenziale «cogliere i segni della trasformazione, che il processo tecnologico impone sulla stessa fisionomia giuridica della nostra società, prima ancora che questa nuova fisionomia trovi espressione nel diritto formale», Frosini, Sui limiti e sui compiti della sociologia del diritto, cit., p.710.
[15] L’ideologia non costituisce una sovrastruttura in senso materialista, un velo di apparenza funzionale a celare la sua origine economica, bensì una «sovrastruttura ideale, come rispecchiamento spirituale e composizione di elementi volontaristici in un sistema finalistico di quella stessa società che è caratterizzata dalla cibernetica in senso tecnologico», Frosini, Cibernetica, diritto e società, cit., p.76. In particolare l’Autore accusò Marcuse di ingratitudine verso la società occidentale e l’economia capitalista per le censure contenute soprattutto in Herbert Marcuse, One-Dimensional Man. Studies in the Ideology of Advanced Industrial Society (I ed. 1964), trad. it. L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, Torino 1967.
[16] «Intendiamo per tecnologia il fecondo connubio di scienza (teoria] e di tecnica [pratica], che si è verificato con la stimolazione della ricerca scientifica verso obiettivi pratici e con la rivalutazione della tecnica, in quanto collegata e sottomessa alla ricerca scientifica: la tecnologia è il prodotto della scienza resa operativa», Frosini, La democrazia nel XXI secolo, cit., p.26.
[17] Credo opportuno precisare che questa interpretazione risulta preferibile a livello sistematico, sebbene si possano trovare nel testo frosiniano alcuni punti che la contraddicono. Talvolta pare infatti che debbano essere le scoperte tecnologiche – quindi la prassi sociale – a determinare la nuova forma mentis cibernetica e le sue implicazioni. In particolare nel seguente passo ne vengono indicate tre: «La prima: l’avvento dei calcolatori elettronici […]. La seconda: il lancio di satelliti artificiali nello spazio extraterrestre […]. La terza: le nuove forme di trasmissione a distanza», Frosini, L’uomo artificiale, Milano 1986, p.8.
[18] «Più si tiene conto dell’uomo nello sviluppo tecnico, più quest’uomo si trova inserito in questo sviluppo, legato a questo sviluppo e non tanto subordinato quanto indissolubilmente condizionato», Ellul, La tecnica rischio del secolo, cit., p.395.
[19] Così espressamente prima in Frosini, Cibernetica diritto e società, cit., p.41; poi anche in Id, Dalla libertà informatica al bene giuridico informatico, in Id, Informatica, diritto e società, cit., p.319.
[20] Vedasi in particolare sull’utopia tecnocratica Francesco Gentile, Intelligenza politica e ragion di Stato, cit., p.116.
[21] Dal punto di vista teoretico tale nesso è così precisato da Fabro: «A differenza dell’ateismo antico o rinascimentale che traeva la negazione da elementi negativi cioè o dal materialismo o dalla polemica sul problema del male, sulla provvidenza, il pensiero moderno arriva all’ateismo con l’affermazione di principio ch’è la soggettività umana trascendentale, l’atto del cogito in quanto scaturisce dal soggetto, a dare struttura ed attualità all’oggetto nel rapporto di fondamento e di ciò ch’è fondato», Cornelio Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, vol. II, Roma 19692, p.1009.
[22] Francesco Gentile, Dalla concezione illuministica alla concezione storicistica della vita sociale. Saggio sul concetto di società nel pensiero di C. H. de Saint-Simon (Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, XXXI), Padova 1960. Per un’introduzione vedasi Giuseppe Santonastaso, La filosofia sociale in Francia, in Grande Antologia Filosofica diretta da Michele Federico Sciacca, vol. XIX, Il pensiero moderno (prima metà del secolo XIX), Milano 1973, p.725. Vedasi inoltre Claude-Henri de Saint-Simon, Opere, a cura di Maria Teresa Bovetti Pichetto (Classici della politica), Torino 1975.
[23] Francesco Gentile, Dalla concezione illuministica alla concezione storicistica della vita sociale, cit., p.188.
[24] Sul culto esposto in particolare nell’opera Nuovo Cristianesimo (1825), vale la pena di precisare che «in realtà non si trattava di una nuova religione, come crederanno i suoi seguaci, bensì del definitivo superamento dell’illuminismo sia politico che filosofico» Gentile, Dalla concezione illuministica alla concezione storicistica della vita sociale, cit., p.170. I effetti, solo una prospettiva propriamente filosofica può cogliere la necessità per Saint-Simon, invero divenuta consapevole solo in una fase avanzata della sua riflessione, di ricercare la risposta ai problemi dell’umanità in un ambito ulteriore – spirituale – rispetto alla fredda scienza, Francesca Zanuso, Saint-Simon in Italia. L’utopia saint-simoniana nella letteratura filosofico politica italiana del Novecento, in “Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti” CXXXVIII (1979-1980), p.255.
[25] Credo che il titolo dell’opera fondamentale sia di per sé esplicativo: Il catechismo positivista (1852). L’immanentismo della religione dell’Umanità è confermato in Comte da una citazione riportata da Antimo Negri: «Celebrando degnamente i meriti ed i benefici del cattolicesimo, l’insieme del culto positivista farà con precisione valutare quanto l’unità fondata sull’amore dell’Umanità superi, sotto tutti gli aspetti, quella che comportava l’amore di Dio», Antimo Negri, Augusto Comte e l’umanesimo positivistico (Filosofia e problemi d’oggi, 4), Roma 1971, citazione da August Comte, Il trattato di sociologia che istituisce la religione dell’umanità (1851-1854).
[26] In Comte si ritrova l’organicismo, ma non il collettivismo. In merito vedasi anche Antimo Negri, Augusto Comte filosofo dell’era industriale (Interventi, 40), Napoli 1999. In particolare è interessante l’analisi della critica di Comte all’individualismo, definito come “malattia occidentale”, Id, Augusto Comte e l’umanesimo positivistico, cit., p.518.
[27] Già nel primo capitolo ho avuto modo di trattare incidentalmente il rapporto tra religione e idealismo, con riferimento alla figura di Giovanni Gentile ed alla sua supposta adesione al cattolicesimo. Mi pare opportuno precisare anche in questa sede che la religiosità gentiliana deve essere intesa in senso immanentistico. In questo senso riporto di seguito il giudizio di Gentile sulla religione cattolica e sull’immortalità dell’anima, riportato da Ugo Spirito nella commemorazione del Maestro: «l’illusione più antireligiosa, più immorale, più illogica in cui gli uomini si cullino nell’anelare all’immortalità e nel vagheggiarla a conforto della vita», Ugo Spirito, La religione di Giovanni Gentile, in Aa. Vv., Giovanni Gentile. La vita e il pensiero, a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici, vol. VII, Firenze 1948, p.333.