INFERENZA E GIUDIZIO
Tre ricerche su Charles S. Peirce
di Giovanni Tuzet
4. Pragmatismo e diritto.
Nella terza ricerca approfondiamo la relazione fra pragmatismo e diritto, da una parte fra pragmatismo e giudizio di diritto, dall’altra fra pragmatismo e legislazione.
Ora, per semplicità dell’esposizione, assumiamo che ‘pragmatista’ e ‘pragmatico’ siano sinonimi. Cosa può significare un approccio pragmatico al diritto? Quale il peso delle considerazioni pragmatiche nella decisione giudiziale? Quale il ruolo delle considerazioni pragmatiche per una scienza della legislazione?
Prescindendo dal pragmatismo come concezione filosofica – che è quanto le opere di James in particolare lasciano intendere – è utile delineare cosa si può intendere per ‘attitudine pragmatica’. Ne distinguiamo (1) un’accezione generica, (2) un’accezione giuridica, (3) un’accezione filosofica.
(1) Secondo un’accezione generica, l’essere pragmatici significa un’attitudine di risoluzione dei problemi che tende a prescindere dalle questioni teoriche o di principio, per concentrarsi sull’effettività delle soluzioni .
(2) Giuridicamente, per attitudine pragmatica si intende di solito un’attenzione particolare per il caso, per le circostanze specifiche che lo costituiscono e per quanto specificamente richiesto dalla sua soluzione . Tale attitudine, per giustificarsi, deve porsi in opposizione ad un’attitudine formalistica, al rispetto delle norme generali ed astratte; o se non in opposizione, deve almeno porsi come limite del formalismo. Se l’accezione generica (1) indica il significato più comune di pragmatismo, è altrettanto vero che presenta il carattere che ne definisce l’accezione più specificamente giuridica: cioè, l’attenzione per l’effettività della soluzione. A tal fine, le esigenze specifiche rappresentate in ogni particolare caso sono ciò che il giurista pragmatista dovrebbe tenere in considerazione prima di ogni altra cosa. Ma come si determinano e valutano le ‘esigenze specifiche’ di un caso? Come si pratica la considerazione delle circostanze particolari? Non v’è bisogno di un metodo di determinazione della significazione senza il quale le pretese valutazioni si ridurrebbero all’arbitro o ai misteri dell’intuizione? Proprio il significato giuridico di pragmatismo è traccia di ciò che ci interessa finalmente: il pragmatismo come metodo logico di chiarificazione concettuale.
(3) Filosoficamente, l’essere pragmatici significa l’attitudine alla valutazione degli effetti di un’azione o di una condotta. Considerata una qualsiasi azione, se ne possono considerare tanto le cause quanto gli effetti. L’attitudine pragmatica privilegia i secondi. L’attitudine a considerare le cause può essere detta retrospettiva (backward-looking). L’attitudine a considerare gli effetti, prospettiva (forward-looking) .
Alla luce di questo si tratta di rivedere l’accezione (2), per evidenziarne da un lato la vaghezza e dall’altro la falsa retorica dell’appello alle circostanze ‘specifiche’. Si tratta di formulare un’accezione giuridica di pragmatismo che sia prossima all’accezione (3), secondo il pragmatismo come inteso da Peirce, cioè come metodo logico di chiarificazione concettuale e determinazione della significazione.
D’altra parte, non dovrà essere dimenticato che l’elaborazione della massima pragmatica avviene ad opera di Peirce in seno al Metaphysical Club, un circolo intellettuale attivo a Cambrdige (Massachusetts) negli anni immediatamente successivi al 1870, e costituito essenzialmente da uomini di scienza e uomini di legge uniti da uno spiccato interesse per la filosofia . La massima pragmatica, e il pragmatismo di cui è espressione, nascono dunque da un incontro fra sensibilità scientifiche e sensibilità giuridiche, nel quadro di una comune riflessione filosofica.
Fra i giuristi ricordiamo Oliver Wendell Holmes, i cui scritti saranno di grande importanza per la teoria e la filosofia giuridica statunitense, e che allo studio del diritto e della sua storia affiancherà costantemente la pratica giuridica (diverrà giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti). Ai suoi scritti si richiameranno nella prima metà del novecento il ‘realismo giuridico’ e la ‘giurisprudenza sociologica’, nonché, ancora alla fine del secolo, larga parte degli studi ‘critici’ sul diritto . In particolare, prendiamo in considerazione la sua nota teoria predittiva del diritto e la sua concezione della determinazione della responsabilità giuridica. Entrambe manifestano un approccio pragmatista incentrato sulla predizione di effetti possibili come nucleo della significazione.
Ma ancora prima di Holmes, è da ricordare Nicholas St. John Green, avvocato e studioso, da cui Peirce ricorda di avere appreso l’importanza della definizione di credenza come readiness to act, come ‘ciò per cui un uomo è pronto ad agire’ (cfr. CP 5.12 del 1906 c.). Questa accezione pratica della nozione di credenza, che lo stesso Green riconosce di riprendere da Alexander Bain, logico e psicologo scozzese attivo nella seconda metà dell’ottocento, sarà uno dei fattori che contribuiranno alla filosofia di Peirce e all’elaborazione del metodo pragmatico.
Nel quadro del realismo giuridico prendiamo in considerazione il celebre Some Realism About Realism (1931), ‘manifesto’ realista di Karl Llewellyn, che esplicita la concezione per cui ogni espressione giuridica non rileva che nei termini dei suoi effetti, concezione stilata da Llewellyn in una serie di punti di cui il seguente è l’ottavo:
An insistence on evaluation of any part of law in terms of its effects, and an insistence on the worthwhileness of trying to find these effects .
E ancora Roscoe Pound, alfiere della giurisprudenza sociologica, nel 1960:
Today we look at the methods of jurisprudence functionally. We ask what consequences have followed from pursuit of them – how far have they enabled the law to achieve its ends or interfered with achieving them .
O ancora un esponente della teoria critica del diritto, Joseph Singer, nel 1984 a proposito della determinazione della decisione giudiziale:
we predict the most likely consequences of following different courses of action .
Ora, a parte tutte le rintracciabili occorrenze testuali in cui il diritto sia considerato e valutato in termini di effetti, conseguenze, risultati, che esista una corrente di pensiero o una specifica pratica identificabile come ‘pragmatismo giuridico’ è dubbio. Dai primi anni del novecento in poi, soprattutto a seguito delle opere di James si diffonde in campo giuridico il termine ‘pragmatismo’ e con esso l’enfasi sugli approcci pragmatici, sulle soluzioni pragmatiche, etc. Cosa venga inteso con tali espressioni non è sempre chiaro e non è affatto univoco. Da una parte, tali approcci si richiamano apertamente alla lezione di Holmes e può sostenersi che riprendano certi principi della tradizione utilitarista di Bentham e Mill. Dall’altra, alle dichiarazioni espressamente pragmatiste si intrecciano le dichiarazioni ‘strumentaliste’, ‘funzionaliste’, ‘antiformaliste’, ed altro. Non nascerà un movimento denominato ‘Pragmatismo giuridico’, ma al suo posto, nei primi decenni del novecento, alcune correnti fra cui la menzionata ‘giurisprudenza sociologica’ e specialmente il ‘realismo giuridico’. In genere, ciò che accomuna gli autori legati a tali correnti è una netta opposizione alla precedente jurisprudence basata sul modello concettuale e deduttivisitico diffuso nell’ultima parte dell’ottocento. Ma è più difficile tracciare i caratteri di una comune pars costruens. A tutt’oggi, espressioni come ‘pragmatismo giuridico’ o ‘metodo pragmatico’ applicato al diritto, sono utilizzate in maniera per lo più vaga e diversa a seconda degli autori.
Nel quadro di Inferenza e giudizio non ci proponiamo di analizzare nel dettaglio tali distinte correnti e tali dibattiti. Cerchiamo piuttosto di determinare se vi sia un nucleo concettuale che definisca un approccio pragmatico al diritto e se in virtù di questo nucleo possano identificarsi i tratti comuni alle posizioni che si definiscono pragmatiste, funzionaliste, strumentaliste, etc. Considerando tali posizioni, dunque, il nostro accento non è tanto su quanto le distingue ma su quanto le avvicina.
Quanto le avvicina è una concezione della significazione del diritto in termini di effetti. Si tratta di una forma specifica del più generale approccio pragmatista ed effettuale per cui il significato di x è determinato dagli effetti di x. Un determinato diritto, così come una norma o una sentenza, non ha senso né valore se non nei termini degli effetti che intende procurare. Questo è il nucleo delle concezioni pragmatiste del diritto, a nostro avviso. Ciò che a tal punto diviene essenziale, da un punto di vista filosofico ma anche operativo, è capire come si giustifichi l’imputazione di determinati effetti e non di altri. Come si può dire che una determinata sentenza avrà determinati effetti? Come si può dire altrettanto di una norma o ancor più vagamente di un diritto? Ciò che dovrebbe evitarsi e che purtroppo non cessa di essere diffuso, è quanto potremmo chiamare ‘retorica degli effetti’, cioè la pretesa giustificazione di un provvedimento giuridico in termini di effetti appetibili ma talmente vaghi o improbabili da costituire una pseudo-giustificazione. Dunque la domanda fondamentale attorno a cui ruota la nostra riflessione sul pragmatismo e sul pragmatismo giuridico è: come si giustifica l’imputazione di effetti?