Legge e contratto oggi*
di Lucio Franzese
[81] Per tale ordine di idee si rinvia a F. GENTILE, Intelligenza politica, cit., passim; Id., Prefazione, ovvero della palingenesi di un testo, in Politica aut/et statistica, cit.
[82] E’ Massimo Severo Giannini a sottolineare che il nostro tempo “spinge ogni giorno di più alla formazione di un diritto comune a privati e pubblici operatori” (M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, I ed., 1970, p. IX); ed è Pietro Rescigno a sottolineare che diritto comune significa “escludere zone di monopolio di situazioni, o di esenzione o dispensa da doveri o da oneri” (P. RESCIGNO, Le obbligazioni della pubblica amministrazione. Note minime di diritto privato, in Scritti in onore di Giannini, cit., III, p. 630)
[83] Di fronte all’asimmetria prevista dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990, il Berti si chiede come possa “parlarsi di negozialità e di contrattualità, se non rapportando queste definizioni o questi concetti ad un persistente ed anzi ancor più generalizzato sistema di poteri e supremazie. Come giustificare che il privato acceda all’accordo o al contratto pur nella persistenza di questo denso alone di supremazia?” (G. BERTI, La responsabilità pubblica – Costituzione e amministrazione, Milano 1994, p. 318).
[84] Cfr. M. D’ANTONA, La disciplina del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni dalla legge al contratto, in S. BATTINI – S. CASSESE (a cura di), Dall’impiego pubblico al rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, Milano 1997, p. 19 ss.
[85] Di diverso avviso è R. CAVALLO PERIN, Le ragioni di un diritto ineguale e le peculiarità del rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche, in “Diritto amministrativo”, 2003, p. 130, secondo cui: “Superati gli entusiasmi di una vulgata che vuole i soggetti del rapporto divenuti tra loro pari ordinati, è ora possibile immaginare che la via contrattuale non riesca a reggere il peso dei rapporti che l’amministrazione non può non instaurare”. Sulla vicenda storica del vecchio regime: M. S. GIANNINI, L’impiego pubblico (teoria e storia), in “Enciclopedia del diritto”, XX, Milano 1970; M. RUSCIANO, L’impiego pubblico in Italia, Bologna 1978. Sul nuovo regime: S. BATTINI, Il rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, Padova 2000; F. CARINCI – M. D’ANTONA (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Milano 2000.
[86] Al tempo dell’unificazione politica ed amministrativa del nostro Paese il rapporto di impiego, soprattutto presso i comuni, veniva qualificato come locatio operarum. Successivamente, si fa strada l’idea che l’impiego con lo Stato e gli enti pubblici dia vita ad un rapporto di “diritto privato speciale” (L. MEUCCI, Istituzioni di diritto amministrativo; Torino 1898, p. 193). Ed è solo con la fine del XIX secolo e l’inizio del XX che si afferma la dicotomia tra impiego pubblico e impiego privato. Nel rapporto con la pubblica amministrazione al contratto viene, infatti, sostituito l’atto amministrativo, in quanto il soggetto pubblico deve sempre trovarsi in una posizione di superiorità nei confronti dei privati, ed anche dei propri dipendenti. Tant’è che di fronte alla prospettiva della contrattualizzazione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione, l’Adunanza generale del Consiglio di Stato nel parere del 31 agosto 1992, reso sullo schema del disegno di legge delega per la riforma del pubblico impiego, eccepisce la “diversità ontologica” esistente tra i due rami del lavoro subordinato.
[87] S. CASSESE, Per un’autentica contrattualizzazione del lavoro con le amministrazioni, in “Giornale di diritto amministrativo”, 1997, p. 791.
[88] S. CASSESE, Il nuovo regime dei dirigenti pubblici italiani: una modificazione costituzionale, in “Giornale di diritto amministrativo”, 2002, p. 1346.
[89] Prima dell’intervento innovativo del 2002, il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 conteneva le “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[90] “Il Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e, ai fini dell’attuazione di essa, l’esercizio generale dell’azione amministrativa; delibera altresì su ogni questione relativa all’indirizzo politico fissato con le Camere”. Così statuisce l’art. 2, comma 1, Legge n. 400 del 1988; l’art. 4, comma 1, Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, stabilisce che “gli organi di Governo esercitano le funzioni di indirizzo politico amminstrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare e adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti”; e l’art. 2 dispone che i dirigenti sono “responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati”.
[91] L. FRANZESE, Autonomia ed eteronomia nel pubblico impiego: riflessioni sui mutamenti in atto nel diritto pubblico italiano, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 1995, sopr. pp. 687-688.
[92] Il primo campo di applicazione dello spoils system è stato quello dei segretari comunali e provinciali, configurati dalla Bassanini bis (legge 15 maggio 1997, n. 127) come dirigenti “di fiducia” del vertice politico. Nominati rispettivamente dal sindaco e dal presidente di provincia, cessano automaticamente dall’incarico alla scadenza del mandato del politico che li ha nominati; cfr. artt. 67 e ss. legge n. 127/ 1997.
[93] Art. 3, comma 1, lett.a) della legge n. 145 del 2002.
[94] Cfr. art 3, comma 2, lett. b).
[95] S. CASSESE, Il nuovo regime dei dirigenti, cit., p. 1344.
[96] Op. cit., p. 1345.
[97] Da tempo si è evidenziata la pluralità di concezioni amministrative accolte in Costituzione: M. NIGRO, La pubblica amministrazione fra costituzione formale e costituzione materiale, in Studi in memoria di V. Bachelet, cit.
[98] Lo stesso Cassese ha puntualmente denunciato “lo strabismo della Costituzione. L’amministrazione pubblica è disciplinata nel titolo relativo al Governo e i ministri sono responsabili degli atti dei ministri. Ma poi l’amministrazione deve evitare la politicità indotta dal Governo, che è al suo vertice” (S. CASSESE, Perché una nuova costituzione deve contenere norme sulla pubblica amministrazione e quali debbano essere queste norme, cit., p. 19).
[99] Da ultimo la Corte costituzionale, con ordinanza del 30 gennaio 2002, n.11, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità della estensione al rapporto di lavoro dei dirigenti generali del regime di diritto privato. La disciplina giuslavoristica di diritto comune non pregiudicherebbe l’esigenza d’imparzialità del funzionario, tanto più che il legislatore “ha accentuato – osserva la Corte – il principio della distinzione tra funzione di indirizzo politico amministrativo degli organi di governo e funzione di gestione e attuazione amministrativa dei dirigenti, escludendo, tra l’altro, che il Ministro possa revocare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti”.