Le radici comunitarie della riforma italiana del mercato del lavoro
La perduta occasione di una autentica sussidiarietà
di Torquato G. Tasso

1. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici, procedono all’assunzione diretta di tutti i lavoratori per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro, salvo l’obbligo di assunzione mediante concorso eventualmente previsto dagli statuti degli enti pubblici economici. Restano ferme le disposizioni speciali previste per l’assunzione di lavoratori non comunitari di cui al decreto legislativo 25luglio 1998, n. 286, quelle previste per l’assunzione di lavoratori italiani da impiegare o trasferire all’estero di cui al decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398, nonché quelle previste dalla legge 12 marzo 1999, n. 68.

2. All’atto dell’assunzione i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici sono tenuti a consegnare ai lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati di registrazione effettuata nel libro matricola, nonché la comunicazione di cui al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152.

3. Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, le Regioni possono prevedere che una quota delle assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati e dagli enti pubblici economici sia riservata a particolari categorie di lavoratori a rischio di esclusione sociale.

4. Le imprese fornitrici di lavoro temporaneo sono tenute a comunicare, entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione, al servizio competente nel cui àmbito territoriale è ubicata la loro sede operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel corso del mese precedente.

5. I datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, sono tenuti, anche in caso di trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato, a comunicare, entro cinque giorni, al servizio competente nel cui àmbito territoriale è ubicata la sede di lavoro le seguenti variazioni del rapporto di lavoro:

a) proroga del termine inizialmente fissato;

b) trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato;

c) trasformazione da tempo parziale a tempo pieno;

d) trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato;

e) trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo indeterminato.

(…) (1).

(1) Articolo aggiunto dall’art. 6, d.lg. 19 dicembre 2002, n. 297.

[10]) "Le politiche attive si basano anzitutto sul miglioramento del sistema di diffusione delle informazioni nel mercato del lavoro, in particolare quelle sui posti vacanti, sui fabbisogni di personale, sulle possibilità di “training” rivolte ai giovani e ai lavoratori e, infine, sulle caratteristiche dei lavoratori disoccupati.

Su questo terreno il nostro paese è strutturalmente arretrato e ciò pesa negativamente sul funzionamento di tutto il mercato del lavoro. L’assorbimento di una quota della disoccupazione strutturale e l’innalzamento del tasso di occupazione dipenderanno in misura rilevante dal successo che avranno le politiche di diffusione e di scambio di queste informazioni".

[11] ) La sentenza, nel dispositivo, recita infatti: "Gli uffici pubblici di collocamento sono soggetti al divieto dell’art. 86 del Trattato nei limiti in cui l’applicazione di tale disposizione non vanifichi il compito particolare loro conferito. Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta dai detti uffici trasgredisce l’art. 90, n. 1, del Trattato CE se dà origine ad una situazione in cui gli uffici pubblici di collocamento saranno necessariamente indotti a contravvenire alle disposizioni dell’art. 86 del Trattato. Ciò si verifica in particolare qualora ricorrano i seguenti presupposti:

– gli uffici pubblici di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro;

– l’espletamento effettivo delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette attività comminando sanzioni penali e amministrative;

– le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri".

[12] ) L’evoluzione normativa era comunque già iniziata da qualche anno al fine di semplificare le procedure per l’impiego: già lo Statuto dei Lavoratori (Art. 33 L. 300/70) aveva previsto che presso gli uffici di collocamento fosse istituita una commissione di composizione sindacale con il compito di aggiornare le graduatorie delle liste di collocamento per l’avviamento al lavoro (eventuale lettura dell’articolo);

Successivamente, vi furono ripetuti interventi legislativi di ampliamento delle ipotesi di assunzione nominativa fin all’art. 25 della legge 23.7.91 n. 223 che ammette la stessa in via generale quasi a voler compensare l’onere appena indicato delle categorie protette.

Successivamente ancora una legge, la L. 608/96 all’art. 9bis ha ammesso l’assunzione diretta, sostituendo la richiesta all’Ufficio di collocamento con la semplice successiva comunicazione.

[13] ) Interposizione di manodopera, mediazione privata e lavoro temporaneo. La legge di riforma interviene in materia di interposizione con una serie d’importanti innovazioni che, però, mantengano l’apparato sanzionatorio delle condotte poste in essere da soggetti non autorizzati. Quali i punti più importanti della prospettata riforma? 1. L’abrogazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369; 2. L’autorizzazione della somministrazione di manodopera solo da parte dei soggetti autorizzati dal competente organo statale; 3. L’ammissibilità della somministrazione di manodopera, anche a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative; 4. La conferma del regime sanzionatorio, civilistico e penalistico, previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro. Inevitabile corollario dell’iniziativa è la nuova valutazione (o la valutazione in una nuova prospettiva) della legge n. 1369/1960 che vieta la somministrazione di manodopera. Questa normativa, d’ampia e generale previsione, ha per lungo tempo impedito l’introduzione nel nostro ordinamento del lavoro temporaneo tramite agenzia, oltre a causare, per incidens, una serie di elusioni. Con la legge delega, il legislatore, pur mantenendone fermi alcuni capisaldi, dispone di abbandonare la perentorietà della normativa citata. Si giunge così, ed è questo con ogni probabilità il risultato più eclatante, all’istituto del c.d. leasing di manodopera: una tecnica nuova di gestione del personale imperniata su rapporti con agenzie specializzate nella fornitura a carattere continuativo e a tempo indeterminato (e non a termine, come nel lavoro interinale) di parte della forza-lavoro di cui l’azienda ha bisogno per alimentare il processo produttivo.

Lavoro temporaneo e mediazione privata. L’orientamento appena illustrato trova conferma anche nella delega relativamente all’eliminazione del vincolo dell’oggetto sociale esclusivo per le imprese di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo di cui all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni. Tale attività, quindi, pur dovendo continuare ad essere effettuata da soggetti autorizzati dal competente ministero, non dovrà più, come in precedenza, essere l’unico ed esclusivo oggetto della società. Si deve dire che i risultati raggiunti, anche a livello europeo, con il notevole aiuto all’occupazione dato dagli istituti del lavoro temporaneo e dell’intermediazione privata tra domanda e offerta di lavoro, ha determinato il legislatore a favorire la presenza privata nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Dato, però, che la legge 196/1997, all’art. 2, comma 2, lett. A), prevede per le imprese di fornitura di lavoro temporaneo che tale attività rappresenti, in via esclusiva, l’oggetto sociale, a queste è attualmente impedito di svolgere attività affine ma giuridicamente diversa quale quella di mediazione privata tra domanda e offerta di lavoro, l’attività di ricerca e selezione del personale, nonché le attività di supporto alla ricollocazione professionale. Ora, dato che tale limitazione comporta una limitazione all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, il legislatore intende superare il divieto posto dalla norma citata prevedendo espressamente che le società di fornitura di lavoro temporaneo possano, in presenza dei requisiti stabiliti dalla legge, svolgere anche le attività di mediazione nonché di ricerca, selezione e di supporto alla ricollocazione professionale. Questo dovrebbe essere il primo passo per giungere ad un sistema autorizzatorio unico dell’intervento dei privati nella mediazione tra domanda e offerta di lavoro nelle quali le società che rispettino i requisiti minimi di legge possano svolgere indifferentemente qualsiasi delle attività suddette.

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