AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI E DEMOCRATICHE DITTATURE. STORIE DI AMBIGUITÀ GIURIDICA E DEBOLEZZA POLITICA
di Andrea Favaro
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Probabilmente quando nel 1951 nel noto convegno patavino su “La Crisi del Diritto” Giuseppe Capograssi offriva le sue argomentazioni in ordine alla “ambiguità” del diritto contemporaneo non poteva nemmeno immaginare (lo stesso Autore de “La nuova democrazia diretta” [1922]) a quale stadio (sempre di ambiguità) sarebbe poi giunto il diritto (costituzionale, comunitario, internazionale) dopo solo settant’anni. O probabilmente aveva già immaginato molto all’epoca e ora noi siamo semplici spettatori di orizzonti giù intuiti.
Una ambiguità che il momento presente esprime con violenza (di parole e di azioni) inaudita. Una ambiguità tutta versata nell’inevitabile letto di Procuste imposto dalla contraddizione (sempre negata ma non per questo meno evidente) tra la “libertà” del soggetto e la egemonia di controllo (delle condotte sia singole sia comunitarie) in capo allo stato.
Violenza vista in diretta tra le vie di Barcellona nel corso della giornata (di apparente tranquillità) di un 1 ottobre 2017 che si candida a ragione a divenire una delle date architrave nella narrazione della storia dell’inizio del III millennio. Tale compito (da storici) è di là da divenire e di certo abbisogna di una pacatezza che i recenti atti (più che ambigui) testimoniati dallo scontro tra catalani e spagnoli non consente.
In questa sede, se risulta impossibile una lettura storica, è, quindi, imposto l’onere della riflessione teorica in ordine al dipanarsi del principio di “autodeterminazione” dei popoli. Per tale compito risulta feconda le lettura del saggio di Luigi Crema che documenta come tale principio possa a ragione dirsi, oggi, il fulcro fondamentale delle riflessione filosofico-giuridica in ambito di dottrina dello stato. Nella disamina dello studioso di diritto internazionale emergono analisi di esperienze contemporanee anche extraeuropee come quelle di Kurdistan e Sri-Lanka.
Rientrando sulla questione catalana esce felice il confronto tra la disamina di Paolo Becchi e le note di Carlo Lottieri. Un Pro et Contra in cui, in effetti, non è dato cogliere un reale contrasto di riflessione ed anzi una sorta di continuità di intenti utile a stimolare un dibattito che riteniamo si diffonderà nei prossimi tempi.
Ulteriore dibattito fecondo, già in essere da qualche tempo e oggi più urgente che mai, risulta quello relativo alla (effettiva) responsabilità penale da imputare al singolo soggetto. E così talvolta letteratura e cinema recuperano stimoli che anticipano disamine giuridiche sulla vetustà di un certo positivismo penalistico come evidenzia Daniele Velo Dalbrenta.
Responsabilità penale che è, più di altre, avviluppata lungo l’asse imprescindibile della pena tanto da risultarne confusa l’identità e pure la sostanza nel momento in cui è prevista la possibilità di una sua sospensione dai presupposto (oggettivi e soggettivi) non sempre nitidi, come ben evidenzia Luca Carraro.
Responsabilità che è pure oggetto, in ambito di risarcimento civile di natura contrattuale ed extracontrattuale, di una medesima fase di ripensamento come evidenzia Anna Chiara Zanuzzi nell’affrontare uno studio sulla rinnovata disciplina della Legge Gelli-Bianco che è stata introdutta per “veicolare” lungo binari della certezza del diritto quanto più vi è di incerto come la responsabilità medico-sanitaria.
D’altra parte, la cifra della responsabilità nella analisi fornita dal giurista contemporaneo deve fare i conti, anche oggi come un tempo, con il paradigma che ne ha configurato l’identità nel contesto moderno, ovvero con il concetto di diritto soggettivo, come sviluppa Julio Lalanne a partire dal magistero di Francisco Suarez e come argomenta Rudi Di Marco svolgendo forti critiche sia per aporie teoretiche sia per concrete inapplicabilità dei c.d. “nuovi diritti”.
E ut semper… buona lettura!