INFERENZA E GIUDIZIO
Tre ricerche su Charles S. Peirce
di Giovanni Tuzet
3.3 Cognizione e valutazione.
‘A giudica che p’. Che differenza c’è con ‘A crede che p’? o con ‘A asserisce che p’? C’è un momento normativo particolarmente forte, cioè l’applicazione decisiva di un criterio di valutazione? Se ‘A giudica che p’ non si riduce al riconoscere avalutativamente la verità di ‘p’, si dovrà dire che comporta una cognizione dell’oggetto di giudizio ed una sua valutazione. Dunque, se questo è vero, si possono distinguere due componenti del giudicare: una componente epistemica ed una componente normativa. La prima, la componente epistemica, rileva della cognizione dell’oggetto di giudizio, e la seconda, la componente normativa, rivela della sua valutazione. In questo sta essenzialmente la difficoltà del giudizio e nondimeno la sua ricchezza: ove una componente sia ridotta all’altra, il giudizio perde la propria natura che è cognitiva e valutativa al tempo stesso.
Resta che si tratta di un’analisi concettuale del giudizio, della sua natura e della sua dinamica, dato che generalmente è difficile se non impossibile distinguere nettamente la componente epistemica di un giudizio dalla sua componente valutativa, nel senso che i criteri utilizzati per la valutazione influenzano la determinazione cognitiva dell’oggetto, e d’altra parte non è credibile che i criteri valutativi siano indipendenti dagli oggetti di giudizio e dai loro caratteri.
Lavoriamo all’ipotesi, suggerita da Peirce in CP 5.546, che il giudizio sia qualcosa che ‘matura’. Nel senso che il giudizio è sempre un risultato, il risultato di un ipotesi e di una ricerca a partire da elementi cognitivi e attraverso criteri valutativi.
In un certo senso, il giudizio rivela chi giudica, in quanto ne rivela i presupposti normativi e valutativi: è vero che un giudizio rivela quanto proprio di chi lo formula (detto banalmente, rivela la sua ‘concezione del mondo’, o meno banalmente i ‘criteri’ da esso impiegati – e ancor meno banalmente i ‘principi di misura’ che orientano il giudizio, ovvero i suoi presupposti normativi) . Ma una volta riconosciuto questo, non ci interessa nel merito il contenuto del giudizio? Vi è cioè qualcosa di ‘esterno’ rispetto al giudizio, ed è il contenuto di cui un giudizio va a determinare il valore di verità. Se non vi fosse questo elemento ‘esterno’, il giudizio non ripeterebbe invariabilmente se stesso? Questo contenuto del giudizio (che porta su qualcosa di esterno ad esso nonostante in esso ‘contenuto’) è rappresentato secondo certi criteri propri di chi giudica ed è quanto inizialmente ipotizzato come attribuzione di un certo carattere ad un certo oggetto di giudizio, ed è quanto viene di seguito sottoposto ad indagine per pervenire ad un risultato in termini di verità.
Si tratta di attribuire un valore di verità ad un contenuto che è pensabile indipendentemente da tale valore. In questo senso, alla parte riguardante la componente epistemica del giudizio (seconda ricerca), abbiamo anteposta una parte sulle assunzioni semantiche che precedono il giudicare (prima ricerca). Tali assunzioni semantiche hanno un indubbio ruolo normativo nella determinazione del contenuto cui attribuire un valore di verità. Una semantica giuridica, se consideriamo il giudizio di diritto, è indispensabile alla qualificazione dei fatti su cui portare il giudizio.
In sintesi, le componenti di un giudizio sono (1) la componente epistemica e (2) la componente normativa, rispettivamente: (1) la rappresentazione del contenuto – di ciò su cui porta il giudizio, e (2) il set di criteri e principi di misura che valgono a determinare il contenuto.
Riprendendo le particolarità del giudizio di diritto, se la quaestio facti determina il valore di verità delle ipotesi sull’accaduto, la quaestio juris consiste nella valutazione dell’accaduto che è stato possibile accertare e nella determinazione delle conseguenze giuridiche di tale accaduto. Si noterà che il tema delle conseguenze è quanto ci conduce alla questione del pragmatismo, inteso prima di tutto come metodo di determinazione della significazione.