SULLA NATURA DEL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nota a Cassazione Civile, Sez. Ia, 20 maggio 2002, n. 7341
di Federico Costantini
2. Il problema della natura del Garante.
Il problema della legittimazione del Garante ad essere parte del giudizio di opposizione al suo provvedimento non può essere posto se non a partire dalle ragioni, ma soprattutto dalle conseguenze dell’ammettere o negare questa possibilità.
Occorre premettere che il Garante può provvedere su istanza dell’interessato, previo contraddittorio, oppure procedere senza tale atto introduttivo. A mente dell’art.29 L.675/1996, l’istanza dell’interessato introduce un procedimento alternativo al ricorso al giudice ordinario (comma 1), durante il quale sono possibili sia la discussione, sia il deposito di memorie o documenti, sia la disposizione di perizie d’ufficio (comma 3), sia provvedimenti cautelari; la decisione, o il rigetto conseguente alla mancata pronuncia nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza (comma 4), sono opponibili presso il Tribunale del luogo di residenza del titolare, il quale provvede nei modi di cui agli artt.737 e seg. c.p.c. e con decisione ricorribile per Cassazione (comma 7). Per il procedimento che qui definiamo in sintesi "d’ufficio", il Garante, ex all’art.31 comma 1 lett. I), può "vietare in tutto o in parte, il trattamento dei dati o dispone il blocco. . . ", in base a segnalazioni e reclami ricevuti secondo il potere conferito dall’art.3 1 comma i lett. c): tali provvedimenti sono opponibili nelle stesse forme, di cui all’art.29 commi 6 e 7, previste per i provvedimenti presi in contraddittorio.
In questa nota si tenta di delineare la questione tenendo conto della evoluzione nel dibattito tra la Cassazione ed i giudici di merito, nel quale sono ripresi gli argomenti, uno processuale e l’altro sostanziale, utilizzati in tema dalla dottrina.
2.1 La "terzietà" quale elemento (para) giurisdizionale.
Già nella decisione del "Caso Olcese" il Tribunale di Milano aveva inteso colorare con sfumature giudiziali l’attività svolta sul ricorso dell’interessato, manifestando un consistente orientamento pregresso che, pur negando una essenza giurisdizionale nell’organo, ammetteva tuttavia una forma di "contaminazione" in tal senso [ ]. In quella occasione il giudice aveva rilevato che il Garante "compone conflitti intersoggettivi in posizione di assoluta terzietà". E proprio questa caratterizzazione era stata confermata anche dalla dottrina, secondo cui il Garante svolgerebbe di fatto due funzioni: "una amministrativa, e l’altra paragiurisdizionale"[ ]. Ancora, dalla alternatività del provvedimento su istanza con la tutela giurisdizionale ordinaria si paventava una equivalenza funzionale dei due rimedi[ ] dal ruolo centrale ricoperto dal Garante all’interno del sistema della privacy non si presentavano difficoltà a giustificare poteri maggiori in capo a questo; dalla potestà decisoria si configurava a fortiori facilmente una funzione "aggiudicatoria"[ ]. Altri[ ], dubitavano della natura propriamente amministrativa, in base alla mancanza di un organo di controllo gerarchicamente sovraordinato, carattere essenziale della tutela amministrativa; inoltre per la definizione del ricorso avverso il provvedimento del Garante come "opposizione", la quale presuppone "una identità di natura tra il potere esercitato in sede di emanazione del provvedimento opposto e quello attribuito al giudice dell’opposizione"[ ] infine sostenendo che "la tutela giurisdizionale dei diritti, nell’attuale fase evolutiva dell’ordinamento, è contrassegnata dal prevalere dell’efficacia sulla stabilità dei provvedimenti; in altri termini, della esecutorietà sulla cosa giudicata."
Il Tribunale di Roma, nel caso oggetto della presente nota, perfeziona questa linea, aggiungendo un argomento ulteriore, non fondato sulla struttura del procedimento, come il precedente, ma sul dato sostanziale. A partire dal "diritto alla riservatezza", elevato ormai incontestabilmente alla tutela costituzionale[ ], isola il Garante per la protezione dei dati personali dal panorama di Autorità Indipendenti presenti nell’ordinamento, negando la possibilità di stabilire confronti per definirne la natura, essendo questa l’unica autorità con poteri decisori su diritti della personalità. La natura giurisdizionale del Garante deriva dalla considerazione che, in difetto di questa, a tali rilevantissimi diritti mancherebbe la tutela del doppio grado di giurisdizione.
È questa infatti la conseguenza di maggior portata della posizione qui sostenuta. Qualificando il Garante come giudice di primo grado, il ricorso in opposizione diventa vero e proprio secondo grado di giudizio: non è dato che il giudice di primo grado sia anche parte del giudizio di impugnazione della sua decisione, pertanto si esclude il Garante dalla discussione davanti al Tribunale.
2.2 La natura amministrativa.
Occorre rifarsi al "Caso Olcese" anche per spiegare gli argomenti contrari. Già parte della dottrina aveva inserito il ricorso su istanza al Garante all’interno della categoria del "procedimento amministrativo contenzioso"[ ], eppure la sentenza 8889/2001 non aveva statuito su tale argomento, affermando "pilatescamente"[ ] la mancanza del solo interesse a ricorrere. Parte della dottrina di commento, eccedendo forse dal lato opposto, sosteneva si la legittimazione del Garante nel giudizio di opposizione, in ragione dell’interesse pubblico tutelato, ma subordinando addirittura l’intervento nel giudizio a una scelta discrezionale di opportunità del Garante stesso[ ].
La Cassazione nella sentenza qui annotata contesta l’argomento processuale a partire dal dato costituzionale, distinguendo tra "amministrazione", a cui sì riferisce l’art.97 Cost., e "giurisdizione", di cui all’art. 111 Cost., e negando l’ammissibilità di un tertium genus tra le due funzioni. La Cassazione nega altresì che l’Autorità possieda una natura almeno assimilabile a quella giudiziale, mancando il carattere essenziale della giurisdizione[ ], ossia la "terzietà", intesa quale "distacco… essere altro, rispetto ai suoi interessi in conflitto": l’art.102 Cost. vieta l’istituzione di giudici speciali e straordinari, e ciò esclude ab origine che il Garante possa essere propriamente "giudice"; inoltre il procedimento di decisione, per quanto avente forma di contraddittorio, manca di una struttura processuale vera e propria, tipica del giudizio; infine, la decisione del Garante non ha la definitività del giudicato, e permette il controllo da parte di "altro e diverso organo o potere dello Stato". A confermare la natura amministrativa del Garante, la Corte ricorre alla mens legis della norma di cui all’art.27 comma 7, L. 675/1996, nella parte in cui si stabilisce che il giudice adito provveda "anche in deroga al divieto di cui all’art.4 L. 2248/1865, all. E: il fatto che si ponga una deroga a tal norma, significa implicitamente ammettere la natura amministrativa nell’organo di garanzia.
Dal punto di vista sostanziale, la Corte Suprema esclude che il Garante sia l’unica Autorità con potestà di decidere diritti, citando come esempio il Garante della Concorrenza e del Mercato, che non solo esercita la propria funzione di tutela di interesse pubblico, ma ha anche poteri decisori in ordine a interessi corrispondenti a diritti tutelati costituzionalmente, quale la libertà d’impresa, art.41 Cost.
Da ciò deriva la necessaria qualificazione dell’opposizione come primo grado di giudizio a disposizione dell’interessato, a cui il Garante partecipa per tutelare l’interesse pubblico che gli è stato affidato. E ciò sia in presenza di istanza dell’interessato sia in sua assenza, così come allegato dal ricorrente, lo stesso Garante.
Il fatto che, conseguentemente, il diritto alla riservatezza, in entrambe i casi, sia tutelato da un solo grado di giudizio, risulta per la Cassazione perfettamente in linea con i principi generali dell’ordinamento, in base alla serena valutazione che il doppio grado non è principio avente copertura costituzionale.