Attualità della Costituzione [1]
di Torquato G. Tasso

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Innanzitutto mi sia consentito un ringraziamento per l’invito che il Comune di Portogruaro mi ha rivolto a condividere con tutti Voi la festa della nostra Repubblica. Non Vi nascondo che l’invito è stato da me accolto con entusiasmo anche se mi è stato dato un compito impegnativo ma, è necessario precisarlo, molto gradito, quello di rappresentare la realtà del Polo universitario di Portogruaro, che, in questi ultimi anni, ha avuto una presenza sempre più significativa nel territorio, realizzando un progetto che ad alcuni, solo pochi anni fa, poteva sembrava a dir poco ardito. Compito impegnativo per l’importanza dell’argomento che dovrò affrontare: “L’attualità della Costituzione”. Argomento d’amplissimo respiro sul quale sono state scritte intere biblioteche e molte altre opere, certamente, saranno scritte. Proprio l’ampiezza dell’argomento e l’inevitabile limitatezza dei tempi, m’inducono ad organizzare il mio intervento sotto forma di spunti, brevi riflessioni, senza aver la presunzione di trattarlo in pochi minuti, sperando, malgrado questi limiti, di risultare chiaro e comprensibile. In difetto, confido in ogni caso nella Vostra benevolenza.

Sarà inevitabile, verso la fine del mio intervento, un seppur breve riferimento alle riforme istituzionali che sono apparse, repentine, all’orizzonte politico negli ultimi mesi. Ma, e penso in questo modo di interpretare autenticamente lo spirito con cui l’Amministrazione ha organizzato questo dibattito, i cenni saranno, per quanto possibili, squisitamente giuridici e di carattere generale, per evitare la possibilità di accendere polemiche in un giorno che, ricordiamolo, non è la festa di questa o quella coalizione, non è la festa di questo o quel partito ma è la festa di tutti gli italiani.

Attualità della Costituzione, quindi. Dicevamo argomento molto vasto che inevitabilmente pone delle difficoltà proprio in ordine alle modalità d’approccio. Come spesso in questi casi è utile fare, partirei proprio dal significato etimologico del termine. Dal significato della parola Costituzione.

Qual è, quindi, il significato della parola Costituzione. Semplicemente aprendo un vocabolario possiamo scoprire o, forse meglio, ricordare che la parola costituzione è un termine che è portatore di una pluralità di significati, la cui portata evocativa è amplissima, e, proprio per questo, di grande interesse e fascino. Tra questi significati, ricorderei, mi sia consentito il gioco di parole, i due più significativi e che ci potranno essere utili nel prosieguo della nostra esposizione. Da un lato il termine costituzione evoca l’idea di fondazione, di fondamento, di struttura ma anche di creazione, di costruzione di qualcosa; Dall’altro il termine costituzione ci riporta ad un concetto quasi medico – biologico, inteso come la struttura fisica di un corpo vivo, la sua essenza biologica naturale; E sono proprio questi due significati che sembrano suggerirci ed illustrarci la strada da seguire nell’affrontare l’argomento d’oggi.

Da un lato la Costituzione è l’insieme di regole che costituiscono il fondamento o, se vogliamo, le fondazioni, la struttura su cui si erge e si organizza lo stato. Dall’altro, però, la Costituzione è vicina ai cittadini, li rappresenta, ne condivide la loro umanità e naturalità, la loro evoluzione vitale.

Fatta questa doverosa premessa terminologica, ritengo sia innanzi tutto necessario recuperare anche il senso più profondo e giuridico dell’idea di Costituzione in generale e della nostra Costituzione attualmente vigente.

La Costituzione non è solo un piccolo libercolo di 139 articoli più qualche disposizione transitoria. Non è solo la formale enunciazione d’alcuni principi generali. Cos’è la Costituzione quindi? La risposta a questa domanda ce la fornisce un grande maestro della filosofia classica, Aristotele, il quale nella sua opera “La Politica” per indicare la costituzione usa il termine politéia ([2]). Lo stesso termine, però, all’interno dell’opera aristotelica acquista una serie di diverse sfumature di significato ad ulteriore dimostrazione della poliedricità semantica del termine stesso.

Politéia viene usata in alcuni passi dell’opera da Aristotele con il significato di “autorità sovrana” e quindi, per traslato, identifica i poteri sovrani dello stato e, quindi, la sovranità;

Politéia, però, nell’opera aristotelica viene anche usato con il significato di “organizzazione dei poteri della città, la loro distribuzione” e, diremmo noi l’ordinamento costituzionale degli organi dello stato;

Politéia, ancora, in un altro passo della stessa opera, viene utilizzato con il significato di “stile di vita (virtuoso) di una città” e, per traslato, del cittadino, della comunità sociale virtuosa in quanto orientata all’individuazione e alla successiva realizzazione del bene comune.

La pluralità dei significati individuati non deve preoccuparci, in quanto, a ben vedere, tutti questi significati non sono altro che la diversa qualificazione sotto diversi piani prospettici della stessa realtà, e finiscono per dare l’autentico e profondo significato del termine costituzione, individuandone l’autentico significato. Riassumiamo, quindi, i vari significati individuati. La Costituzione è da un lato il potere sovrano (che nel nostro caso appartiene al popolo) che si riconosce come tale e si organizza con un proprio ordinamento e dall’altro la finalità di quest’organizzazione: quella di individuare e realizzare il bene comune, il bene della comunità, vivendo così una vita (usando le parole del filosofo) virtuosa. Nella Costituzione, quindi, convivono due anime altrettanto importanti. Un’anima operativa e pratica dell’organizzazione degli organi politici e costituzionali dello Stato la quale coesiste e convive con l’anima quasi etica della vita virtuosa della comunità dei singoli, che rinunciano alla propria individuale prospettiva e si orientano alla realizzazione del bene della comunità, del bene comune.

La nostra Costituzione, inutile quasi ricordarlo, è custode di queste due prospettive, è custode di queste due anime. Infatti, la nostra Costituzione rispecchia perfettamente questa duplice anima proprio nella sua divisione interna. Ricordiamo che la Parte II della Costituzione contiene la disciplina dell’organizzazione e dei poteri degli organi Costituzionali quali il Corpo Elettorale, il Parlamento, il Presidente della Repubblica, il Governo, la Magistratura, Le Regioni, le Province e i Comuni e per finire con la Corte Costituzionale. Mentre, per converso e a completezza, la prima parte della Costituzione contiene i principi generali e i diritti e le libertà inviolabili dei cittadini che la stessa Costituzione è chiamata a riconoscere e garantire, l’uguaglianza, la libertà individuale, la libertà di domicilio e di circolazione, la libertà associativa e politica, il diritto alla salute, alla formazione culturale, e i diritti economici e, non ultimo, al lavoro;

Ma, a questo punto, considerando il titolo del mio intervento, diviene necessario porsi una domanda e più precisamente se queste due anime, queste due parti della Costituzione hanno la stessa importanza, sono entrambe irrinunciabili o se, in qualche modo si può rinunciare ad una di esse, modificandola radicalmente.

A questo punto, per me, diviene inevitabile ricordare l’insegnamento del Prof. Francesco Gentile, da molti anni Preside della Facoltà di Giurisprudenza di Padova, noto filosofo e teorico del diritto, ma altresì noto costituzionalista. Non è un caso che nel 1994 Gentile è stato nominato componente della Commissione di studio sulle riforme Istituzionali, elettorali e costituzionali della Presidenza del Consiglio. In particolare, a proposito dell’incontro d’oggi, mi torna in mente il suo insegnamento in ordine alla natura regolare dell’uomo, sulla c.d. regolarità ([3]). Per illustrarla, ci può essere utile ricorrere ad un semplice esempio. Se noi lasciamo un gruppo di bambini in un giardino, liberi di giocare, avremo modo di vedere come gli stessi in una successione, più o meno veloce, passeranno a giocare una serie diversa di giochi che chiameremo “classici” o tipici. Una volta esauriti questi, avendo ancora tempo a disposizione, gli stessi bambini passeranno a creare loro dei nuovi giochi. Ma cosa vuol dire creare un gioco? Vuol dire stabilire delle regole da seguire nello svolgimento del gioco e poi seguirle. Se non si fissano le regole e se, poi, una volta fissate non le si rispettano, il gioco non si realizza.

Vedete, proprio i bambini, con la loro innocente semplicità, sono la testimonianza più evidente di quella che è la vera natura dell’uomo, della sua naturale capacità e propensione, ossia della capacità dell’uomo di darsi delle regole e di seguirle. Nel mondo quotidiano del gioco, come nella vita organizzata dei cittadini ci sono due aspetti importanti. Da un altro le regole che, i cittadini si danno per garantire e favorire la convivenza, regole che, per loro stessa natura, sono convenzionali e quindi mutabili (come mutate sono state) nel tempo. Dall’altro la regolarità del soggetto, la sua capacità di comprendere il significato di una regola, di darsi delle regole e di seguirle. Regolarità che, a differenza delle regole, non è convenzionale, non è mutevole perchè propria della natura umana. Le regole del gioco possono essere mutate e cambiate. In questo modo si cambierà il gioco, le modalità di coesistenza ma i cittadini continueranno a giocare; Le regole possono cambiare. Ciò che non cambierà mai è la regolarità dell’uomo, del consociato, che non è regola ma il presupposto della valenza e dell’applicabilità d’ogni regola, a prescindere da quella che essa sia.

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