La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’ in Vittorio Frosini[1]
di Federico Costantini

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Premessa

In Frosini non si può apprezzare la morfogenesi dell’ordinamento senza aver presente la morfologia della prassi, nel senso che la sua teoria cibernetica presuppone l’astrattezza della forma agendi giuridica ed il formalismo dell’esperienza simbolica trascendentale. Nella prospettiva idealistica, infatti, la Conoscenza – siccome prodotto dello Spirito – non può che possedere un’essenziale sistematicità. Ciò è necessario, a ben guardare, perché altrimenti – senza coerenza interiore, completezza logica ed indipendenza dall’esterno – non ci sarebbe alcun modo per la Ragione di porsi in assoluto e fondare se stessa. In altri termini scientificità e sistematicità sono convertibili, giacchè la massima forma di Sapere non può che essere scientifica – e dunque sistematica – e non può che avere ad oggetto la scienza – e quindi il sistema – poiché lo Spirito idealistico non può che porsi come scienza della scienza o sistema del sistema. A tal proposito è utile richiamare le considerazioni precedentemente svolte in merito all’eredità idealistica – l’attualismo di Giovanni Gentile in particolare – manifestata dall’idealismo giuridico frosiniano e le precisazioni compiute in merito agli influssi del neocriticismo – specialmente nella dottrina delle forme di Ernst Cassirer – sottesi al suo realismo giuridico. Per quanto concerne il primo profilo, credo sia sufficiente osservare che, nella gnoseologia dell’Autore, il Pensiero ha una capacità eminentemente produttiva dell’Essere e quindi possiede un innegabile carattere autopoietico. In merito al secondo aspetto, vorrei soltanto far presente come il richiamo alla realtà compiuto da Frosini in effetti si risolva in una forma di duplice naturalismo – storico e giuridico – che diventa una vera e propria visione cosmologica.

In questa sede vorrei anzitutto soffermarmi sui tratti più emblematici, verificando la connotazione idealistica della cibernetica nell’interpretazione frosiniana; in secondo luogo intendo approfondire la visione dell’ordinamento giuridico come sistema simbolico; in terzo luogo mi pare necessario altresì premettere alcuni cenni in merito all’adesione di Frosini all’etica della situazione, intesa come Nuova Morale conforme all’emersione della cibernetica e dunque idonea a porsi non soltanto come guida della condotta nell’età dell’umanesimo tecnologico, ma anche come fonte di legittimazione dell’ordinamento giuridico.

In massima sintesi, il primo aspetto concerne l’impostazione di fondo del sistema frosiniano, il secondo coinvolge la cibernetica in senso oggettivo e la teoria dell’ordinamento, il terzo riguarda la cibernetica in senso soggettivo e la teoria dell’interpretazione.

§.1.- Progresso tecnologico e cibernetica: l’umanesimo tecnologico
Mi sembra necessario non soltanto comprendere in che senso la cibernetica acquisisca, all’interno del pensiero frosiniano, un carattere essenzialmente – e dichiaratamente – ideologico, ma anche delineare il contesto della riflessione dell’Autore. A conferma della correttezza nell’impostazione qui seguita, mi sembra opportuno sottolineare come nel sistema frosiniano si possano ritrovare agevolmente le due versioni della cibernetica – quella oggettiva e quella soggettiva – sopra individuate.

§.1.1.- La “cibernazione” come ideologia della “religione della scienza”
Si può dire che nel pensiero frosiniano la cibernetica costituisce una sorta di “ideologia del progresso tecnologico”, attribuendo al carattere “ideologico” un significato positivo, a differenza della sua più comune accezione[2]. La cibernetica per l’Autore non è altro che la rappresentazione ideale – o la chiave interpretativa – di un determinato momento storico, emergente non da una “rivelazione”, bensì dalla “rilevazione” – è suggestivo il sapiente gioco di parole – della «situazione spirituale esistente di fatto»[3]. Essa, in termini più specifici, è la «cifra espressiva di un nuovo atteggiamento, che la mente umana è obbligata ad assumere di fronte alla trasformazione di modi di vita»[4]. Questa visione è denominata cibernazione[5] e definita come «sistema di vita socio-economico, in cui l’impiego di macchine autoregolatrici nel quadro d’una produzione automatizzata appare determinante ai fini dello sviluppo di un’economia del benessere»[6].

L’Autore affronta l’innegabile realtà di un’evoluzione tecnologica estremamente veloce e pervasiva esponendo la questione del technology assessment – la valutazione delle conseguenze sociali dello sviluppo industriale[7] – come una sorta di “processo alla tecnologia”[8]. Il progresso, fenomeno alquanto complesso ed articolato[9], costituisce agli occhi dell’Autore «il movimento verso il futuro che si verifica nel quadro di una società industriale avanzata, e che incide sui modi di pensare, di agire e di vivere, giacché riguarda anche la componente biologica dell’uomo»[10], il cui fondamento è nella libertà umana, in quanto «non ha un carattere provvidenziale, ma è uno sforzo, una scelta, una sfida che l’uomo d’oggi compie, consapevole dei suoi rischi ed errori»[11].

Tale ultima osservazione permette di individuare correttamente il punto d’appoggio della concezione frosiniana. Il progresso non solo è giustificato siccome frutto della tensione spirituale dell’individuo contemporaneo, ma è posto anche e soprattutto come valore assoluto condizionante l’intera società. L’Autore con ciò intende superare la dialettica – in senso idealistico – tra due tesi prospettate come opposte: da una parte l’integrale rifiuto di attribuire alla tecnologia alcun significato – si tratterebbe di un “mondo senz’anima” – posizione propria di un orientamento latamente materialistico; d’altra parte, l’identificazione della tecnica con il “progresso morale”, tesi eccessivamente semplicistica – impersonata da Benedetto Croce – e mancante di contatto con l’esperienza contemporanea. È ben vero che nell’evoluzione tecnologica non vi sono soltanto aspetti positivi, così come non si possono trarre esclusivamente profili critici; è anche vero che Frosini tiene presenti entrambe le prospettive e fornisce una nozione del progresso tendenzialmente equilibrata; è tuttavia necessario ammettere che la – innegabile – complessità nella struttura ideale del progresso tecnologico è utilizzata dall’Autore come scusante per sospendere ogni giudizio assiologico[12]. Ciò si presta indubbiamente ad alcune obiezioni, poiché un conto è sostenere che l’evoluzione tecnica sia un fatto ormai acquisito – affermazione condivisibile – ma altro conto è seguire Frosini nell’affermazione, altrettanto perentoria, che la tecnica debba sottrarsi ad ogni censura in quanto espressione della libertà individuale. In tal modo, infatti, il progresso tecnologico assumerebbe una peculiare autoreferenzialità e di conseguenza si collocherebbe “oltre il Bene ed il Male”, ponendosi esso stesso come esclusivo criterio di giudizio dei fenomeni sociali.

Del resto, l’assunzione della tecnologia ad unico referente assiologico porta a confermare il profondo legame tra questa concezione e l’attualismo gentiliano.

Anzitutto, non è superfluo ricordare il chiaro stampo razionalistico dell’intero sistema[13]. Si potrebbe quasi sostenere che in Frosini la tecnologia rappresenta la manifestazione primordiale dell’impulso razionalistico – analogamente al “subconscio giuridico” surrogato del diritto naturale – e quindi la vera e propria radice dell’individualismo, quasi il suo principio[14].

In secondo luogo, dall’opposizione ai critici di ispirazione marxista[15] si può comprendere come nella cibernetica Conoscenza e Prassi si coniughino perfettamente, legittimando la pretesa del Pensiero, fattosi Spirito, di dominare la Materia. Agli occhi dell’Autore la tecnologia costituisce la realizzazione concreta della prassi idealistica di stampo gentiliano[16] e rappresenta indubitabilmente la conferma della validità teoretica del «chi sa fa, chi fa sa»[17]. È l’uomo a dominare la tecnologia e non il contrario, come per esempio nella celebre ricostruzione di Jacques Ellul[18].

Da ultimo non posso esimermi dal ricordare come il culto della cibernetica richiami la “religione della scienza” del positivismo ottocentesco. Non per nulla lo stesso Frosini, già nell’opera del 1968 ritenne opportuno riferirsi alla concezione di “Stato fabbrica” che rese celebre l’industrialismo ‘mistico’ di Saint-Simon[19]. Al di là delle esaltazioni, e senza rendere conto delle numerose utopie[20], è importante sottolineare il legame tra la lettura frosiniana della cibernetica e le concezioni che hanno inteso ricavare una ‘religiosità’ nel connubio tra scientismo e immanentismo[21]. Come nota Francesco Gentile a proposito di Saint-Simon[22], affidare alla tecnologia – o meglio all’industria, che in quell’epoca muoveva i primi passi – il compito di ricucire la lacerazione tra cittadino e autorità, significa sostenere «la difesa del valore assoluto della scienza, quale unica forza capace di assicurare un progresso reale all’umanità e di illuminare “les gouvernans aussi bien que les gouvernés”»[23]. A tal proposito credo sia sufficiente ricordare che Saint-Simon reinterpretò il messaggio evangelico spogliandolo del suo riferimento trascendente per ridurlo ad un appello alla fratellanza tra gli uomini[24]. A tal proposito non posso esimermi dal rammentare che Auguste Comte rinnovò il culto professato dal suo Maestro in un’infervorata religione della scienza,[25] la quale, vale la pena di sottolineare, ha anche la funzione di eliminare la conflittualità sociale diffondendo la ‘simpatia’ tra gli uomini e quindi permettendo una riforma sociale in senso organicistico[26].

Non c’è meraviglia che il rapporto tra religione e scienza, così concepito, venga ripreso e si ritrovi specialmente nei filosofi più vicini all’attualismo[27] come Ugo Spirito e Antimo Negri, i quali peraltro ebbero modo di trattare anche i temi frosiniani.

Il primo indicò espressamente la cibernetica come lo strumento grazie al quale «il mito del superuomo può diventare una realtà effettiva, con conseguenze inimmaginabili»[28]. In realtà l’implicito riferimento a Nietzsche potrebbe fuorviare. Per il filosofo del corporativismo, infatti, nella società contemporanea non vi sarebbe alcun esito nichilistico, ma una «riorganizzazione dell’unità spirituale fondata sulla scienza»[29], la quale assumerebbe uno statuto epistemologico veritativo trapassando, sulla base di ciò, al piano assiologico[30].

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