Legge e contratto oggi*
di Lucio Franzese
[37] “Qui è il supremo potere di stabilire ciò che è diritto, e così di accertare o selezionare il lascito del passato, di introdurre nuove regole, e di ordinare l’intero patrimonio normativo di un Paese. Il sovrano non trova, dinanzi e prima di sé, un intangibile e perenne diritto dei rapporti civili (della civitas, in cui la condizione naturale viene superata e trascesa): egli è fonte del diritto e il diritto si esprime nella forma della legge”: N. IRTI, Idea del Codice civile, in Codice civile e società politica, cit., pp. 21 – 22.
[38] N. IRTI, L’età della decodificazione, cit., p. 27.
[39] Op. cit., p. 38.
[40] La rilevanza della lex mercatoria nell’ordinamento italiano è dichiarata da Cassazione 8 febbraio 1982, n. 722: “Nella misura in cui si constata che gli operatori (prescindendo dal vincolo della loro appartenenza ad uno Stato e/o dalla ubicazione delle loro attività in uno Stato) consentono su valori basici inerenti al loro traffico, e, quindi, mostrano di nutrire (anche per una affectio dettata da motivi pratici) l’opinio necessitatis, deve ritenersi che esista una lex mercatoria (regole di condotta con contenuti mutevoli, ma, pro tempore, determinati)”. Indice normativo della rilevanza, per il nostro ordinamento, della lex mercatoria, è la Legge 5 gennaio 1994, n. 25, recante le “Nuove disposizioni in materia di arbitrato e di disciplina dell’arbitrato internazionale”.
[41] In effetti un diritto uniforme oltre i confini nazionali è stato ricercato, nel passato, per via convenzionale, cioè mediante la predisposizione di trattati internazionali da parte degli Stati interessati e poi dagli stessi e da altri ratificati. In punto di procedura, “la ricerca della soluzione di compromesso, del minimo denominatore comune assurgeva a metodo predominante” (M. J. BONELL, Comparazione giuridica e unificazione del diritto, in AA. VV., Diritto privato comparato – Istituti e problemi, Roma-Bari 1999, p. 26); così come in punto di merito, “contava la sua accettazione da parte del maggior numero possibile di Stati, mentre assai meno importava che la rispettiva normativa dal punto di vista contenutistico, anziché frutto di un organico disegno innovatore, risultava poco più di un collage di principi e regole tratte dai più diversi sistemi positivi nazionali” (Ibidem). Basti pensare che la Convenzione sui contratti di vendita internazionale di merci, approvata a Vienna nel 1980, ha rinunciato a fissare il momento in cui avviene il trasferimento di proprietà. Nell’opposizione tra il sistema consensuale e quello reale, sostenuti dai diversi Stati sovrani, non si è stabilito quando la compravendita si perfezioni!
[42] N. IRTI, Norma e luoghi, cit., p. 94. Sulla necessità del “rafforzamento dell’azione pubblica”, mediante la “ricomposizione delle normative e degli apparati a livello sopranazionale”, stante la condizione di anarchia in cui verserebbe la società attuale per l’affermarsi della globalizzazione economica, cfr. F. SALVIA, L’organizzazione giuridico – feudale e l’organizzazione mafiosa. I problemi della globalità e il nuovo “medioevo” conseguente alla crisi della sovranità, in “Diritto e società”, 2000, p. 59.
[43] N. IRTI, Norma e luoghi, cit., p. 94.
[44] G. ALPA, Lineamenti di diritto contrattuale, in AA. VV., Diritto privato comparato, cit., p. 151. Per l’idea che l’operazione economica abbia una “proprietà normativa”, nel senso che “regolamentazione giuridica ed equilibrio economico, contratto ed operazione costituiscono un’unità, gli uni e gli altri non hanno esistenza autonoma, non sono singolarmente pensabili né in termini giuridici, né in termini economici”, cfr. A. D’ANGELO, Contratto e operazione economica, Torino 1992, p. 60.
[45] La prospettiva di un diritto comune europeo, evidenzia A. PADOA SCHIOPPA, Il diritto comune in Europa: riflessioni sul declino e sulla rinascita di un modello, in “Foro italiano”, 1996, V, col. 17, “è cosa concettualmente ben diversa sia dal diritto unico europeo prescritto dai trattati e introdotto dai regolamenti comunitari, sia dal diritto uniforme indotto dalle direttive”. Secondo lo storico del diritto, infatti, esso presuppone “un diverso rapporto fra le tre fonti di produzione del diritto, legge, consuetudine e dottrina, tale da superare il modello introdotto alla fine del Settecento, che identifica nello Stato la fonte esclusiva della legge, e nella legge la fonte privilegiata del diritto” (Op. cit., col. 21). Spunti in M. D’ALBERTI, Intervento, in Il grande abisso fra diritto pubblico e diritto privato – La comparazione giuridica e la contrazione dello Stato, Seminario di studio sul diritto comparato, Roma, 11 aprile 2000, in “Nomos”, 2000, p. 72, dove si evidenzia che il diritto comune europeo “trascende il diritto comunitario anche perché riposa su una formazione meta-europea ed è il diritto frutto di una circolazione spontanea di istituti, di problemi e di soluzioni di problemi tra i vari sistemi. Questo è quindi un diritto che forma il corpo giuridico europeo in modo orizzontale e non verticale, con una circolazione spontanea di istituti e concetti da un sistema ad un altro”. Cfr. L. MOCCIA, Dal «mercato» alla «cittadinanza»: ovvero, dei possibili itinerari di diritto privato europeo, in “Rivista trimestrale di diritto e procedura civile”, 2003.
[46] S. CASSESE, Poteri indipendenti, Stati, relazioni ultrastatali, in “Foro italiano”, 1996, V, col. 13.
[47] “La Comunità economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati membri hanno rinunciato, seppure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i loro cittadini”. Così la Corte di giustizia europea nel caso Van Gend en Loos (cfr. “Raccolta della giurisprudenza della Corte c. 26/62, 1963, p. 23). Sull’importanza della sentenza per il formarsi del diritto europeo e per il mutamento di registro rispetto al diritto internazionale espressione dei rapporti di forza degli Stati sovrani: F. Gentile, Su sovranità e sussidiarietà nell’esperienza giuridica comunitaria, in Ordinamento giuridico tra virtualità e realtà, cit., p. 67 e ss; U. PAGALLO, Testi e contesti dell’ordinamento giuridico, III ed., Padova 2001, p. 97 e ss; A. ANDRONICO, Un nuovo genere di ordinamento. Riflessioni sul rapporto tra diritto comunitario e diritto interno, in “Jus”, 2001.
[48] L’invito ad abbandonare “l’illuministica sfiducia verso il sociale” viene da P. GROSSI, Codici: qualche conclusione tra un millennio e l’altro, in Mitologie giuridiche della modernità, Milano 2001, p. 123. “Solo in tal modo – osserva lo storico del diritto – tra mutamento sociale e sistema di regole giuridiche si potrà colmare quel fossato che oggi constatiamo con amarezza. Un progetto di codificazione europea dei contratti è quello elaborato dall’Academie des privatistes européens, Code européen des contrats, (cordinateur) G. GANDOLFI, II ed., Padova 2003. Tale opzione per l’azione europea in ordine al diritto dei contratti si distingue dall’elaborazione di un Restatement sui Principles of European Contract Law da parte della Commissione guidata da Ole Lando (su cui C. CASTRONOVO, I principi di diritto europeo dei contratti, parte I e II, in “Europa e diritto privato”, 2000, p. 249 e ss.) i quali operano una sintesi tra i principi generali dei diversi ordinamenti europei; così come è diversa da quella praticata dal Progetto del gruppo di Trento, che mira alla ricostruzione delle matrici comuni del diritto europeo: cfr. M. BUSSANI – U. MATTEI, Making European Law – Essays on the ‘Common Core’ Project, Trento 2000.
[49] W. CESARINI SFORZA, Il diritto dei privati, (1929), rist., Milano 1963, p. 4.
[50] Per il filosofo idealista (su cui vedi G. MARINI, W. Cesarini Sforza – Tra idealismo e positivismo, Padova 1981) i “prodotti dell’autonomia contrattuale” si collocano al di fuori del diritto dei privati (W. CESARINI SFORZA, Il diritto dei privati, cit., p. 27).
[51] G. B. FERRI, Il negozio giuridico tra libertà e norma, IV ed., Rimini 1992. Per l’idea che l’agire negoziale dei privati sia invece sottoposto “alla presa modellatrice e strutturante del sistema” statale, cfr. ora V. SCALISI, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal B.G.B., in “Rivista di diritto civile”, 1998, I, p. 551.
[52] G. B. FERRI, La volontà privata e la teoria del negozio giuridico, in AA. VV., Contratto e lavoro subordinato, cit., p. 80. L’A. sottolinea che la nuova lex mercatoria, “superando le ipoteche del positivismo statualistico, si afferma come diritto astatuale e transnazionale”, in quanto “ispirata o creata dai vari soggetti operanti nella realtà socioeconomica, a misura delle proprie esigenze” (ibidem).
[53] G. B. FERRI, Il diritto statale e il suo doppio, in M. Costanza (a cura di), Oltre il diritto, Padova 1994, p. 8.
[54] Op. cit., p. 24.
[55] In tale ottica, l’A. sostiene che il sistema dei Principi dei contratti commerciali internazionali, elaborati da Unidroit sulla base della ricognizione delle prassi commerciali internazionali, “finirà in tempi più o meno lunghi, per palesarsi nel ruolo che fatalmente è destinato a svolgere: e cioè nel ruolo di affidabile e realistica alternativa, se non di vero e proprio antagonista”, all’opera del legislatore nazionale: G. B. FERRI, Il ruolo dell’autonomia delle parti e la rilevanza degli usi nei Principi dell’Unidroit, in “Contratto e impresa Europa”, 1996, p. 840.